lunedì, ottobre 29, 2007

Un giustificato motivo per (parte prima)

Primo: visto bellino il nuovo layout?
Secondo: sto preparando una serie di post polemici di quelli che dopo sto bene per una settimana, stay tuned;
Terzo: adesso prometto che cerco di essere un po' pi presente, pubblico più spesso e rispondo anche pure ai commenti. Lo giuro sul paguro;
Quarto: inizia una nuova rubrica (il umero zero l'avevo già pubblicato). La scrive il buon Giangi dalla Terra della Nebbia, ci parlerà di come un terùn alla seconda affronta la vita nel profondo nord. Diciamo tutti grazie a Giangi: grazie Giangi.
E vai.

Ad un certo punto la senti, vorresti ucciderla, ti entra nell'anima strillando cercando disperatamente la tua attenzione, non puoi fingere di non esserci, non puoi nasconderti, hai davanti poche soluzioni. Chiudere definitavamnete il rapporto, annientarne anche il ricordo, troppo ti ha fatto soffrire in passato, con quali effetti poi? Ti sei forse sentito una persona migliore? Hai forse avuto modo di maturare o progettare qualcosa di concreto? Sei o non sei rimasto sempre lo stesso! Potresti però rimandare, quello che alla fine ti riesce meglio, trovare scuse per non affrontare di petto la vita, trovare ancora una volta quel cuscino morbido su cui coccolarti all'infinito....ma per quante volte ancora! Allora decidi di trovare quel giustificato motivo per ascoltare il suo grido, qualcosa dentro di te finalmente ti scuote, non ti fa certo vibrare l'animo come un quadro di Kandinsky o una composizione i Michael Nymann, ma decidi comunque di darle retta, ancora una volta, forse per l'ultima volta... Dannata sveglia! In pochi secondi sei in piedi, ti sciacqui i denti, una lavata superficiale, giusto per non attirare l'attenzione di qualche bacherozzo e via, giù per le scale. Come al solito hai però dimenticato qualcosa....te stesso? Sì, quello è assodato, ma magari qualcosa di più concreto. Dove stai andando? Altro domanda metafisica a cui rispondi con altre domande ancora più fumose...anche qui però, cerchiamo di essere concreti!Direzione Stazione Centarle di Milano, treno IC PLUS per Prato, 23 caz.. di euro, quindi quello che stai dimenticando è la valigia, o meglio le valige, cambio di stagione, maledizione! Vabbè capita due volte l'anno, è un sacificio che posso permettemi, ed allora via di corsa, metro gialla da Duomo, proseguendo per Montenapoleone Turati e Repubblica fino a Centrale. Eccoci dunque, biglietteria poco affollata, la fuga dalla City è ormai ultimata, rimani solo tu e 10 kg di vestiti da consegnare alla matriarca, santa donna. Come ogni ragazzo con origini terrone ti presenti con 30 minuti di anticipo al binario o meglio in sala d'attesa, perchè il binario su cui viaggerai rappresenta ancora un mistero. Ma che vuoi, sei in anticipo, che fare allora? Per fortuna hai il tuo MP3 con un sacco di canzoni, scelte per viaggi di media tratta, in cui si alternano generi che poco si parlano, ma che per un motivo o per un altro hanno descritto emozini fresche e passate o che comunque sono riusciti a far breccia tra le mura di quella torre d'avorio dove spesso e volentieri ti diverti a nascondere le tue emozioni, così preziose, così incondivisibili....

giovedì, ottobre 25, 2007

Del perchè tutti odiano gli italiani, anche gli italiani.

