sabato, dicembre 31, 2011

Barbariccia

Personalmente ritengo che il mistero più grande della storia dell'umanità ce l'abbiamo in casa e lo osserviamo tutti i giorni, senza rendercene conto. Forse non è sempre così per tutto? E' forse un caso che ne "La lettera rubata", Poe faccia nascondere la lettera bene in vista sul caminetto, di modo che gli investigatori non la trovino perché troppo evidente, e quindi invisibile? La nostra attenzione si desta solo all'apparire dell'inconsueto, siamo schiavi della nostra costante carenza di attenzione al dettaglio, finiamo sempre per ignorare l'ovvio e quindi ne diventiamo vittime. Il satori, ci insegnano i maestri buddisti, è il risvegliarsi della coscienza, la rivelazione, un'epifania miracolosa alla realtà del mondo: Schopenahuer lo definisce come l'azione di sollevare il velo di Maya che, similmente al mito della caverna di Platone, ci consente di svegliarci dall'avidyã - il letargo - e giungere a conoscere l'Ātman, il tutto-in-uno che giace oltre la nostra coscienza mortale.
E' possibile che la domesticità ci renda insensibili? Quali stimoli dobbiamo subire, acciocché la nostra attenzione si desti e ci renda coscienti di cioè che ci circonda? Sartre recita, in un passo illuminante:

La necessità, come limite nel seno della libertà, come evidenza accecante e come momento del rovesciamento della praxis in attività pratico-inerte diventa, dopo la caduta dell'uomo nella società seriale, la struttura stessa di tutti i processi di serialità, quindi la modalità della loro assenza nella presenza e di una evidenza svuotata.

Che rapporto ha questo con la nosra personale ricerca della Verità? Dobbiamo forse rassegnarci a domandarci, come Ponzio Pilato prima di noi "Quid est veritas"? O forse è compito- anzi, dovere - indagare la natura delle nostre percezioni senza lasciarci spaventare dalla terribile profezia di Huxley: voi conoscerete la Verità, e la verità vi renderà folli.

Ma quale, dunque, è questo mistero la cui prossimità, ritengo, ci impedisce di penetrarlo?

E' presto detto: per quale ragione le scuregge degli altri ci restano insopportabilmente odiose e talvolta asfissianti, mentre nelle nostre troviamo piacevoli fragranze, gioia, ricordi di lontane mattinate di sole?

Buon 2012 a tutti, vi voglio bene.

mercoledì, dicembre 14, 2011

These Boots are made for walking

Tu.
Dico a te.
Sì, proprio tu.
No, non ti voltare a guardare se sto chiamando qualcuno alle tue spalle, dico proprio a te.
A te, che quando vai a fare la spesa e prendi il tonno Insuperabile (170 grammi di bontà, in olio d'oliva) e poi cambi idea e non lo vuoi più, che fai? lo posi sul primo scaffale che ti trovi davanti, fossanche quello dei pannoloni antincontinenza da anziano.
A te, che quando hai finito di leggere METRO o LEGGO o qualsiasi altro giornale gratuito da decerebrati tu legga, non cerchi un cestino, no, né riponi l'orrendo scartafaccio nel tuo tascapane, ma che scherziamo. No, lo posi con distratta attenzione sul primo scaffale (pannoloni incontinenza anziano) che trovi, o sul banco gastronomia, o direttamente sulla testa dell'ignaro commesso.
Sì, tu.
Sorridi, eh? Fai il sorrisetto da marachella, quello da "eheh, ebbene sì, a volte lo faccio, eheh, che ci vuoi fare, sono un malandrino".
Guarda, sorrido anch'io.
Eheh.
Ma permettimi, ti prego, di dirti una parola.
Sì, a te.
Una parola sola.
Stronzo.

Ora che vivo dall'altra parte della barricata (tecnicamente una piccola farmacia della City of london non è l'Ipercoop di Lastra a Signa, ne convengo, ma la barricata - ideologicamente parlando - è la stessa), ora che vivo dall'altra parte della barricata, dicevo, riconosco il letale virus dell'indifferenza diffondersi nel mondo e affliggere noi poveri commessi dei più cocenti ed atroci dolori. Chi ci salverà dall'ora di punta?

Boots non è proprio quel tipo di farmacia che ci si immagina in Italia, udendo il termine "farmacia". E' più un ibrido mostruoso tra una farmacia (con la farmacista che prepara il medicamento prescritto dal medico condotto) e un minimarket, dove compri panini, bibite gassate, lacci per le scarpe, sapone, shampoo, make-up, asciugacapelli, dentifricio, burrocacao. Ci stampi pure le foto, se ti va. Per questo l'umanità che ci transita non è composta solo da tossici in astinenza da narcan e anziani in cerca di pannoloni antincontinenza e marocchini col raffreddore (o la pellagra) e imbecilli (come me) in cerca dei cerottini nasali BreatheRight.
No.
E' composta anche da consumatori qualunque che si prendono la loro brava sportina e girano per le innumerevoli corsie (quattro) alla ricerca di prodotti sanitari e non.

Dato quasi un anno di esperienza nel retail, mi sento in grado di andare ad elencarvi una serie di tipologie umane RACCAPRICIANTI, che solo chi, come me, ha intrapreso la leggendaria carriera di commessa può ragionevolmente esperenziare (è tutto materiale letterario, dice la psichiatra di Tiziano Sclavi).
Benvenuti in Inghilterra, la nazione dove chi è disutile non si sentirà mai solo.

- IO HO FURIA: ambosesso, mai sopra i cinquantanni e mai sotto i trenta, elegante, sempre con una borsa o una valigetta di pelle. Si presenta in negozio nell'ora di punta per acquistare un pacchetto di gomme o un snack al cioccolato. Mentre è in fila (in genere non più di cinque minuti) sbuffa rumorosamente e agita le braccia per dimostrare che i suoi diritti di consumatore stanno venendo conculcati. Quando finalmente tocca a lui si ricorda che deve anche pagare, e allora comincia a frugarsi nelle tasche, poi nella borsa, cerca il borsellino, il portafogli, tira fuori una manciata di spiccioli e li conta uno per uno, sbagliando spesso e ricominciando da capo tre volte. Io nel frattempo muffisco;
- CI DEVO PENSARE: grande pensatore, filosofo, poco aduso alle questioni della volgare materialità. Si presenta alla cassa con spazzolino, Ibuprofene e caramelle per la gola. Quando gli chiedo se vuole un sacchetto mi guarda, poi guarda i suoi acquisti, si guarda la gamba, guarda la parete alle mie spalle, di nuovo i suoi acquisti, poi uno dei miei colleghi, l'orologio alla parete, di nuovo me (lo sguardo gli si sta pallando dal terrore del dover decidere), i suoi acquisti, la gamba, la propria mano vuota, la luce del sole che filtra dalla vetrina, il mio orecchio destro, una mosca che ronza. Poi dice: "aahhhh....mmmmhhhh....eehhhh....no. Anzi sì. Anzi no, no, scusa". Non so come fare a chiedergli se vuole lo scontrino;
- VOGLIO IL REGALO: donna, tacchi alti, pelliccia di montone (sempre - ma quanti montoni hanno ammazzato per rivestire queste cerebrolese?). Si avvicina alla cassa con tre rossetti e chiede la scatola di cartone con il fiocco rosso che è pubblicizzata essere in regalo a chi acquisti tre rossetti. Quando le dico che la scatoletta è out of stock lei s'incazza. Se ne esce sbattendo la porta in acciaio zincato e gridando che contatterà il Customer Service, che qui non è banda e anche se lei non è la Regina, noi mica siamo la Nasa (?);
- TAGLIE FORTI: qualunque età, qualunque strato sociale. Si presenta alla cassa con una confezione di cerotti da 1,24 sterline e al momento di pagare tira fuori la banconota da 50 sterline. Mentre lo fa ha il buongusto di guardare l'orizzonte, mentre il commesso cerca di trasformare con lo sguardo il biglietto in un taglio più piccolo ("reducto! reducto!"). Inizia una drammatica ricerca del resto, cercando di dare più monete possibile ma senza sconfinare nel ridicolo ("ecco il suo resto in monete da 2 centesimi. Ha una carriola o le presto la nostra?"). In genere tutto si conclude con il cliente che pretende di sbirciare nel cassetto per vedere se davvero non ho più banconote da 5 sterline;
- ASPETTA ASPETTA ASPETTA: in genere - quasi sempre, invero - una donna. Si presenta alla cassa con due oggetti sui quali sai c'è il 3x2. Tu le dici che può averne un terzo gratis. A quella parola scorgi un lampo nei suoi occhi: i capelli le si rizzano sulla testa, artigli le spuntano dalle dita. Grida: "DAVVERO? GRATIS?" e si precipita verso gli scaffali, urlandoti di aspettare, che torna subito. La ritrovi ore dopo, quando stai chiudendo il negozio, indecisa se prendere questo mascara nero della Maybelline o questo fondotinta coprente dalla 17 o questo rossetto rosso scuro della...
- ADESSO NON POSSO, STO PARLANDO AL TELEFONO: arriva alla cassa con l'Iphone appiccicato alla faccia, ridendo a volume altissimo. Ti mette davanti un sandwich e una Red Bull. Intanto elenca tutto quello che ha fatto la sera prima, racconta come il capo ha reagito stamattina alla sua presentazione in Powerpoint dei piani di sviluppo della compagnia in Virginia Occidentale, declama il Poema del Vecchio Marinaio di Coleridge (due volte), spiega il modo in cui si è preparato per l'esame di maturità di sedici anni prima. Poi quando gli dico quanto spende reagisce come se l'avessi colpito con un bastone (rimpiango di non averlo fatto): si guarda attorno smarrito, chiedendosi "dove sono". Quando esce sta raccontando in dettaglio i suoi ultimi due anni di vita. Ma che orecchie ha quello dall'altra parte del telefono?
- COLESTEROLO: può essere praticamente chiunque. Compra un triple sandwich con bacon, pollo, stuffing (ignoro cosa sia, sappiate solo che significa "ripieno"), maionese, gamberetti, uova e tonno; ci aggiungono uno snack al cioccolato con tripla glassa al caramello e decorazioni di gianduia sbriciolate in crema custard addizionata di zucchero; prende anche una busta maxi di patatine fritte al formaggio aromatizzate al bacon e al chili piccante; infine un vasetto di crema yogurt con granelli di cioccolata bianca e marshmallow glassati. E una DIET COKE, perché la Coca Cola ha troppi zuccheri e fa male.

