sabato, dicembre 31, 2011

Barbariccia

Personalmente ritengo che il mistero più grande della storia dell'umanità ce l'abbiamo in casa e lo osserviamo tutti i giorni, senza rendercene conto. Forse non è sempre così per tutto? E' forse un caso che ne "La lettera rubata", Poe faccia nascondere la lettera bene in vista sul caminetto, di modo che gli investigatori non la trovino perché troppo evidente, e quindi invisibile? La nostra attenzione si desta solo all'apparire dell'inconsueto, siamo schiavi della nostra costante carenza di attenzione al dettaglio, finiamo sempre per ignorare l'ovvio e quindi ne diventiamo vittime. Il satori, ci insegnano i maestri buddisti, è il risvegliarsi della coscienza, la rivelazione, un'epifania miracolosa alla realtà del mondo: Schopenahuer lo definisce come l'azione di sollevare il velo di Maya che, similmente al mito della caverna di Platone, ci consente di svegliarci dall'avidyã - il letargo - e giungere a conoscere l'Ātman, il tutto-in-uno che giace oltre la nostra coscienza mortale.
E' possibile che la domesticità ci renda insensibili? Quali stimoli dobbiamo subire, acciocché la nostra attenzione si desti e ci renda coscienti di cioè che ci circonda? Sartre recita, in un passo illuminante:

La necessità, come limite nel seno della libertà, come evidenza accecante e come momento del rovesciamento della praxis in attività pratico-inerte diventa, dopo la caduta dell'uomo nella società seriale, la struttura stessa di tutti i processi di serialità, quindi la modalità della loro assenza nella presenza e di una evidenza svuotata.

Che rapporto ha questo con la nosra personale ricerca della Verità? Dobbiamo forse rassegnarci a domandarci, come Ponzio Pilato prima di noi "Quid est veritas"? O forse è compito- anzi, dovere - indagare la natura delle nostre percezioni senza lasciarci spaventare dalla terribile profezia di Huxley: voi conoscerete la Verità, e la verità vi renderà folli.

Ma quale, dunque, è questo mistero la cui prossimità, ritengo, ci impedisce di penetrarlo?

E' presto detto: per quale ragione le scuregge degli altri ci restano insopportabilmente odiose e talvolta asfissianti, mentre nelle nostre troviamo piacevoli fragranze, gioia, ricordi di lontane mattinate di sole?

Buon 2012 a tutti, vi voglio bene.

mercoledì, dicembre 14, 2011

These Boots are made for walking

Tu.
Dico a te.
Sì, proprio tu.
No, non ti voltare a guardare se sto chiamando qualcuno alle tue spalle, dico proprio a te.
A te, che quando vai a fare la spesa e prendi il tonno Insuperabile (170 grammi di bontà, in olio d'oliva) e poi cambi idea e non lo vuoi più, che fai? lo posi sul primo scaffale che ti trovi davanti, fossanche quello dei pannoloni antincontinenza da anziano.
A te, che quando hai finito di leggere METRO o LEGGO o qualsiasi altro giornale gratuito da decerebrati tu legga, non cerchi un cestino, no, né riponi l'orrendo scartafaccio nel tuo tascapane, ma che scherziamo. No, lo posi con distratta attenzione sul primo scaffale (pannoloni incontinenza anziano) che trovi, o sul banco gastronomia, o direttamente sulla testa dell'ignaro commesso.
Sì, tu.
Sorridi, eh? Fai il sorrisetto da marachella, quello da "eheh, ebbene sì, a volte lo faccio, eheh, che ci vuoi fare, sono un malandrino".
Guarda, sorrido anch'io.
Eheh.
Ma permettimi, ti prego, di dirti una parola.
Sì, a te.
Una parola sola.
Stronzo.

Ora che vivo dall'altra parte della barricata (tecnicamente una piccola farmacia della City of london non è l'Ipercoop di Lastra a Signa, ne convengo, ma la barricata - ideologicamente parlando - è la stessa), ora che vivo dall'altra parte della barricata, dicevo, riconosco il letale virus dell'indifferenza diffondersi nel mondo e affliggere noi poveri commessi dei più cocenti ed atroci dolori. Chi ci salverà dall'ora di punta?

Boots non è proprio quel tipo di farmacia che ci si immagina in Italia, udendo il termine "farmacia". E' più un ibrido mostruoso tra una farmacia (con la farmacista che prepara il medicamento prescritto dal medico condotto) e un minimarket, dove compri panini, bibite gassate, lacci per le scarpe, sapone, shampoo, make-up, asciugacapelli, dentifricio, burrocacao. Ci stampi pure le foto, se ti va. Per questo l'umanità che ci transita non è composta solo da tossici in astinenza da narcan e anziani in cerca di pannoloni antincontinenza e marocchini col raffreddore (o la pellagra) e imbecilli (come me) in cerca dei cerottini nasali BreatheRight.
No.
E' composta anche da consumatori qualunque che si prendono la loro brava sportina e girano per le innumerevoli corsie (quattro) alla ricerca di prodotti sanitari e non.

Dato quasi un anno di esperienza nel retail, mi sento in grado di andare ad elencarvi una serie di tipologie umane RACCAPRICIANTI, che solo chi, come me, ha intrapreso la leggendaria carriera di commessa può ragionevolmente esperenziare (è tutto materiale letterario, dice la psichiatra di Tiziano Sclavi).
Benvenuti in Inghilterra, la nazione dove chi è disutile non si sentirà mai solo.