Salve a tutti, hallo, bonjour, oh-o, ehilà, salve, ciao, yuppi. Voi non mi conoscete, mi chiamo Dante Chianti e sono un viaggiatore. Esploro per mio puro diletto quelle regioni del globo che per un motivo o per un altro non avevo già visitato prima, e questo mi impegna assai parecchio tempo. Infatti, per un motivo o per un altro, sono sempre in viaggio a esplorare il mondo senza nessuna reale necessità se non il desiderio di conoscenza, e per un motivo o per un altro, faccio sempre questi viaggi da solo, conoscendo i miei compagni di viaggio durante il viaggio stesso.
Anf.
Datochesi viaggio molto, e sempre da solo, per un motivo o un altro ho dovuto imparare le lingue del mondo, e ora le so tutte, grazie a un corso in fascicoli che vendevano in edicola con le cassette da ascoltare e ripetere. E dato che, per un motivo o per un altro, penso di sapere un sacco di cose che non è bello che gli altri no, voglio insegnare al mondo le cose che, per un motivo o per un altro, so, e quindi ho cominciato a scrivere e-mail in diverse lingue all'indirizzo di vari blog dotati di pubblico, finchè non ho trovato la giusta combinazione lingua-blogger sfaticato che concede in affitto spazio pubblico sul suo blog ad altre persone, e HK mi ha detto "scrivi pure basta che paghi".
Ed eccomi qua.
E adesso lasciatemi presentare me stesso al pubblico internazionale:
Dear international public, my name is Dante Chianti (Dante like the poet that went to the hell, do you know him? That with the big nose and the red hat on the top of his head, the one from florence, that then he had to go away because his enemy had take the power, come on! And allor! You are ignorant! I'm sure you know Chianti wine, però, eh?). I'm here to talk about, for a reason or for another reason, my travel all around the world, but first I have to speak about languages, because there aren't so many people in Italy that speak well like me. Wait a moment please, I have to speak with my italian and ignorant friend.
Un modo per aiutare a comprendere i meccanismi delle lingue è capire prima di tutto come ogni popolo, per un motivo o un altro, ride. Come si ride? Cosa fa ridere?
Quando voglio vedere se una persona è dotata di senso dell'umorismo, racconto delle facezie, tipo:
- Sai di chi non devi fidarti? Di Chiara.
- E perchè?
- Perchè chiaramente! Ah ah ah!
Ovviamente funziona solo se sia voi che il vostro interlocutore conoscete una donna che si chiama Chiara. Certo, potrebbe funzionare anche così:
- Sai di chi non devi fidarti? Di Precipitevolissimevol.
- E perchè?
- Perchè precipitevolissimevolmente! Ah ah ah!
ma è più ostica.
Come faccio quando voglio far ridere un inglese capatosta:
- Do you know who you have not to trust? Of Bright.
- Why?
- Because bright lies! Ah ah ah.
Di solito però non funziona, allora faccio così:
- No, I'm joking. Really, do you want to know why you have not to trust of Bright?
- Yes, why?
- Because brightly! Ah ah ah!
Se non capisce nemmeno questa intuisco che non c'è niente da fare e me ne vado in malo modo.
In realtà poi il mio pezzo forte sarebbe questa:
- Listen me, do you know why God made us just one chin?
- No, why?
- Because He can't do otherwise! Ah ah ah.
Raramente capiscono. Eppure in Italia, per un motivo o per un altro, funzionava.

venerdì, ottobre 19, 2007

Certo, certo.

Anch’io una volta sono sceso agli inferi. Allora lavoravo per Foracchio s.a.r.l., una piccola azienda che produceva putrelle industriali difettose. Era un tardo pomeriggio d’aprile, e il mio capo era sceso giù un attimo alle malebolge, nell’ottavo cerchio, a trovare un suo vecchio socio morto due settimane prima, per sapere dove aveva nascosto la contabilità in nero, e poi mentre era lì aveva incontrato il Vanussi Mario, che era stato tanto bravo in vita ma poi era morto d’infarto mentre votava D’Alema e non aveva fatto in tempo a andare a confessarsi.
E allora il capo e il Vanussi Mario si erano messi a chiacchierare ricordando quando andavano al mare da bimbetti a Marina di Bibbona e erano ganzi e c’avevano le squinzie, e quando è tornato su non trovava più gli F24 dell’Iva. Allora mi chiama e mi fa senti, io c’ho una riunione tra mezz’ora a Sollicciano con l’amministratore delegato di Ciccipucci srl, hai presente, quello condannato per bancarotta fraudolenta e strage, fai una cosa, scendi giù all’ottavo cerchio e riprendi gli F24, che mi sembra di averli appoggiati su una roccia di granito rosso, guarda un po’ se li ritrovi, e poi dopo lasciali in banca, per favore, che oggi è il 16, e già che ci sei magari fai un salto alla posta a spedire le raccomandate all’assessorato, che ho chiesto se ci danno un finanziamento per la realizzazione di una villetta abusiva all’Argentario, hai presente il promontorio in pieno parco marino? Ecco, lì.
Io gli faccio ok, ci vado domattina, che adesso è tardi.
E lui no, non hai capito, oggi è il 16, bisogna pagare, sennò ci fanno la multa.
E io no, non hai capito te, sono le setteemmezzo e io dovevo andare a casa alle sei ma son rimasto per rimettere a posto il casino che qualcuno (tu) ha combinato.
E lui dai, vai adesso che domani poi vai via prima.
E io gli dico ma che (cazzo) dici, sono le setteemmezzo, quale banca è aperta a quest’ora, vorrei sapere.
E lui ma non ti preoccupare, ho chiamato il direttore e mi ha garantito che se glieli porti entro le setteemmezzo lui fa finta di averli registrati oggi e il pagamento lo fa domattina.
Si, dico io, ma come faccio a portarglieli alle setteemezzo se devo anche scendere giù alle malebolge e poi andare in banca e sono adesso di già le setteetrentacinque.
Son le setteetrentaciqnue perché hai perso tempo a lamentarti che era tardi, se andavi subito quando te l’avevo detto adesso non eri in ritardo, mi fa.
Si, ma se te non lasciavi gli F24 giù adesso non era troppo tardi, e se li portavi quando la ragioniera te li aveva dati non c’erano problemi.
Vai alle malebolge o ti licenzio.
E fu così che scesi agli inferi a prendere gli F24. Ma poi il direttore della banca era digià andato a casa, e la finanza ci fece la multa.
Due palle.