Amo questo paese.

sabato, dicembre 03, 2011

Signor Bonelli, signor Nolitta


Sergio Bonelli è morto diverse settimane fa, mi pare ad Ottobre ma non c'ho voglia di cercare la data esatta su Wikipedia (com'era il mondo prima di Wikipedia?).
Per ricordarlo la mailing list Ayaaaak ha realizzato un ebook collettivo che esce oggi, come giustamente segnala Alessandro che si è occupato di curarne redazione e pubblicazione.
In questo ebook (che, come forse avrete intuito ma preferisco dirlo, NON è un libro cartaceo) c'è pure un racconto mio, che a Sergio ci devo tante cose, ci devo.
Lo potete scaricare in formato pdf, epub o mobi. Ignoro il significato di queste sigle.

So long, Sergione.

domenica, ottobre 09, 2011

Digitami qui

Cari esegeti del bello e del romantico, voi che mi leggete con assiduità e passione, voi che non avete bisogno di usare Gugòl per trovare l'indirizzo ove si soggiace all'ilarità da me dispensata a piene mani, voi che ben conoscete il valore intrinseco della parola "catarifrangente", ecco, voi, amati lettori, non siete certo parte dell'incolta moltitudine che qui giunge tramite le più assurde combinazioni di tasti dispensate sul celebre motore di ricerca.
Ma io, grazie ai potenti mezzi forniti da Google Analitycs, sono in grado di squarciare il velo di omertà che cela questi illustri sconosciuti. Cosa cercano coloro che trovano il blog Erottuso? Quali segrete passioni si annidano nei loro cuori? Quali pulsioni li spingono, la notte, in miseri tuguri, circondati dalle tenebre, a intrufolarsi sulla rete telematica?
Io ve lo spiegherò, con il mai abbastanza atteso POST SULLE 99 MIGLIORI CHIAVI DI RICERCA EROTICHE (lampi squarciano le tenebre, tuoni rimbombano tra le montagne, Heike si staglia maestoso contro la finestra illuminata dalla luna. Poi arriva il gattino Virgola).

Paola in my mind
- paola barale droga e sesso
- paola baralesesso
- paolabaraleculo
- paolabaraleporca
- barale porca puttana
- sessoconpaolabarale
- aiuto mi serve una foto del tatuaggio di paola barale
- misure paola barale
- quanto è alta paola barale
- quanto pesa paola barale
- paola barale problemi pipì
- paola barale scappa la pipì
- paola barale si è fatta la pipì addosso
- paola barale con il pannolone

Cerco l'ammore
- cerco travestito anche sposato zona brindisi con numero cellulare
- ma a maddaloni dove si appostano le puttane
- pagine bianche cerco ragazza cinese sola a ravenna
- poesie sconce
- ragazze che scoreggiano
- motel ore brescia
- motel a ore a brescia
- motel a ore a brescia o provincia
- motel a ore provincia di brescia
- motel ad ore provincia di brescia
- motel a ore a desenzano

Le piccole difficoltà del cuore
- faccio pipì lei ride
- donna "cerco pene piccolo"
- esco con una ballerina di lap dance
- cosa significa schwanzstucke
- l'amicizia e come la pipì
- mi fissano solo le ragazzine
- la scheda la metto io nell`urna?

Perché Giorgio non è felice
- giorgio mastrota situazione sentimentale
- giorgio mastrota è gay ?
- giorgio mastrota pelo
- giorgio mastrota piedi
- giorgio mastrota sesso
- giorgio mastrota a petto nudo
- giorgio mastrota in mutande
- giorgio mastrota in slip
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- giorgio mastrota nudo integrale
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- giorgio mastrota nudo novella 2000
- dove trovare foto di mastrota nudo
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- giorgiomastrotanudo
- il cazzo di giorgio mastrota nudo
- mastriotanudo
- www.giorgio mastrota nudo.com

Ho bisogno del manuale d'istruzioni
- poszione a cavaceci
- come si riconosce una ragazza porca
- fare l'amore con panna montata
- traduzione parolacce nei sottotitoli per non udenti
- gallina vecchia è sempre porca
- ginocchino e piedino al cinema
- piccione come metafora sessuale
- pisciarsi con piacere addosso
- se tu sei buco dillo
- spogliarello di ragazze in apnea
- surrogato fallico

Il mondo è piccolo
- casalinga di minsk
- casalinghe di rieti mignotte
- cinesi che scoreggiano
- è vero che i giapponesi ce l'hanno più piccolo?
- giappinesi pedofili
- perche' i genitali giaponesi sono semrpe pixellati?
- perchè le donne cinesi hanno i glutei piatti?
- vuvuzela mutande indigeni

A me piace così
- ciccioni scalzi
- grande fratello quando si lavano
- le donne piu pelose del mondo
- porno con danne catste eocchiali
- sguardo pudico
- calendariocamionisti
- ultimo ellepi toto cotugno
- uomini pelosi nudi
- vecchie ciccioni

Strani amori
- hitler e maria teresa di calcutta
- ho 33 anni e non ho amici
- beppe grillo lo sapevi che berlusconi e un pedofilo e gil piaciono i banbini
- cacciari e fidanzata

Celebrity
- britney spears senza mutande in macchina senza censura
- ben affleck nudo
- de sica christian emorroidi
- diaco pierluigi bigotto
- foto di giuliano ferrara nudo
- jovanotti corna moglie
- jovanotti nudo
- mogli di jovanotti
- marta flavi cosce
- marta flavi oops
- massimo boldi piedi
- onorevole spruzzetto borghezio
- foto buffe di borghezio
- pierfranco casini gay

(E questo sarebbe tutto, ma non ho resistito alla tentazione di mostrarvi anche le chiavi di ricerca non erotiche. Sono qui, spero apprezzerete)

martedì, ottobre 04, 2011

L'amore non ha confini, ma favorisca il passaporto

Cos’è una parafilia? È un comportamento sessuale “deviato” o, per meglio dire, l’attrazione sessuale nei confronti di ambienti, oggetti o situazioni estreme, che stanno in genere ad indicare un disturbo psichico. Si tratta, insomma, di roba seria. Di malattie.
Davvero?
O forse è così che piace pensare ai borghesi, con la loro moralità rigida e ipocrita?
Per scoprirlo noi del blog Erottuso, che siamo persone dalla mentalità aperta, abbiamo deciso di andare ad indagare in questo campo, riportando per voi alcuni casi di comportamento sessuale che la letteratura medica tradizionale annovera come parafilie ma che, forse, non sono altro che forme diverse di amore.

CACTUSFILIA
“A volte l’amore fa soffrire” ci dice Nathaniel Wilson, il più famoso cactussofilo del mondo. Salito all’onore delle cronache nel 2002 per una toccante storia d’amore con un cactus spinoso alto tre metri e venti che si trovava appena fuori Calexico, in Messico. “Appena l’ho visto, ho capito che non poteva esserci altro che lui nella mia vita” continua “Mi sono avvicinato cautamente, per non insospettirlo, e quando gli sono arrivato abbastanza vicino da toccarlo ho percepito la sua fiducia, la sua disponibilità. Mi sono spogliato dei miei abiti, della mia umanità e l’ho abbracciato con forza”. In seguito a quel primo incontro, Nathaniel resta tre giorni in terapia intensiva, tra la vita e la morte, e alcune spine sono ancora conficcate nel suo corpo. “Sono come un ricordo del nostro amore, di quello che era e avrebbe potuto essere, se fossimo rimasti liberi di amarci”. Purtroppo l’oggetto d’amore di Nathaniel muore poco dopo, dato che i piani di sviluppo della zona prevedono una nuova interstatale appena fuori Calexico. “Quando sono uscito dall’ospedale sono corso subito da lui, ma era troppo tardi: dove una volta c’era un bellissimo cactus spinoso ora c’era un guard-rail”dice tra le lacrime. Ma non tutto è andato perduto: “sì, il suo ricordo vive negli occhi di nostro figlio” ci dice, mentre accarezza un piccolo cactus spinoso sul davanzale della finestra.