- IO HO FURIA: ambosesso, mai sopra i cinquantanni e mai sotto i trenta, elegante, sempre con una borsa o una valigetta di pelle. Si presenta in negozio nell'ora di punta per acquistare un pacchetto di gomme o un snack al cioccolato. Mentre è in fila (in genere non più di cinque minuti) sbuffa rumorosamente e agita le braccia per dimostrare che i suoi diritti di consumatore stanno venendo conculcati. Quando finalmente tocca a lui si ricorda che deve anche pagare, e allora comincia a frugarsi nelle tasche, poi nella borsa, cerca il borsellino, il portafogli, tira fuori una manciata di spiccioli e li conta uno per uno, sbagliando spesso e ricominciando da capo tre volte. Io nel frattempo muffisco;
- CI DEVO PENSARE: grande pensatore, filosofo, poco aduso alle questioni della volgare materialità. Si presenta alla cassa con spazzolino, Ibuprofene e caramelle per la gola. Quando gli chiedo se vuole un sacchetto mi guarda, poi guarda i suoi acquisti, si guarda la gamba, guarda la parete alle mie spalle, di nuovo i suoi acquisti, poi uno dei miei colleghi, l'orologio alla parete, di nuovo me (lo sguardo gli si sta pallando dal terrore del dover decidere), i suoi acquisti, la gamba, la propria mano vuota, la luce del sole che filtra dalla vetrina, il mio orecchio destro, una mosca che ronza. Poi dice: "aahhhh....mmmmhhhh....eehhhh....no. Anzi sì. Anzi no, no, scusa". Non so come fare a chiedergli se vuole lo scontrino;
- VOGLIO IL REGALO: donna, tacchi alti, pelliccia di montone (sempre - ma quanti montoni hanno ammazzato per rivestire queste cerebrolese?). Si avvicina alla cassa con tre rossetti e chiede la scatola di cartone con il fiocco rosso che è pubblicizzata essere in regalo a chi acquisti tre rossetti. Quando le dico che la scatoletta è out of stock lei s'incazza. Se ne esce sbattendo la porta in acciaio zincato e gridando che contatterà il Customer Service, che qui non è banda e anche se lei non è la Regina, noi mica siamo la Nasa (?);
- TAGLIE FORTI: qualunque età, qualunque strato sociale. Si presenta alla cassa con una confezione di cerotti da 1,24 sterline e al momento di pagare tira fuori la banconota da 50 sterline. Mentre lo fa ha il buongusto di guardare l'orizzonte, mentre il commesso cerca di trasformare con lo sguardo il biglietto in un taglio più piccolo ("reducto! reducto!"). Inizia una drammatica ricerca del resto, cercando di dare più monete possibile ma senza sconfinare nel ridicolo ("ecco il suo resto in monete da 2 centesimi. Ha una carriola o le presto la nostra?"). In genere tutto si conclude con il cliente che pretende di sbirciare nel cassetto per vedere se davvero non ho più banconote da 5 sterline;
- ASPETTA ASPETTA ASPETTA: in genere - quasi sempre, invero - una donna. Si presenta alla cassa con due oggetti sui quali sai c'è il 3x2. Tu le dici che può averne un terzo gratis. A quella parola scorgi un lampo nei suoi occhi: i capelli le si rizzano sulla testa, artigli le spuntano dalle dita. Grida: "DAVVERO? GRATIS?" e si precipita verso gli scaffali, urlandoti di aspettare, che torna subito. La ritrovi ore dopo, quando stai chiudendo il negozio, indecisa se prendere questo mascara nero della Maybelline o questo fondotinta coprente dalla 17 o questo rossetto rosso scuro della...
- ADESSO NON POSSO, STO PARLANDO AL TELEFONO: arriva alla cassa con l'Iphone appiccicato alla faccia, ridendo a volume altissimo. Ti mette davanti un sandwich e una Red Bull. Intanto elenca tutto quello che ha fatto la sera prima, racconta come il capo ha reagito stamattina alla sua presentazione in Powerpoint dei piani di sviluppo della compagnia in Virginia Occidentale, declama il Poema del Vecchio Marinaio di Coleridge (due volte), spiega il modo in cui si è preparato per l'esame di maturità di sedici anni prima. Poi quando gli dico quanto spende reagisce come se l'avessi colpito con un bastone (rimpiango di non averlo fatto): si guarda attorno smarrito, chiedendosi "dove sono". Quando esce sta raccontando in dettaglio i suoi ultimi due anni di vita. Ma che orecchie ha quello dall'altra parte del telefono?
- COLESTEROLO: può essere praticamente chiunque. Compra un triple sandwich con bacon, pollo, stuffing (ignoro cosa sia, sappiate solo che significa "ripieno"), maionese, gamberetti, uova e tonno; ci aggiungono uno snack al cioccolato con tripla glassa al caramello e decorazioni di gianduia sbriciolate in crema custard addizionata di zucchero; prende anche una busta maxi di patatine fritte al formaggio aromatizzate al bacon e al chili piccante; infine un vasetto di crema yogurt con granelli di cioccolata bianca e marshmallow glassati. E una DIET COKE, perché la Coca Cola ha troppi zuccheri e fa male.

Amo questo paese.

sabato, dicembre 03, 2011

Signor Bonelli, signor Nolitta


Sergio Bonelli è morto diverse settimane fa, mi pare ad Ottobre ma non c'ho voglia di cercare la data esatta su Wikipedia (com'era il mondo prima di Wikipedia?).
Per ricordarlo la mailing list Ayaaaak ha realizzato un ebook collettivo che esce oggi, come giustamente segnala Alessandro che si è occupato di curarne redazione e pubblicazione.
In questo ebook (che, come forse avrete intuito ma preferisco dirlo, NON è un libro cartaceo) c'è pure un racconto mio, che a Sergio ci devo tante cose, ci devo.
Lo potete scaricare in formato pdf, epub o mobi. Ignoro il significato di queste sigle.

So long, Sergione.