mercoledì, ottobre 17, 2007

Dolore senza fine

Anche quest'anno, per l'ennesima volta, Giorgio è stato del tutto ignorato dell'Accademia di Svezia.
Io non capisco.

martedì, ottobre 16, 2007

Un'avventura inedita di Sam Spade

Era notte fonda, e la striscia d’asfalto si snodava intermittente davanti a me. Una pioggia sottile batteva sul vetro, e il tergicristallo bastava a malapena ad allontanare le gocce, ma non il mio malumore. Maledizione, pensai, questo storia non mi convince. Ripensai a quello che mi aveva detto il marito della bionda. Inutile, le sue vaghe scuse non riuscivano a cancellare un forte senso di inquietudine, e l’idea che ad indagare sul caso fosse il commissario Platton non mi tranquillizzava affatto. La mia cliente era morta, ammazzata da un colpo di rivoltella, nessuno mi avrebbe pagato, e mi ero anche preso una bella battuta dagli sbirri. Per l’ennesima volta mi sentivo fregato. E la berta, nella fondina, mi sembrava molto più pesante del solito.
Abbassai distrattamente lo sguardo verso il tachimetro, e mi accorsi che una spia gialla segnalava il serbatoio vuoto.
Maledizione, pensai, una spia gialla mi segnala il serbatoio vuoto.
Allungai la mano verso le sigarette, sperando che una paglia potesse aiutarmi a rilassarmi.
Il pacchetto era vuoto, avevo anche finito le paglie.
Maledizione, pensai, ho anche finito le paglie.
Rovistando nel posacenere, riuscii a trovare una mezza paglia spenta, ci soffiai sopra per scuotere via la cenere, la raddrizzai e me la misi in bocca.
Presi la scatola di cerini dal taschino, ma era vuota.
Maledizione, pensai, doppia maledizione.
Per una volta, però, la fortuna non mi aveva del tutto abbandonato. Poco più avanti lampeggiava l’insegna di un locale.
Bene, pensai, forse la fortuna non mi ha del tutto abbandonato, ecco là l’insegna di un locale.
Mi avvicinai al distributore e riempii il serbatoio. Poi accostai la macchina nel parcheggio e scesi. La strada era deserta, e la luce intermittente al neon friggeva nel silenzio della notte. Indossai cappello e soprabito per ripararmi dalla pioggia e mi incamminai lentamente verso il locale.
L’aspetto era quanto meno dimesso, e attraverso le vetrate vedevo all’interno pochi inservienti vagare svogliati. Sorrisi amaramente. Ancora una notte in giro per la città a parlare con sconosciuti che non rivedrò, pensai, ancora una notte insonne, ancora una notte perduta dietro ai problemi degli altri.
Maledizione, pensai, devo anche andare in bagno.
Entrai e mi avvicinai al bancone. Una stanca cameriera dalla chioma bionda mi si avvicinò.
- Ehi Flo, dammi un doppio whisky con ghiaccio. E anche un pacchetto di Lucky Strike.
- A quest’ora non possiamo servire alcolici. I tabacchi li trova alla cassa.
Maledizione, pensai, ma che diavolo…
- Che diavolo, cosa significa che non potete vendere alcolici? Avanti, ti sembro un ragazzino?
- Guardi, a quest’ora sull’autostrada noi non si pole vendere alcolici. Non li possiamo dare. Poi sennò arriva la polizia e ci fa la multa e noi e a lei, e a me mi mandan via.
Gli sbirri mi perseguitano, maledizione.
- D’accordo, vorrà dire che per una volta rimarrò a secco. Allora preparami uova e prosciutto, che non mangio da ieri, e prepara un bel po’ di caffè. E tagliami una bella fetta di torta di mele.
- Senta, io il caffè glielo fo anche, ma da mangiare bisogna che vada a prenderlo al self service, qui al banco si fanno panini e basta.
Maledizione.
- E va bene – mi alzai di malavoglia – dove diamine, con rispetto parlando, è adesso questo auto servizio?
- In fondo alla sala, ma a quest’ora le cucine son bell’e chiuse. Gli è tardi, che ha visto che ore sono?
- D’accordo – mi risedetti, ma stava cominciando a venirmi la mosca al naso. La berta era sempre più pesante, nella fondina – allora cosa posso mangiare?
- C’è i panini.
- Okay, va bene, allora fammi un bel sandwich con fegato e cipolle, e non risparmiare sulla mostarda.
- I panini son confezionati, un si possano preparare noi. Vole un camogli?