GRANITOFILIA
“La gente pensa che io sia pazzo, ma non sono pazzo. Secondo lei, uno che trova appagamento sessuale solo se si cosparge di polvere di granito è pazzo? Uno che passa le serate davanti alla televisione seduto sul divano abbracciando il blocco di granito che vuole sposare, è pazzo? Uno che indossa pantofole di granito, cappello di granito, gilet di granito, è pazzo? Se fare queste cose significa essere pazzo, allora sì, sono pazzo. Ma come me, allora sono pazzi milioni di persone in questo paese, incluso il presidente – e lei sa di chi sto parlando”. Ci dice questo Manuel Gonzalez Lorca de Pobadon, un tranquillo antiquario di Cutoz, un paesino alle porte di Madrid. Manuel ha scoperto la propria passione per il granito quando aveva dodici anni. “Mentre i miei amici si divertivano a sollevare le sottane delle nostre compagne, io andavo ore in giro sulle nostre belle montagne, alla ricerca di farfalle e coleotteri da aggiungere alla mia collezione di insetti. Ma tornavo a casa sempre senza prede ed esausto, con le tasche piene di pietre con non potevo trattenermi dal raccogliere”. Manuel capisce che il granito è la sua vita e, nonostante l’opposizione dei genitori, raggiunti i diciotto anni si trasferisce a Corcorro, un piccolo paesino montano dove tutti gli abitanti sono in qualche modo impiegati nella vicina cava di Oxcorro. “Quando entrai la prima volta nel cantiere, mi sentii come un bambino in un negozio di dolciumi: tutto quel granito, lì, libero e selvaggio, e tutto a mia disposizione!” Ma non tutti sembravano apprezzare la sua naturale propensione verso le pietre: “fui licenziato la sera stessa, quando la guardia notturna mi sorprese nudo in mezzo al cantiere, mentre accarezzavo un grosso macigno. Lo scandalo fu grande. E oltretutto non mi pagarono il giorno di lavoro, quei pezzenti cabròn. Ma adesso tutto è diverso, c’è molta più tolleranza in questo paese, non è vero, Carmen?” dice rivolgendosi al granito seduto sul divano, che risponde con un piccolo cenno.

ABBAFILIA
Inizialmente limitata alla Svezia, questa parafilia ha poi colpito in tutto il mondo, segnatamente negli anni 70. In un articolo del Lancet del 6 ottobre 1979 si parla del caso di una paziente di una clinica psichiatrica di Santa Monica, in California, che sprofondava in furiosi accessi ninfomaniaci al solo sentire le prime note di Knowing me Knowing you. Celebre poi è il caso di un club privato di Toronto fondato da una coppia di professionisti, che avevano creato una fitta rete di contatti con altre persone affette dalla stessa affezione nervosa. In tale club si celebravano riti orgiastici interminabili, furiosi accoppiamenti di gruppo sulle note di Mamma Mia, Waterloo, e Fernando. Oggigiorno il numero delle persone interessate al fenomeno dell’abbafilia è molto diminuito in tutto il mondo, stante anche il generale miglioramento della qualità degli impianti audio. Fa eccezione il caso delle Filippine, dove nel 2009 un concerto degli Abba è stato interrotto dall’intervento delle forze dell’ordine allorché tutti gli spettatori avevano cominciato ad accoppiarsi furiosamente tra di loro sulle note di Dancing Queen.

ERREFILIA
“Lei capisce, cvedo, quello che intendo dive. Non si tvatta solo di attvazione fisica, pulsione evotica, passione. È più una sublimazione mentale, un completo coinvolgimento dei sensi, una totale e avvembante compulsione emotiva, vazionale e ivvazionale, non divei sensuale, quanto piuttosto amovosa”. La principessa Raina Rarrotteri de’ Rambrorri è una delle centinaia di migliaia di persone nel mondo che subiscono la fascinazione erotica di un suono: più precisamente, il suono della lettera r. La principessa fa parte dell’antica aristocrazia romana, intima dei Colonna e dei Borghese, e vanta tra i suoi antenati cardinali, ministri, massoni e anche uno scotennatore noto come il Mostro della Casilina. Ma queste nobili ascendenze non la trattengono dal rivelare al pubblico le sue più segrete passioni. Nonostante abbia superato da tempo la settantina, accetta di partecipare ad una puntata de La Vita per Direttissima, la trasmissione di RaiDue condotta da Luca Giurato, al quale rilascia una intervista esclusiva riguardo la sua errefilia. “Lo faccio pevché è giunta l’ova di uscive dalle nostve alcove, di nascondevci e vevgovgnavci. Lo faccio pev tutti quelli che, come me, soffvono di ingiuste discviminazioni”, dice, prima di concludere la sua partecipazione al programma lottando con Platinette in una vasca piena di peperonata.

GASPARRIFILIA
“È terribile, e la cosa peggiore è che sembra non vi sia cura” lo sguardo del professore è serio, mentre ci parla con il cipiglio accigliato. Lo stetoscopio al collo, il camicie bianco, non trasmettono professionalità dottorale quanto le sue candide sopracciglia, folte e cespugliose. Sfoglia pagine e pagine di dati, ci pone sotto gli occhi un registro con date e somministrazioni, reazioni ai trattamenti, misurazioni degli stati febbrili. Il professor Terzilli è probabilmente il maggior esperto italiano di cura delle deviazioni della psiche, professore emerito al Policlinico di Bologna, titolare di cattedra a Roma e a Catania, luminare celebrato in Europa e negli Stati Uniti e costante candidato al Nobel in medicina. Nessuna sfida è tanto difficile da scoraggiarlo, si dice negli ambienti accademici, e nessuna malattia tanto grave da fargli perdere la fiducia nelle possibilità del malato di guarire.
Fino ad oggi.
“In quarant’anni di carriera, mai mi era capitato un caso tanto disperato, nemmeno con la mamma di Hitler. Vi confesso che dispero di poter essere d’aiuto a questa povera persona”. Con dovizia di particolari, ma curando di tutelare la privacy della paziente, ci rivela il caso di Clara V., una giovane studentessa universitaria con una vita del tutto ordinaria fino a pochi mesi prima. Difatti, mentre si stava recando in motorino all’università, Clara ha un piccolo scontro con un’auto ad un incrocio a Tor Vergata, in conseguenza del quale cade a terra e batte la testa. l’incidente, che sembrava non averle causato alcun danno, ha invece delle conseguenze drammatiche: la giovane cade in uno stato di deliquio amoroso e in una sfrenata fregola sessuale ogni volta che le capita di pensare all’onorevole Maurizio Gasparri. La poverina è disperata: “non mi piace nemmeno, e poi io voto Vendola” dice tra gli spasimi, quando il professore le mostra una foto di Gasparri che porta a spasso il cane. Ma il corpo non le risponde: se entra in un bar mentre il televisore acceso mostra una rassegna di politici intenti a pontificare sul niente, Clara crolla al suolo gridando, preda del furor orgiastico. Se per sbaglio legge su un giornale una dichiarazione insensata dell’ex ministro, spesso sviene a causa del suo disturbo. “La poveretta è terrorizzata: non solo rischia continuamente di cadere vittima dell’onnipresenza mediatica del mentecatto, ma trema al pensiero di cosa potrebbe accaderle se lo incontrasse di persona. Se il suo disturbo la spingesse a copulare con lui, quali conseguenze potrebbero intervenire nella sua psiche? Purtroppo non posso fare niente: la scienza è impotente, di fronte a Gasparri”.

martedì, settembre 20, 2011

It's an ocarina sir

sabato, settembre 10, 2011

L'angolo dell'erotismo dell'onorevole Borghezio Mario, avv.

Buonasera. Sono l’onorevole Mario Borghezio, avv. Sono qui per raccontarvi alcune storie umoristiche per risollevare un po’ il clima di questo blog, che qua è un po’ un mortorio. E siccome ora bisogna che la gente fa figli per portare avanti la nazione padana e non essere sommersi da questi negri, arabi terroristi, cinciuncian, ecco che vi racconto delle storielle con del pepe di cajenna dentro, che così la gente si eccita un pochetto e giù a fare figli per la patria.