Camogli…una volta conoscevo un certo Alfredo “Al” Camogli, un mafiosetto di scarsa categoria, una innocua verdesca nel mare di squali che è il racket di Brooklin. Un tizio, un tizio ricco, chiamiamolo Tizio Ricco, mi aveva assunto per indagare sulla moglie, che sospettava lo tradisse. Io dico d’accordo e mi metto a pedinarla, nel modo discreto che un buon lince privato deve conoscere se vuol fare questo mestiere. Beh, alla fine salta fuori che la moglie lo tradisce con il figlio di un boss, chiamiamolo don Faffone, e che a don Faffone non piace che qualcuno pedini l’amichetta dell’amato rampollo (vorrei sapere come avevano fatto a scoprirmi, tra l’altro). Allora viene a trovarmi uno scagnozzo, Al Camogli appunto, e mi viene a dire che sto dando fastidio, al che io replico che le mie passeggiate innocenti non possono dar fastidio a nessuno se non a cani randagi e mogli infedeli, lui si inalbera e tira fuori la berta, ma
- Glielo scaldo, il camogli?
- Si grazie.
Insomma, finisce che preme il grilletto prima di toglierla dalla fondina si spara a un piede. Ho dovuto freddarlo. Bravo ragazzo Al, ma per niente tagliato per quel lavoro.
Il panino era indigesto come Al ma più cattivo. Per mandare via il saporaccio avevo bisogno di una bella tazza di caffè.
- Ehi Flo…
- Guardi, io un so chi la chiama, io mi chiamo Ivana.
- Brava Ivana, adesso per mandare via il saporaccio del panino ho bisogno di una bella tazza di caffè.
- Ecco qua.
- Ehi bella…
- Si?
- Mi sa che hai sbagliato tazza, questa qua è quella per i nani.
- Eh?
- La tazza, il caffè, cos’è questa roba? Al massimo mi ci bagno il naso.
- Ma icchè vole?
- Una tazza di caffè!
- Omamma, tutt’ammè e’ grulli…
Decisi di rinunciare al caffè, maledizione, e mi avviai verso l’uscita. Ma la porta era sbarrata.
- Maledizione, ma che diamine…
Stavo allungando la mano verso la berta quando mi si avvicinò un ragazzetto con il viso deturpato dall’acne e con un abito da inserviente.
- Signore, l’uscita l’è da quella parte, da qui s’entra ebbasta.
Mi allontanai in fretta, deciso ad andarmene il prima possibile da quel posto di alienati. Ma in un qualche modo riuscirono a alterare il mio fidato senso dell’orientamento, e mi ritrovai in un labirinto, tra scaffali di un dannato magazzino ricolmi di generi di conforto di ogni tipologia. Iniziai a correre, scansando un gruppo di anziane in gita sociale che mi urlarono qualcosa tipo “non si corre nei corridoi, giovinotto”. Poi, non so più dopo quanto tempo, ripresi il controllo dei miei nervi, e mi resi conto di essere arrivato all’uscita. Mentre con un fazzoletto mi asciugavo un velo di sudore dalla fronte, mi avvicinai alla cassa per comprare le paglie.
- Dammi un pacchetto di paglie, bella.
- Prego?
- Sigarette.
- Che marca?
- Lucky Strike.
- Con filtro o senza?
- Senza.
- Dure o morbide?
- Dure.
- Rosse o bianche?
- Rosse.
- Light o normali?
- Normali.
- Da 10 o da 20?
- Da 20.
- Ecco qua.
- Ah, dimenticavo, mi dai anche una confezione di cerini?
- Normali o antivento?
Resistetti alla tentazione di picchiarla…no, non resistetti. Con un gancio alla mascella la tirai dritta per terra, mi allungai sopra il banco e mi impossessai dei cerini, i primi che trovai, lasciando i soldi accanto alla cassa.
Ero fuori. Una brezza leggera mi soffiava sul viso, come a ricordarmi che c’era ancora molta strada da fare e…maledizione! Non ero andato in bagno!
Mi fermai, indeciso. Di tornare dentro non se ne parlava. Ripartire senza liberarsi però sarebbe stato un problema. Alla fine mi risolsi: mi accesi una paglia e mi avviai verso un muretto del parcheggio, dove porre rimedio ad una impellente necessità.
Ero talmente concentrato sul non far cadere la cenere della paglia in luoghi ameni, che non mi accorsi che qualcuno era arrivato alle mie spalle – ironico, per un lince privato. Però me ne accorsi quando, appena finito, mi voltai e mi trovai davanti uno sbirro che mi guardava torvo.
- Lo sa che codesta l’è un’infrazione piuttosto grave? E’ un pericolo per l’igiene. Mi tocca falle la multa. Favorisca i documenti, per favore.
Maledetti sbirri, non mi avrete, pensai. Venderò cara la mia pelle.
Nella fondina, la berta pesava parecchio.

lunedì, ottobre 15, 2007

Blog, azione, giorno!

A me questa cosa me l'ha detta una tipa che c'ha un blog che parla di robe tipo zappe e aratri e musei e amici della sopraelevata, quindi insomma, va presa con cautela, con le dovute precauzioni. Che, insomma, come dire, sarebbe che tutti i blog d'immondo oggi devono parlare tutti della stessa cosa tutti insieme tutti, e che se te non partecipi va bene lo stesso, però poi non lamentarti quando ti succedono cose brutte tipo che perdi il lavoro, ti viene la scrofola, i vigili ti fanno la multa perchè hai parcheggiato su una vecchina dai capelli turchini senza pagare, tua figlia ti diventa donnasessuale e tuo figlio si iscrive a scienze della comunicazione and so on.
Così ho deciduto che anche io oggi parlo del tema proposto, il quale tema è molto sentito, e oltretutto devo scriverlo, questo tema, che mia mamma mi ha preso il libretto delle giustificazioni perchè non faccia il furbo ed entri alla seconda ora, che con matematica e latino ha funzionato e anche con l'interrogazione di inglese, ma poi il preside ha chiamato a casa e ha detto signora, lo sa che suo figlio entra sempre alla seconda ora e lei no, ma adesso appena torna a casa entrerà direttamente nel settimo cielo con uno sganassone.
E così.
Allora HK, cosa ci dici del tema di questo blog acton day, che è l'ambiente?
Cari discepoli, vi narrerò una Parabola Che Utilizza Temi Di Ordine Quotidiano Per Analizzare Questioni Profonde Con Un Chiaro Intento Didattico.
Questa Parabola ecc. si intitola I suoni del tuo vicino.
In quel tempo, un contadino...
Scusi...
Si?
Quale tempo?
Come?
Ha detto "in quel tempo". In quale, con precisione?
Uno qualunque, non è importante.
Come non è importante? Se ha detto "in quel tempo" si vede che ne intendeva uno in particolare. Quale?
Ma no, non intendevo un'epoca precisa, è ua affermazione legata al contesto narrativo, puramente funzionale alla narrazione, introduttiva, mi spiego?
Mm...va bene.
Allora, in quel tempo, un contadino che aveva un piccolo campo di segale si...
Come si chiamava?
Chi?
Il contadino.
Il contadino?
Si, come si chiamava?
Ma non lo so!
Non lo sa?! (la folla si scandalizza, qualquno si allontana scuotendo la testa) Come fa a raccontare la storia di qualcuno se non sa neppure come si chiama?
D'accordo, si chiamava...Simone, ecco, si chiamava Simone.
Ma se aveva detto che non lo sapeva!
Avanti, si sta inventando tutto, andiamo via.
Aspetta, io voglio restare...
Maria! Ho detto andiamocene!
Ma Timoteo...
Smettila! Sono tuo marito e devi ubbidirmi (la picchia)
Aspettate, non andate via, non picchiate le vostre mogli, non siate violenti.
(annotando tutto su un taccuino) ah-a, non violenti...e poi?
Si, continua la tua storia, come finisce?
E' vero, vogliamo sapere perchè questo Simone picchiava la moglie!
Ma non era Simone a picchiare la moglie, era Timoteo!
Timoteo? E chi sarebbe? Un altro contadino?
Ma no, era quel tizio qui davanti! Stava picchiando la moglie!
Mh, e che lavoro farebbe questo Timoteo?
Ma non lo so!
Ah, lo dicevo io, questo qua si inventa le storie, non sa niente!
Ma no, è vero, la stava picchiando!
Ma smettila! (la folla si disperde. Il predicatore rimane solo e grida al vento. Si avvicinano due vigili. Vogliono multarlo per inquinamento acustco e disturbo della quiete pubblica. Lui si rifiuta e non fornisce le generalità. I vigili chiamano i Carabinieri per condurlo in caserma. Tenta la fuga ma viene raggiunto e bloccato).
La morale di questa Parabola è che le troppe chiacchere fanno inquinamento acustico. Chi parla a vanvera infastidisce anche te.
Digli di smettere.
SHHH (NO FUFFA)- Campagna nazionale contro l'inquinamento acustico.