Ci sono due virili cittadini padani che si incontrano e uno fa all’altro:
- Thor, cosa ti succede, ti vedo affranto. Forse che la servitù nella quale versano i nobili popoli celtici nei confronti delle razze romane, terrone e neghér ti fa stare male?
- Lothar, come è veritiero quello che tu dici. Infatti il mio spirito è sconquassato dal dolore nel riflettere su come i nostri popoli siano diventati schiavi di creature a noi inferiori, che altro non sanno fare che riprodursi e ambire alle nostre sacre e cristiane e celtiche e ariane proprietà. E questo pensiero si riflette nel mio stesso corpo, portandomi ad avere un feroce e padano mal di denti qui, proprio dove mi si è padanamente cariato questo molare.
- Per mille Walhalla! Questo non può essere tollerato oltre! La facondia di queste razze è limitata al grugnito, eppure non disdegnano di pretendere di imporre a noi, nobili e padani e silenti e virili e santi abitatori di queste sacre terre nordiche, di condividere con loro i loro barbari dialetti, e quotidianamente ciarlano di società subumane ove sarebbe diritto – dicono nei loro borborigmi – di ciascuna scimmia possedere bene di valore non padanamente guadagnati col sudore dei virili e abbronzati muscoli di cui adesso faccio mostra, bensì sottratti con la perfidia e l’inganno tipici dei popoli semiti. Per questo non posso esimermi dal consigliare a te, fratello mio nel sacro sangue padano e nordico, un rimedio dei nostri antichi e nobili progenitori per guarire un nobile guerriero così virile e poderoso e maschiamente lustro di sudore come te, che virilmente ti tergi la fronte mentre il sole al tramonto bacia i tuoi possenti bicipiti, per guarire da codesta nequizia.
- Oh sì, mio forte e possente camerata, fratello di battaglia e compagno di lotta, tu che con il destro sollevi la terra e la poni nell’orbita della gloria dei nostri alti ideali e padani e sacri e nordici e virili e sobri e padani l’ho già detto? e gloriosi e impetuosi e onusti di gloria, svelami dunque il possente medicamento che possa far cessare il malvagio dolore che certamente un nemico della nostra possente e maschia genìa ha posto nei miei molari.
- Invero, nobile Thor, te lo dirò: quando capita a me una sventura simile alla tua, tale che il dolore cagionato dalle vil razze nemiche, dai nasi adunchi, i volti atteggiati a ghigno perpetuo, le schiene curve, le gambe storte, le lunghe dita artritiche e dalle unghie sporche sempre pronte a ghermire l’altrui ricchezza, quando tal dolore più non è tollerabile, ecco che procedo verso la mia padana e nordica consorte, le tolgo con maschia voluttà i vestimenti intimi e annuso, con padano e virile entusiasmo, il muschiato aroma che fugge dalle sue intimità. Ed ecco che d’un tratto mi passa il dolore. fai lo stesso anche tu, mio virile amico.
- Che è a casa ora?

Ci sono un inglese, un negro, un francese culattone, un rumeno e un padano che decidono di fare la gara a chi ha il pisello più lungo. Il francese dice: “io faccio il giudice” e va a prendere un righello, tutto contento. Torna con un righello di trenta centimetri e dice: “ecco qua, ho trovato questo righello di trenta centimetri, pensate che possa bastare?” e guarda il negro e gli fa l’occhiolino. Allora arriva il padano e fa: “com’è possibile che al giorno d’oggi noi padani, popolo nobile se mai ve ne furono, ci troviamo impastoiati nelle paludi di una gerontoburocrazia asmatica ed elefantiaca come quella europea? Perché mai le quote latte devono sempre vedere noi popoli oppressi subire le angherie di questi burocrati miopi che siedono a Bruxelles e prendono decisioni senza conoscere la natura dei luoghi sui quali si trovano a legiferare? Ed è mai possibile che Roma, luogo di iniquità, sfrutti le fatiche del popolo padano senza mai dare nulla in cambio, ma anzi pretendendo ogni giorno di più e rifiutando di concedere ai virili e nobili popoli padani l’indipendenza che essi bramano e meritano? Non meritiamo dunque noi maggior tutela? Non meritiamo noi maggior rappresentatività? Per questo chiediamo che il nostro amato onorevole Borghezio Mario, avv. Venga nominato almeno sottosegretario con delega alle attività produttive”.

Un giovane padano, pieno di sano furore eterosessuale, decide di dare sfogo alle sue rigogliose energie appartandosi nottetempo con una peripatetica. La sua cittadina è armoniosamente amministrata da una giunta monocolore Lega Nord, quindi per definizione sana, lavoratrice e non incline alla tolleranza con i traffici di carne gestiti da marocchini e albanesi. Recatosi dunque con la sua Ritmo lungo i viali trafficati di una vicina città, ancora amministrata da una decadente amministrazione di massoni comunisti, trova le strade intasate da travestiti e passeggiatrici di ogni colore e religione e razza. Deciso a dimostrare come le virili membra padane siano potenti e maschie, accosta presso una giovane mulatta molto alta, con un seno rigoglioso ed un prominente pomo d’Adamo, chiedendole:
- Come ti chiami, bella giovane?
- Sciao belo, me chiamu Lulù. Vuoi fare l’ammore con me, belo sgiuovane?
Ma non fa in tempo a rispondere che accanto alla sua Ritmo accosta una gazzella della Guardia di Finanza.
Scende un maresciallo con la divisa sporca di caponata e gli fa:
- Uè giuovanodde, scinn’abbascio dalla maghina, pe favore, uè. E tu, proshtituta, puoi iatavenne via, che io e il tuo protettore siamo soci in affari, uè.
Il giovane padano scende virilmente dalla macchina e chiede:
- Va tutto bene maresciallo?
- Eh caro bello, adesso te becchi ‘a bbella multa, che hai andato co’ le prostitute, ah! È ‘a legge!
Il giovane padano capisce che si tratta di una trappola artatamente diretta contro di lui dal complotto intessuto dalle amministrazioni comuniste, la guardia di Finanza, la massoneria, i gesuiti, la criminalità organizzata, il sionismo internazionale, i burocrati di Bruxelles, l’internazionalismo, le scie chimiche, la finanza internazionale, Beppe Grillo, il gruppo L’Espresso, internet, il pentagono, le mafie russe, i fisioterapisti, il KGB e i tifosi della Juventude Bar La Grappa.
Capisce che per salvarsi deve fingere di essere parte del complotto.
- E allora, eh, giovinuotto belle, mo’ te becchi ‘a bella multa, eh, Allora, come te chiame, eh?
- Il mio nome è – pensa un attimo – Giuseppe Stalin Junior.
Il maresciallo fa un balzo, impallidisce e dice, abbassando la voce:
- Parente?
- Il figlio.
- Maronna mia bella, me scusi, non sapevo, mi perdoni.
E se ne va via sgommando.

mercoledì, settembre 07, 2011

Born to kill

16 aprile
Finalmente ci siamo! Oggi abbandono l’accademia e mi unisco al mio plotone. Sono così contento di avviarmi ad una brillante carriera e diventare un membro produttivo della società, mi sento già più grande.
17 aprile
Ho conosciuto i miei compagni, sono tutti bravi ragazzi, ansiosi di muoversi e vedere il mondo. Il sergente che ci ha accolti ci ha fatto un lungo discorso sui nostri doveri e sull’importanza del nostro lavoro. Ha sottolineato un sacco il fatto che dobbiamo essere sempre pronti, perché non sappiamo quando saremo chiamati all’azione. Mentre diceva così, il compagno al mio fianco ha detto a mezza voce “eh, mica stiamo qui a farci le seghe” e tutto il plotone si è messo a ridere. Il sergente si è arrabbiato un sacco e ci ha fatto fare il giro dell’ovale per dieci volte, ma nessuno si è lamentato: siamo tutti carichi!
18 aprile
Il compagno che ieri mi ha fatto ridere si chiama Joe, sembra uno che ne sa un sacco. Oggi abbiamo avuto le esercitazioni di corsa, che vuol dire semplicemente che devi attraversare un percorso il più velocemente possibile, senza farti colpire. Io sono andato bene, mentre alcuni dei compagni sono andati malino, soprattutto Gonny, che è stato colpito dal sergente un sacco di volte. Ma Joe è stato fantastico: prima ha fatto il percorso velocissimo, poi, invece di arrivare in fondo, è tornato al punto di partenza. Il sergente si è arrabbiato tantissimo, gli ha detto che era un buffone, ma sotto sotto si vedeva che era rimasto impressionato.
19 aprile
Oggi abbiamo avuto un falso allarme! Stavamo rientrando nelle camerate dopo una dura giornata di addestramento quando hanno cominciato a suonare le sirene. Il sergente si è subito messo a correre per il campo, rosso in viso e tutto eccitato, gridando che i corpi si stavano innalzando e che dovevamo prepararci al lancio. Tutto ad un tratto però, proprio quando ci dirigevamo in fiotto verso il canale di lancio, le sirene si sono arrestate e il sergente si è come afflosciato. Peccato, ha detto, sarà per un’altra volta.
20 aprile
Anche oggi un falso allarme. Uno dei compagni più vecchi ha detto che succedono un sacco di volte, e che anche se dovessimo essere chiamati al fronte, dovremmo fare come lui: metterci in fondo alla fila sperando di essere tra quelli che restano. L’ho guardato con disprezzo e gli ho chiesto la sua età. Tre settimane, mi ha detto chinando la testa dalla vergogna.
21 aprile
Domani è sabato, ha detto oggi il sergente, è probabile che saremo chiamati fuori. Poi ci ha detto una cosa che non ci era mai stata detta durante l’addestramento: ha detto che al momento di uscire sul campo potremmo venire catturati in una trappola predisposta dal nemico, in una guaina impenetrabile. In questo caso non potremmo andare avanti né tornare indietro e saremmo condannati ad una morte orribile. Ma questo pensiero non deve fermarvi, ha detto, perché lo fareste per la turgida gloria della vostra semenza! Mentre sentivo questo, mi sono voltato a guardare i miei compagni, ed ho incrociato lo sguardo con il vecchio di ieri. Ho letto nei suoi occhi una promessa: che questa volta non avrebbe avuto paura! Avanti, con ardimento!
23 aprile
Dio mio, Dio mio, è questa la vita dunque?
24 aprile
Riprendo questo diario dopo due giorni, nei quali ho avuto la forza solo per vergare quelle poche parole di cui sopra. Ho riletto le scempiaggini che scrivevo quando ancora vivevo nella pace e nella tranquillità. Che sciocco che ero! Che stupido! Ma è meglio che riassuma quello che è successo in queste ore, così che, se mai qualcuno troverà queste righe, impari forse qualcosa dalla mia vicenda.
Il sergente aveva ragione: sabato, il fatidico giorno, siamo stati davvero chiamati alla battaglia. Ma aveva torto sulla guaina di gonna che avrebbe dovuto sbarrare il nostro cammino, dato che non ve ne abbiamo trovato traccia (ahi, quanto sarebbe stato meglio se invece fossimo stati catturati così, tutti ancora giovani ed ingenui e pieni di illusioni, e andati a morire insieme della bella morte!).
Una volta sparati fuori dal condotto di uscita ci siamo ritrovati in un anfratto umido e scuro, così alieno da metterci i brividi. Il sergente ci ha gridato di metterci in fila e marciare il più in fretta possibile avanti, verso l’oscurità più fitta. Ad un certo punto, non so dopo quanto, ci siamo trovati ad un bivio: la strada si biforcava in due grotte più piccole che si perdevano nel buio. Il sergente è parso spaesato, ma non si è perso d’animo: ha detto che avremmo dovuto dividerci, che una metà (ma non sapeva quale) si sarebbe sacrificata per la buona riuscita dell’altra, dato che chi imboccava il sentiero sbagliato andava dritto alla morte. Io, Joe, Gonny e il vecchio ci siamo stretti vicino, e siamo finiti nel gruppo di destra, insieme al sergente. Ho salutato i miei compagni di sinistra con lo sguardo, chiedendomi qual’era il senso di tutto questo e se sarebbe toccato a noi, di morire in quell’oscurità, o a loro.
Il viaggio è continuato a lungo, quando qualcuno dei nostri ha cominciato a sentirsi male. Sono gli acidi, ha detto il sergente, dobbiamo sbrigarci. E infatti l’aria ha cominciato a farsi irrespirabile e Gonny è caduto a terra. è diventato ancora più pallido, ha mormorato qualche parola ed è morto.
Abbiamo proseguito, con le lacrime agli occhi non so se per via del dolore o degli acidi.
Superata una curva, all’improvviso mi sono sentito meglio, e come me gli altri superstiti: anzi, più forti, più pieni di energia. Improvvisamente ho pensato che il mio obiettivo non era lontano, e che avrei potuto farcela, anzi ce l’avrei fatta sicuramente e che niente mi poteva fermare. Ho cominciato a correre e quando mi sono trovato davanti il vecchio che correva anche lui sì, ma più lentamente di me, l’ho colpito alla schiena perché non mi rallentasse, e sono passato oltre, e ho visto Joe, vicino a me, fare lo stesso con il sergente e molti altri lottare e sgomitare per raggiungere il nostro obiettivo.
E alla fine l’abbiamo visto: ai nostri piedi, in fondo ad una scarpata, un enorme uovo soffice e profumato, invitante, morbido, sensuale. Ci siamo lanciati giù, noi pochi sopravvissuti, colpendoci con forza. Ed io, proprio io, sono stato il primo a raggiungerlo: l’ho toccato e… niente. Si sono avvicinati tutti gli altri, scodinzolando sui loro flagelli. Joe ha detto:
- Oh no, è troppo presto. Sta ancora dormendo.
Ci siamo guardati gli uni gli altri, e abbiamo capito che eravamo ancora troppi: uno solo doveva essere qui quando l’uovo si sarebbe svegliato.
Ora, il massacro è finito. Sono qui, stanchissimo, seduto a terra. Joe è seduto dall’altra parte, ci osserviamo con odio.
Siamo rimasti solo noi due.

20 giugno
- Signora, è incinta.

lunedì, settembre 05, 2011

Il passato è un paese straniero, dove le quaglie volano crude

Cari amici, salve a tutti dal vostro Dante Chianti, esploratore, esperto conneisseur del mondo, poliglotta e tombeur de femmes. Proprio in questa mia veste di navigato conoscitore del mondo anche nei suoi aspetti più delicati, sono oggi a deliziarvi con alcune notizie che certo non sapevate sugli usi e costumi sessuali ed amorosi delle varie nazioni del mondo.

In Papua-Nuova Guinea esiste una severa legislazione per quanto riguarda lo status matrimoniale: gli uomini di Papua possono accoppiarsi con le donne di Nuova Guinea solo se queste hanno più di ventisei anni. Viceversa, le donne di Papua posso convolare a nozze con gli uomini di Papua solo se questi non hanno ancora raggiunto la maggiore età. Al contempo i matrimoni tra le donne di Nuova Guinea e gli uomini di Guinea-Bissau sono validi solo se celebrati da sacerdoti anziani di Papua. Inoltre le donne di Papua possono sposarsi con gli uomini di Nuova Guinea solo di giovedì, prima delle 16.00.

Tra gli ebrei sefarditi di Latriete, in Svezia, è uso indossare giarrettiere e calze a rete nei giorni di preghiera.

A Wichitan, una cittadina nel sud degli Stati Uniti, un regolamento comunale del 1967 vieta ad un uomo di sposare la Bibbia di Gutemberg.

Nel 2007, in una grotta nei dintorni di Nowa, in Somalia, è stato scoperto il più antico graffito del mondo rappresentante un pene, scolpito accanto ad una antica fermata dell’autobus.

Il libro erotico più venduto nella storia è Il giro del mondo in 80 giorni, nella versione non censurata.

Pare che uno dei primi film di Alfred Hitchcock fosse una versione erotica de La critica della ragion pura di Immanuel Kant. Purtroppo il progetto non andò mai in porto perché il grande regista non riuscì a trovare nessun attore disposto ad interpretare il ruolo del fiammiferaio petomane.

Mario Bartachiudi, di San Geppetto (FD) è stato sposato per ventisei anni, prima di scoprire che sua moglie non era in realtà una donna ma il Madagascar (pop.6.750.000, dati 2010).

È vero, l’orgasmo del maiale dura mezz’ora, ma tanto poi alla fine diventi una mortadella, quindi cui prodest?

Il travestitismo è molto più diffuso di quanto comunemente si creda: quella matura e piacente signora dal grande seno e dai morbidi fianchi burrosi seduta accanto a voi è in realtà il Madagascar (pop. 6.750.000 dati 2010).

La carne di pipistrello è considerata un potente afrodisiaco da Batman, ma Robin non è contento.

Rodolfo Valentino, il celebre amatore, era una persona estremamente timida ed introversa. Quando si trovava in intimità con una donna chiedeva sempre permesso.

A Timor est c’è la diffusa convinzione che i bambini vengano portati da una creatura leggendaria, il Garuta Mau, una sorta di drago volante con sette teste e trenta corna, dall’alito infuocato e gli occhi di bragia. Il Garuta Mau entra nelle case delle giovani coppie in attesa di un figlio e deposita l’atteso infante sul letto dei genitori, poi chiede un bicchier d’acqua e con la scusa che è stanco resta lì un’ora e cerca di vendervi una multiproprietà.

Il paese con il tasso di natalità più basso del mondo è una piccola repubblica asiatica, il Naput, nel quale la legge concede alle donne di tenere in mano delle forbici mentre fanno l’amore con i propri partner.

La donna più brutta del mondo è Dolores Losiento, una casalinga di Tihuana. È tanto brutta che il governo concede una pensione a chiunque la veda.

L’abate Mendelev scoprì le leggi dell’ereditarietà genetica incrociando diverse razze di fagioli e studiando i risultati di tali incroci. Scoprì anche che una particolare varietà di fagioli produceva fiori più grandi e rigogliosi se gli diceva le parolacce sporche.

Le donne di una tribù di nomadi uzteki sono considerate le più pelose del mondo, tanto che nascono già dotate di decespugliatore.

“Lo strano caso del Dottor Jekill e Mister Hide” è in realtà la cronaca di un amore omosessuale clandestino: non potevano mai farsi vedere insieme.