mercoledì, ottobre 10, 2007

No, grazie, ne so anche troppe

Tipo che torno a casa poco dopo le diciotto, accendo la radio su Caterpillar o metto il cd delle Pipettes (per fare il figo, 'che ascolto musica indie) (indie sta per indipendent, mi hanno detto) (credevo stesse per musica indiana, e infatti non capivo), mi siedo sulla sedia ergonomica, appoggio il portatile sul VIKA GLASHOLM, lo accendo, aspetto che si avvii, aspetto ancora, vado in cucina a farmi un caffè, torno e mi risiedo, aspetto, mi guardo attorno, aspetto ancora, poi il pc è pronto e allora apro la cartella BLOG e il file prossimi post.doc, leggo dov'ero arrivato l'ultima volta, mi scrocchio le dita e mi preparo a scrivere, butto distrattamente l'occhio sull'orologio, dico "oh no, digià?" spengo tutto e vado a letto, che è tardi.
E allora, mentre i futuri post cuociono nel microonde, ne approfitto per fare oggi, così all'impronta, la mia personale lista delle cose che voi, o mortali, non sapete di me, che è una catena che Weltall passa a chi la vole (oh Weltall, la fai girare o no?).
1 - non so farmi il nodo alle scarpe. Vabè, e allora? Che avete da guardare, eh? Qual'è il problema? Ok, lo ripeto: NON SO FARMI IL NODO ALLE SCARPE. SONO UN IMBECILLE, VABBENE? Non è che vado in giro con le scarpe slacciate, è che me le lego in una maniera un po' strana...a me me l'hanno insegnato così, non ci posso fare niente (un giorno potrei postare un filmato per farvi vedere come faccio...mmh...)
2 - non sopporto il sapore degli amaretti. Una zia di mio babbo, povera donna, ogni volta che la andavamo a trovare me ne faceva trovare una busta gigante (non era cattiveria). Io li odio quei cosi, cazzo.
3 - una volta ho scritto e diretto un minimetraggio di un minuto che è stato proiettato in concorso qui. Si intitolava ARIA e parlava del difficile rapporto tra ars amandi e aerofagia.
4 - una volta ho incrociato per strada Eagle Eye Cherry, l'ho guardato, lui (non) mi ha guardato, sono passato oltre, poi mi son girato e gli ho detto IGOL! OH-O! Lui mi ha salutato con un cenno di benevolenza. O almeno credo fosse benevolenza.
5 - Ho fame, è tardi.
In virtù del quinto punto, conludo il post. Ora, se io fossi gentile come Weltall, dovrei dire qualcosa tipo "chi ha voglia di fare la sua lista personale la faccia pure", ma siccome sono una merda, e mi sento in dovere di rompere le scatole, la inoltro (con raccomandazione di partecipare) a:
- Antani
- Lock-down
- Message in the bottle
- Buoni presagi
- Daniel on line
- The MADMAC show
- Harlock
in linea generale bisognerebbe invitare cinque blogger, io ho abbondato nel caso qualcuno mi volesse dare buca, and so...
Vado a mangiare.

venerdì, ottobre 05, 2007

Ve lo do io il Brasile! 2/4

Breve intro:
Che poi, da quando mi son deciso a sottrami dalla schiavitù della pubblicazione e tutti i costi, costi quel che costi, costante costruzione costrittiva, mì, respiro meglio. Adesso si che se ne parla, e mi son venute anche un sacco di idee su nuovi post, tipo uno che dice che Gabriella Carlucci è in realtà una donna, o un'altro sul fatto che "un altro" si scrive senza apostrofo, perchè è genere maschile, oppure quello sul fatto che il Kaiser Guglielmo non sapeva pronunciare la parola austroungarico senza spettinarsi. Ma ancora li devo scrivere, quindi.
Ed è per questo che interviene in scivolata il buon Adzo, che si risveglia dal coma letargico indottogli dall'eccessivo uso di sostanze stupefacenti tipo la candeggina (ma non è stupefacente?!) e ci propina la seconda puntata del Brasile visto dall'Italia (e dell'Italia vista dal Brasile, pure).
Vai Adzo!

Buongiorno a tutti carissimissimi amici!
Era un po’ che non ci sentivamo, viste varie vicissitudini che ci avevano tenuti lontano, e quindi recuperiamo subito il filo interrotto, gli facciamo un nodino, e ripartiamo con la nostra avventura in terra brasiliana. L’ultima volta avevo promesso di parlare di un argomento molto discusso e cioè delle favelas.
Cosa sappiamo in realtà delle favelas? Quello che filtra nei nostri telegiornali e rotocalchi rispecchia ciò che è la realtà?
Siamo sempre stati abituati a pensare alle favelas come zone povere, nelle quali si concentrano delinquenza e rassegnazione ad una vita di stenti. Allora perché questo termine non è stato importato anche in alcune zone italiane o usato per definire le baraccopoli che circondano le megalopoli americane? Molto semplicemente perché “povertà” non è ESATTAMENTE un sinonimo di favelas. Come già detto nella puntata precedente nelle città brasiliane il tessuto urbano è molto vario e le zone povere si uniscono a quelle ricche direttamente nei centri città, quindi possiamo tranquillamente dire che esistono baraccopoli anche in Brasile…zone di vera e propria povertà in cui non si possiede nemmeno un tetto di paglia dove vivere. Ultimamente (oramai da diversi anni) il governo Lula ha intrapreso una campagna per garantire a tutti un tetto e convertire in mattoni ciò che prima era semplice fango e lamiere. Adesso infatti anche le zone povere hanno un architettura di mattoni e ciò aiuta molto sia l’igiene che la qualità della vita delle persone che vi abitano.
Ciò, però, ancora non ci aiuta a distinguere le favelas dalle semplici zone povere. Infatti il Brasile ha una geografia molto varia e quasi tutte le città hanno una zona collinare e una zona in pianura. Questa distinzione, che sembra futile, in realtà non lo è in quanto per definire una favelas non si può prescindere dalla zona dove si colloca. Per definirsi tale una favelas deve, come dire…arrampicarsi!
Deve essere uno strato su strato di tetti e terrazzamenti in cui, sì esiste la povertà, ma si trovano anche elettricità e fognature, acqua potabile e strade.
La favelas infatti oltre a non essere uno specchio reale della povertà è forse lo specchio della vita al di fuori delle leggi, leggi che si bloccano ai suoi confini.
Intendiamoci: nelle favelas vivono tantissimi lavoratori con stipendio, e famiglie normali che magari non navigano nell’oro ma sopravvivono dignitosamente. La differenza fondamentale è che le leggi non esistono, o per meglio dire, le leggi sono fatte dal rispetto comune (se le persone lo possiedono) e dal non rispetto (nel qual caso non ci sono leggi da applicare). Normalmente hanno la propria casa o fortino in queste zone molti narcotrafficanti che ricoprono la stessa funzione dei vecchi “don” di paese, comandando e ristabilendo l’ordine…problema piuttosto spinoso quando due o più bande si contendono i commerci della favelas instaurando vere e proprie guerriglie urbane.
Vi consiglio a tal proposito un film molto bello e realistico sulla vita nelle favelas e la loro storia, si intitola “Cidade de Deus”, uscito in italia con il titolo “City of God”, produzione totalmente brasiliana che fu anche candidata agli oscar… Nel film vedrete un po’ di avvenimenti nelle favelas, a detta di molti molto realistici e veritieri. Vi avverto comunque che non è un film “leggero” quindi preparate gli animi…
Tornando al nostro discorso proviamo a girare la domanda:
Cosa pensa un brasiliano delle nostre zone povere:
Al primo impatto ovviamente un brasiliano non riesce a distinguere le zone povere che si possono trovare da noi, proprio per la diversità architettonica che le distingue da quelle a cui è abituato. E’ probabile infatti che sia più propenso a identificare le nostre zone povere in relazione alla loro vecchiaia (vedi centri storici mal tenuti e case pericolanti)! In realtà ad uno sguardo più approfondito anche il brasiliano medio si rende conto che non esistono zone similari nel nostro paese, ma coglie al volo la somiglianza tra le favelas e le periferie degradate soprattutto delle grandi città, questo perché riesce a notare l’atteggiamento e le abitudini delle persone. Quindi, anche non riuscendo per molti motivi a poter identificare una vera e propria favelas in Italia, ci si rende conto che le differenze alle volte sono solo lessicali e non seminali. Questo dovrebbe far riflettere su come, molto spesso, si giudichi senza guardarsi in casa…ma questa è una frase molto inflazionata non credete??
Anche per questa puntata vi saluto con tutto il mio affetto e alla prossima nella quale parleremo di luoghi turistici brasiliani non convenzionali!
Adzo