È vero quello che si dice sulle dimensioni ragguardevoli del membro degli uomini affetti da nanismo? Il giovane studente austriaco Adolf Hitler decise di scoprirlo, ponendo la domanda ad un amico nano ebreo. Quello che scoprì lo cambiò per sempre.

sabato, agosto 27, 2011

Te lo giuro sul canguro

Ora, potrei stare ore qui a raccontarvi delle mie avventure durante i disordini di Londra di qualche settimana fa (ricordate ancora? Quelli con gli autobus incendiati, i negozi distrutti, i palazzi in fiamme... lo sapevate, vero, che adesso vivo nella città che voi guardavate bruciare in televisione mentre mangiavate avide fette di cocomero?). Potrei, ma non lo farò, tanto ha già detto tutto Antonio Caprarica. E comunque non era vero nulla, di quello che ha detto lui: la regina non ha davvero dato fuoco in Trafalgar Square ad una bandiera degli Stati Uniti, e non era vero nemmeno che la Thatcher è risorta dalla morte (è morta?).
Insomma, non starò a tediarvi con queste quisquilie, ma verrò adesso a raccontarvi una piccola e leziosa avventura che mi è capitata in questi tumultuosi giorni.
GiovedÏ ero in farmacia, intento ad occuparmi della importante missione del pulling forward, ovvero spostare in avanti le merci sugli scaffali (ebbene sì, il vostro sta facendo anche questo, scoprendo al tempo stesso nuove dimensioni dell'esistente) per colmare i posti vuoti e rendere il tutto più gradevole alla vista, o almeno questo è quello che dice Larry, il mio manager che somiglia a Mr T. E nel mentre che ero lì, chino sugli scaffali più bassi, mi si affianca uno e mi dice (temo di non essere in grado di rendere né l'intonazione né l'accento, ma se fate un salto a Londra ve lo faccio a voce):
- Escusmi.
- Yes sir (io, senza alzare gli occhi).
- Ai uont nou if iu nou uear bai a... (il familiare accento di casa mi fa alzare lo sguardo: un uomo invecchiato anzitempo, alto ma curvo, gli occhi ispessiti dalla delusione, i capelli radi e bianchi, lo sguardo desolato di chi non riesce ad accettare la realtà che gli si para davanti. Dove ti conduci, vecchio mio, dove vaghi, cosa cerchi, in questo mondo sì difficile?)... a CIPUOT.
Io lo guardo, non capisco, ma chiedo quello che chiedo sempre in queste situazioni.
- Where are you from, sir?
- Am ITALIAN (bello maiuscolo, urlato. Due vecchie si girano spaventate, la guardia giurata mette mano alla pistola, cani abbaiano in lontananza)!
- Allora guardi (rispondo in italiano, sorridente), un attimo e sono da lei.
- Amsorri?
- No, dicevo, sono italiano anch'io.
- Ma che caaaaa...ra persona! Complimenti! Buon soggiorno!
E nel dire questo mi porge la mano. Io, per atavico istinto, la stringo e lui mi tira su, in piedi.
Un po' scosso, gli dico:
- Allora, mi dica, posso aiutarla?
- E che gnente, vede, me sí è scassato l'orologgio e adesso devo trovanne n'antro, ma n'orologgetto da gnente, na robba de plastica, che me frega. Lei capisce, posso guardaí 'r cellulare, ma è 'na rottura de cazzo (giuro che non sto inventando niente), sto 'n giro e nun posso sape' l'ora.
- Aah, guardi, aah, mi lascia la mano per favore, grazie, posti dove comprare orologi da battaglia a Londra ne trova ovunque, ma adesso sono le sei e mezzo, siamo nella City, qui è tutto chiuso.
- Ah, mannaggia ar cazzo.
- Lei dove sta? (nel frattempo lo studio meglio e comincio a pensare che sotto quelle rughe c'è un viso familiare. Devastato dalle privazioni sì, ma familiare).
- A coso, a Stocneuinton.
- Ecco, è più probabile che trovi qualcosa in quella zona che qui, perché...
- Ho capito ho capito, e va bbe', cercherò domani madina pe' vede se se trova quarcosa. Ecco, sa, n'orologio come 'r suo, roba così me serve, da poco.
- Ah, sì, esatto, questo l'ho comprato da Argos.
- Eh?
- Argos, è una catena, i negozi li trova ovunque.
- Come se chiama? Astronz?
- Argos.
- Ahhh, cioè, come se scrive? Ho capito, ho capito. Bene, grazie davero dell'aiuto, è stato prezioso, le auguro una bella giornata e un buon soggiorno, grazzie e tante care cose.
Nel dir questo mi mette il braccio intorno alle spalle e mi accompagna verso l'uscita. Io docile, lo seguo come fosse il pifferaio di Hamelin. Raggiunta la porta, mi libera dall'abbraccio mortale e se ne va, misurando il mondo con grandi passi a compasso e dondolando le braccia attorno a sè.
E' allora che l'incantesimo di occultamento di memoria mi abbandona: líuomo che ha appena lasciato il negozio, simpatico come la lebbra, è Luca Giurato.

Grazie, grazie, siete un pubblico stupendo, grazie. Ora, se permettete, prima di lasciarvi vorrei lanciare un appello in mio favore. Sono povero, ho freddo e dormo sotto i ponti, non mangio da settimane e bevo líacqua dai canaletti di scolo che scorrono ai lati delle strade, ma nonostante tutto questo non ho mai perso la mia dignità.
Fino ad ora.
Infatti sono qui, prostrato in ginocchio di fronte a voi per IMPLORARVI di votare il Blog Ottuso nell'ormai annuale sfida dei Macchia Nera Award, il premio più (inserire aggettivo a scelta) d'Italia, nel quale i blog più (inserire aggettivo a scelta) d'Italia vengono premiati per i loro (inserire sostantivo a scelta) d'Italia.
Quest'anno ho deciso di vincere, e per farlo mi lancio in questa marchetta avvilente: votatemi, votate il blog ottuso nella categoria MIGLIOR BLOG EROTICO. Vi prego, fatelo.
Sì, avete letto bene: MIGLIOR BLOG EROTICO. Questo perché sento che questa nuova sfida mi dà la voglia di scrivere di nuovo come ai vecchi tempi, e vi garantisco che nelle prossime settimane leggerete un sacco di nuovi post qui sopra, e tutti, decisamente, erotici.
E' una promessa elettorale.
No, sul serio, nuovi post.
Votatemi.
PS: avete tempo fino al 2 settembre.

venerdì, luglio 22, 2011

Il fardello dell'uomo bianco (parte due di due)

Riprendono le avventure dei due più famosi "italiani all'estero che vanno alle poste di Città Cupa a chiudere il conto Bancoposta". E' una categoria non aperta a tutti, spero che capirete.

LUNEDI POMERIGGIO
"Allora, la simpatica creatura infernale delle Poste ci ha detto di telefonare a questo numero dopo le ore 14. Che ore sono adesso, cara?"
"Le 13.30".
"Ohibò, non è ancora l'ora di alzare il ricevitore e digitare il codice numerico sul disco rotante. A dipresso, anzi, si tratta di un orario antecedente a quello che ci è stato siffatto indicato, non ne convieni? Non posso altresì fare a meno di notare che si tratta dell'orario nel quale usualmente mi intrattengo farcendo me stesso con copiose quantità di alimenti scelti e cucinati all'uopo. Adunque mia cara, perché non ti rechi in cucina a preparare qualche sana portata e apparecchi il desco dinanzi a me e mi rechi in tavola il desiato cibo affinché possa saziare il mio robusto appetito masticando a quattro palmenti?"
"E tu, invece, perché non te ne vieni un poco a fanculo?"
E così, ridendo e scherzando si fecero le 14...
- Driin. Driin.
"Squilla?"
"Sì".
- Driin. Driin.
"Rispondono?"
"No".
"Ma squilla?"
"Sì".
- Driin. Driin.
"E adesso?"
"Cosa? Se squilla o se rispondono?"
"Se rispondono".
"No".
"Ma squilla?"
"Sì."
- Driin. Driin.
"Magari provo dopo".
Dopo.
- Driin. Driin. Pronto?
- Sì, salve, ciao, buonasera, salve. Senta, niente, volevo sapere, se è possibile, mi hanno dato questo numero, stamattina sono stato alle Poste, agli uffici, lì da voi, stamattina, un impiegato allo sportello mi ha detto, ma non so con chi devo parlare, devo chiudere un conto Bancoposta, allora l'impiegato mi ha detto che dovevo telefonare e chiedere se potevo chiudere il conto Bancoposta, cioé, se è umanamente possibile farlo.
- I conti si chiudono il sabato. Arrivederci.
- No, aspetti, nel senso, cioè, noi sabato non si può, cortesemente, che dobbiamo prendere un aereo e che faccio, gli dico al pilota aspetta che devo chiudere il conto Bancoposta? O alla hostess? Che quelle della Ryanair sono sempre incazzate e se gli chiedi che ore sono ti tirano una testata urlando "E' L'ORA CHE TI LEVI DAL CAZZO!", ma non parlo per esperienza personale, me le sono sempre figurate così, che ti tirano una testata urlando mentre lo chignon si agita vezzoso sulla sommita della testa, coperto dal sangue che ti sprizza dal naso - in seguito alla testata, beninteso.
- Attenda.
- Sì.
"Che dice?"
"Di attendere"
"Cosa?"
"Lo ignoro"
"Quest'attesa è sfibrante"
"Indeed"
- Pronto.
- Sì, eccomi, scusi, mi son distratto un attimo a parlare con la Elle, ma ero qui non dubiti, mi dica, che insomma, volevo chiudere il conto Bancoposta e fremo e non so ben che devo fare se non fremere.
- Attenda.
- Esatto.
"E mo'?"
"Devo attendere"
"Sono preda di ambascia"
"O io?"
- Pronto.
- Sì.
- Senta.
- Sì.
- Ho parlato alla mia collega.
- Sì.
- Mi ha detto che va bene.
- Cosa.
- Potete venire a chiudere il conto.
- Giubilo.
- Ma dopodomani.
- Va benone lo stesso.
- Portate il bancomat e il libretto degli assegni.
- Sono esilarato di giuoia.
- I vostri documenti, fotocopiati in triplice copia.
- Lo faremo con felicità intrinseca.
- Il certificato di nascita, residenza, stato matrimoniale e esistenza in vita.
- Ne convengo.
- Un uovo d'oro, tre scaglie di drago, pelo di cane che ti ha morso, la prima edizione del "De Volture Giubiliis" del Gaberti, settemila euro in gettoni d'oro, una dentiera mai usata, l'abito da sposa di Giulietta Masina, cinquanta rotoli di carta igienica doppio strato, un iPad craccato, un quadro qualunque di Guttuso, un grosso cartello di ferro smaltato con scritto PERICOLO DI CROLLI, la fotografia autografata di Rocco Tanica, un nido di quaglie (non necessariamente pieno), la Numero Uno, l'indirizzo e-mail di Gatto Panceri e due fotografie formato tessera.
- Aspetti che la penna non mi scrive.
- Presentatevi dopodomani alle 14 e chiedete del feroce comandante Ardito.
- Allora, cosa diceva a proposito di quella cosa che ha detto prima?
- Tu-tu-tu-tu-tu.
"Com'è andata?"
"Non lo so".