Nell'immagine la più grande favelas del mondo, a Rio de Janeiro

lunedì, ottobre 01, 2007

La Rivoluzione d'Ottobre

Un po' così a sorpresa, senza dirlo quasi a nessuno, di nascosto, a testa bassa e a voce ancor meno, mentre fa la fila alla posta o alla Coop o al semaforo, distratto, infilandosi le dita nel naso, mentre risponde a telefono a una operatrice di Tele2 che vuole regalarti la possibilità di telefonare gratis, ecco, un po' così, svagato, il Blog Ottuso fa gli anni. Che poi, gli anni.
Ne fa uno, e tanto basta.
Allora oggi faccio tre cose: prima scrivo il post sulla celebrazione dell'anniversario che è da parecchio tempo che ci penso che lo volevo copiarlo da Matteo Bordone, ello; poi, dopo che ho scritto il pesso, cambio il template (questa me l'ha detta Roberto) che ogni tanto ci va un po' d'aria nuova, in questa soffitta polverosa; poi, alla fine del post ma prima di cambiare il template, faccio un annuncio, ma lo faccio alla fine del post, appost.
Settembre - un po' me la tiro, faccio lo sborone e mi faccio il blog. Nessuno mi legge. Io mi rattristo un pochetto.
Ottobre - Faccio post riempitivi perchè non so che dire. Poi rievoco l'infanzia e imito Chinasky, alla ricerca di uno stile personale che mi manca. Primo commento (ma è Elle), primo delirio ombelicale e prima serie di improvvisazioni. Cose che vorrei aver essere potere diventare e cose che ero avuto stato.
Novembre - A che mi serve avere un blog? Prime avvisaglie della crisi di creatività, per fortuna si va a Lucca col Nipote Nonottuso, ma soprattutto, irrompe il Mo.Fe.Gi.Ma. Alcuni ricordi paurosi. Per fortuna c'è chi mi dà una mano. Poi un post che non è all'altezza del titolo, una recensione che non è all'altezza del libro, e un cervello ( il mio) che non è all'altezza di nulla.
Dicembre - Jason chiude Luke nello stanzino e presenta i film che ama. Io mi disamoro di tante cose, soprattutto degli anni '80, giochicchio coi traduttori automatici e racconto barzellette. Guardo la TV, scrivo il mio post preferito, visito case da sogno, spiego perchè odio il Natale (e ricevo commenti lunghissimi), ma soprattutto chiedo aiuto.
Gennaio - Per iniziare bene l'anno, prendo un Aulin a digiuno. Poi salto a cavallo e canto un elegia per Giorgio, Faccio classifiche di femmine umane, polemizzo, rispondo in maniera sbrigativa ai miei lettori. E mentre ci saluta l'abbè Pierre, il Nipote diventa adolescente.
Infine, vado in Svizzera.
Febbraio - Muore un telefono, tutti tristi, poi tutti allegri perchè son divertente, tutti, certo, tranne D'Alema. Luke va al cinema e allora si alza il livello culturale, poi arriva il Codice da Vinci e il livello sprofonda. Immagini dal futuro e dal passato. E ne facciamo cento.
Marzo - Si parla di complotti, di Cuba, di medicine e di teatro. Poi salta fuori che io so tutto di tutto, anche delle cose che non importa sapere. Dandynen! e Luke ci saluta. Alla fine ci resto anche un po', come dire, flabbergasted.
Aprile - I fumetti che ti molcevano il cuore, e poi la bella vita universitaria, la mia acredine, Ruiny, e una gita a Milano.
Maggio - David Lynch, dove trovare gli argomenti per scrivere un post, i telefilm della mia infanzia, cinque buoni motivi per non aprire un blog. E il mio compleanno. Ah, e le panchine. Ah, e un uomo buono.
Giugno - Arriva l'estate, finisce la squola. Ritrovo un vecchio raccontino e faccio gli auguri ad amici che si sposano, poi mi prende nostalgia, e ci credo, visto come passa il tempo. V
Luglio - Cose molto stupide, cose molto lunghe, un delirio. Lo specchio dei tempi e le vacanze di Giorgio. Una marchetta per un amico, e un abbraccio per molti amici.
Agosto - Poche chiacchere, si va in ferie.
Settembre - Ci sono novità, ma non poi così tante, e le buone idee non fanno proseliti. Mi sono lamentato di voi, ma va bene lo stesso.

Anf, fatica.
Bene, l'annuncio è che non c'ho più voglia di fare sempre tutta questa fatica, quando ho cominciato il blog mi era sembrato proprio una buona idea, catartica forse, entusismante di sicuro. Dopo un anno basta. Adesso me la voglio prendere con più tranquillità, non sentirmi in dovere (verso me stesso) di postare tutti i giorni, voglio cambiare periodicità e respiro, fare post più lunghi, argomentati, rileggerli magari prima di pubblicarli per vedere se ci sono errori, e soprattutto non dover scrivere per forza qualcosa tutti i giorni.
Grazie gente, grazie a tutti, siete la mia forza.
Davvero.