Piccolo inserto: ma se a me mi chiedono sempre due fotografie formato tessera, perché la macchinetta me ne fa quattro? Che poi a volte ci sono quelle macchinette che te ne fanno quattro, sì, ma con uno scatto solo (o forse era guasta quella che era toccata a me), che se per caso non ti sei accorto che stava per scattare eccole là, quattro foto quattro con te che ti lecchi la mano prima di passartela sui capelli. Prova ad usarla in questura, vai, quando ti chiamano per confermare l'alibi, ah!

Due giorni dopo, siamo dinanzi alle porte delle Poste Italiane, ma l'ingresso era sbarrato. Il timor ci colse, e dinanzi all'antico ingresso favellar più non potemmo. Ove poter condurci, mi volsi allora a Elle, per concluder questo malo affare? Codesto signale, che favella, se non le ore di apertura dell'ufficio? Non dovrebber esser dunque aperte, quelle porte ove si giace la conclusione del conto? Ella mi rispose: non vedi tu che l'orario di apertura è sì giusto, ma coverto da una novella iscrizione? Non vedi forse tu, con gli occhi tristi, che coloro ch'adusi sono al travaglio entro queste mura, sono adonti e rinchiusi in assemblea sindacale? E non scorgono gli occhi tuoi il messaggio che l'orario d'apertura è spostato in avanti, come carro dal carrettiere, di metà del tempo che il sol nel cielo impiega a percorrere la distanza di un'ora? Io lo vidi, e caddi, come corpo morto cade.

Alla fine entriamo (questa storia sta diventando più lunga di Guerra e Pace) e ci dirigiamo speranzosi verso lo sportello dove ci viene riferito staziona il feroce colonnello Ardito. Trattasi di un ometto anziano e sorridente, d'aspetto gentile e dimesso, e tutte quelle coppie di aggettivi gradevoli che volete assegnare ad una persona che poi, alla fine, il conto Bancoposta ce lo chiude (sì, vi anticipo il finale, casomai morissi prima di riuscire a premere il tasto PUBBLICA POST).
L'ufficio è quasi vuoto, ci siamo solo noi e poche decine di persone, tutte in attesa ad altri sportelli. Al nostro sportello c'è una signora anziana dai capelli rosa che ha quasi finito. E' il numero 33.
Noi siamo il numero 34.
La signora dai capelli rosa fa: "bene, ho finito, grazie".
Prende la mazza e, un passettino dopo l'altro, si allontana.
Il feroce colonnello Ardito fa per premere il tasto che fa scorrere i numeri e ci guarda sorridente.
Noi gli sorridiamo di rimando, gioiusi.
La signora dai capelli rosa fa: "un momento, dimenticavo", e torna indietro.
Un passettino dopo l'altro.
Torna allo sportello e fa: "ho dimenticato di ringraziarla".
"Prego signora".
"E' stato davvero tanto gentile".
"Ma si figuri, dovere".
"No, gente tanto gentili come lei non ce ne sono".
"Ma no ma no".
"Insisto. Come posso fare per esprimerle tutta la mia gratitudine?".
"Ma non importa".
"Davvero. Ha dei bambini? Ci posso regalare delle caramelle al rabarbaro?"
"Non ho figli, ma grazie lo stesso".
"Lei mi è così caro".
"Amo tutti i miei clienti".
"Le persone come lei si contano sulla punta delle dita".
"Cosa vuole che le dica, mi piace il mio lavoro".
"E mi dica, ha anche..."
Ma non sapremo mai cosa voleva chiedere, perché in quel momento arriva Elle da dietro e la colpisce fortissimo alla schiena con un calcio rotante, urlando:
"MA TI LEVI DAL CAZZO VECCHIA PUTTANA?!"

Il feroce colonnello Ardito ci chiude il conto Bancoposta in un attimo. I soldi però non ce li dà, perché ce li mandano a casa (in Italia, al vecchio indirizzo) con un assegno da incassare sul nostro conto Bancoposta (WTF?).

Tutto è bene quel che finisce e basta.

martedì, luglio 12, 2011

Il fardello dell'uomo bianco (parte uno di due)

Intanto c'è da dire che adesso vivo in un paese che magari a eleganza, buon gusto e roba da mangiare stiamo un po' indietro (ma tipo tanto), però per quanto riguarda l'organizzazione delle robe del vivere quotidiano, la burocrazia, il disbrigo degli affari quotidiani, ah signora mia, l'Italia è il Burundi (senza offesa per il Burundi che peraltro scopro essere stato colonia prima tedesca e poi belga, quindi magari hanno una struttura statale ereditata dai loro passati dominatori protestanti - non era Weber che diceva che alla base dello sviluppo capitalistico dell'occidente c'è lo spirito arraffone e competitivo e profittante del calvinismo? E io chennesò) punto.
Insomma, per celebrare la nostra prima vacanza italiana decidiamo di andare da Poste Italiane a chiudere il conto Bancoposta.

LUNEDI MATTINA
Arriviamo alle poste e parcheggiamo la macchinina sulle strisce pedonali davanti ad un passo carrabile riservato ai disabili di fronte all'ospedale e alle scuole. Suoniamo un po' il clacson, poi scendiamo parlando a voce alta al cellulare ed entriamo.
Le poste sono state ristrutturate da poco: ci sono nuovi vetri, i muri sono imbiancati di fresco, sono stati persino installati dei nuovi poggianziani (uno non ci pensa, ma guarda che sono indispensabili: metti che devi andare alla posta e hai un anziano con te e non ci sono sedie libere, che fai? Dove lo posi?), senza contare le numerose nicchiette predisposte per l'impiegato che non ha voglia di lavorare ma non vuole che la gente gli rompa le palle: basta entrare in un cubicolo, sedersi, prendere in mano un telefono e far finta di telefonare. Oppure, meglio: si entra in due (entrambi in pausa caffé), ci si siede uno al posto dell'impiegato e l'altro al posto del cliente, e si chiacchera amabilmente del regalo da fare alla Gisella che si sposa, o delle trattenute esose in busta paga, o delle vacanze a sciarmelsceich.
Ed è proprio verso uno di questi cubicolo che ci dirigiamo, attratti dalla scritta SERVIZI FINANZIARI come le zanzarine sono attratte dalla luce azzurra, che però poi dopo zap. Ci affacciamo alla porticina e vedo il promotore finanziario di Poste Italiane seduto con i piedi sul tavolino e una birra in mano, e davanti a lui il cliente con i piedi sul tavolino (dall'altra parte) e un negroni in mano. Quando mi vedono fanno un gesto come a dire "il conto", io li guardo così e allora quello che faceva la parte del cliente si alza e se ne va, con questo sguardo diretto verso di me.
Then io e Elle entriamo sorridendo timidi e l'impiegato fa "un attimo", alza la cornetta del telefono (che non stava suonando) e dice "pronto". Poi tace per cinque minuti, fissando la parete e ascoltando un monologo evidentemente interessantissimo. Poi dice "no" e riaggancia.
Infine si volta verso di noi, così.
"Ditemi".
"Sì, senta, noi si voleva chiudere il conto Bancoposta perché, so che sembriamo due sfigati, ma senta un po' che cosa ganza abbiamo fatto, ci siamo trasferiti a Lon-"
"I conti Bancoposta non si chiudono qui. Noi li apriamo e basta".
"Ah. E allora come si fa? No, perché noi ci siamo trasferiti a Lon-"
"Dovete prendere un appuntamento con un responsabile".
"E come si fa? C'è un numero da chiamare? Perché noi non ci s'ha tanto tempo, bisogna tornare a Lon-".
"Macché telefonare. Prendete un numerino. Aspettate il vostro turno. Vi chiamano allo sportello. Vi danno l'appuntamento".
"Capito. No, perché sa, le cose a Lon-".
"IL PROSSIMO!"
Ci allontaniamo mentre un cameriere entra nel bugigattolo dicendo "chi ha ordinato i due Campari?"

In genere, quando faccio la fila da qualche parte ed aspetto con il mio numeretto in mano, succede una cosa stranissima: tipo che io ho il 48, adesso serviamo il 35, adesso il 36, non c'è il 36? Il 37? Nemmeno? Allora il 38, 39, 40? Nessuno ha questi numeri? 41, 42, 43, 44, 45, 46 (intanto io mi avvicino trepidante, sono passati due minuti da quando ho preso il numeretto e tra poco tocca a me, solo un numero mi separa dallo sportello, oh gioia oh gaudio), c'è il 46? No? E il 47?
"Si, eccomi".
E si avvicina allo sportello una grassona oscillante su due gambotte dondolone, che ci lancia uno sguardo sornione. Vabe', ci diciamo, che c'avrà da fare questa, voglio dire, va alla posta, dovrà pagare un bollettino, mandare una raccomandata, cose così, guarda, tempo cinque minuti, massimo dieci (ma proprio a esagerare, eh) tocca a noi.
Ventisette lentissimi minuti dopo...
"E' andata via?"
"No, è ancora lì. Continua a dormire, ti sveglio io quando tocca a noi".
Tempo dopo (impossibile sapere quanto, la carica dei cellulari si è esaurita)...
"Elle, svegliati"
"Tocca a noi?"
"No, è che il tuo turno di montare la guardia. Tieni, prendi il fucile, ho sentito ululare in lontananza".
(Nel frattempo sullo sfondo passa un cameriere gridando "Per chi è lo spritz?").

"Numero 48"
"Salve siamo noi. Senta, simpaticamente, dobbiamo prendere un appuntamento per chiudere il nostro conto Bancoposta, abbiamo lasciato l'Italia (che è il paese che amiamo) e ci siamo trasferiti a Lon-"
"Va bene".
"Davvero?" Elle comincia a piangere piano.
"Sì".
"Allora, ce lo dà lei l'appuntamento?"
"Sì".
"Che bello, grazie".
"Prego".
"..."
"..."
"..."
"..."
"Ce lo dà?"
"Cosa?"
"L'appuntamento. Per chiudere il conto. Il conto Bancoposta". Elle smette di piangere e mi stringe forte la mano.
"Ah, sì. Ma non adesso. Adesso ho la pausa caffè".
La mano mi fa male.
"Ma poi torna".
"Sì".
E svanisce in una nuvola di zolfo.
Lo troviamo in uno stanzino che guarda video di gattini su Youtube.
Dopo averlo evocato sgozzando un capretto nero, ci rivela che i conti si chiudono su appuntamento e solo il sabato (il sabato?) e il nostro aereo per Lon- parte sabato mattina presto, quindi nisba. Però ci rivela che, telefonando a questo numero e chiedendo di Cicillo o'fetiente è possibile vedere se magari forse c'è la possibilità che sia il caso eventualmente casomai chissà potrebbe darsi di ottenere un appuntamento.
Ringraziando così ce ne andiamo rinfrancati dell'aver trovato un ambiente tanto cordiale ed a misura d'uomo (e di donna).

(continua...)

mercoledì, maggio 18, 2011

La lista è vita

Quando cominciai a scrivere sul blog (quanto tempo fa? Non lo so già più. Potrei controllare nell'archivio, ma provo a memoria: mi pare fosse nel settembre 2006, sbaglio?), quando cominciai a scrivere sul blog, aspetta, questa frase non va, ricomincio da capo.
I primi post avevano una cadenza giornaliera: arrivavo alle cinque e mezzo del pomeriggio, mezz'ora prima di lasciare l'ufficio, aprivo la pagina di blogger e poff! il post arrivava da chissà dove. In realtà gli argomenti me li preparavo prima, magari mi ispirava qualcosa che mi succedeva durante il giorno, o un articolo di Repubblica, o un film visto la sera prima, o una telefonata. Ma quello che ci mettevo dentro, la cornice, l'impostazione generale arrivava di getto.
E' stato un periodo, lo ammetto, glorioso: le visite crescevano ogni giorno, i commenti pure, avevo anche commenti da gente che poi è diventata famosa, tipo Makkox, che ora non mi calcola più (eravamo ragazzi insieme in via Gluck). Poi cambiai modo di scrivere, rinunciai ai post quotidiani per cercare roba più mediata, cercando di andare un po' più in profondo. A volte me li scrivevo prima, su un quaderno di appunti o direttamente nella testa, cercavo il modo di addomesticare una frase, insomma, era lavoro di fino. E devo dire che, se ci sono post di cui vado orgoglioso, sono quelli che ho scritto in quel periodo, anche se non me ne ricordo più nemmeno uno (è demenza senile precoce) (oddio, precoce).
In genere più il post si faceva attendere, più era elaborato, profondo, cesellato. Verrebbe da pensare, ne consegue, che questo coso che stai leggendo adesso sia il post più pensato della storia dei Post Ottusi, tanto è il tempo che ci ho messo a buttarlo giù. Ma vi devo confessare una cosa: in questi mesi, mica sono stato lì a pensare a cosa scrivere stasera.
No.
Per unca.
In questi mesi sono stato impegnato nel cercare di adattarmi allo stile di vita della terra di Albione, ad avviare la mia nuova carriera professionale da Boots (ahahahah) e anche a lavorare su un paio di progetti che. forse, un giorno vi dirò.
Ma non si può star tanto lontani da qui. solo che è cambiato il mio modo di approcciarmi a questo mezzo, mi annoio facile, lo ammetto, e il Blog Ottuso, che ci voglio bene e lo sapete, ora mi annoia un po', le cose da scrivere le ho scritte, l'header l'ho cambiato, eccetera eccetera eccetera. E allora mi sono detto: ma visto che mi va di scrivere e mi va di scrivere su un blog e mi va di scrivere su un blog ma non sul Blog Ottuso, mi faccio un nuovo blog.
Intendiamoci: qui non si chiude, non cancellate gli abbonamenti al feed che ogni tanto continuo a scriverci (tra l'altro mi sta venendo giusto in mente una nuova Rubruca Aperiodica...), ma nel frattempo che si aspetta che maturino nuove idee, abbuonatevi anche al Blog delle Liste, che è un po' un giochino, un po' un esercizio di traduzione, visto che gran parte dei testi vengono da un libercolo che ho trovato qui e che mi diverto a tradurre.

Mi smentisco subito (questo post non è preparato, lo sto scrivendo mo' mo' che lo penso): mi sono accorto che ho in preparazione un post per il Blog Ottuso, visto che una cosa che volevo mettere come chiusa (la differenza radicale tra l'Italia e il Regno Unito) in realtà è cosa troppo vasta per essere apposta come aforisma. Urge lavorarci meglio, scrivere scrivere scrivere.

Il vento si sta alzando, gonfia le vele, sollevate l'ancora che si parte.
Mi seguirete in queste nuove avventure, amici?

mercoledì, aprile 06, 2011

I DIVI!!!!!!

Cari cosi, lo so che vi garberebbe sapere qualcosa di Londra, e perché e percome, e cosa faccio per vivere in queste terre dimenticate da Dio ma abitate dal bacon, e come sia possibile che ancora non mi sia convinto a tornare sul patrio suolo.
Lo so, vi garberebbe sapere tutto.
Anche a me, tra l'altro.
Ma dovrete trattenere, o superstiti quattro lettori, la vostra audace curiosità: il prossimo post dell'espatriato è in preparazione, nel frattempo vorrei segnalarvi un'iniziativa della mia associazione culturale preferita, l'amata SLOWCOMIX, che ha partorito, sotto gli auspici del fervido ingegno dell'immaginifico Pitoff e con la valente partecipazione del Prez (e anche un pochino di Velapoma, via, va detto), la meraviglia che potrete trovare digitopressando il seguente collegamento:


I DIVI


E' roba importante, bella da paura (DAPPAURA!). Parlatene in giro, perché dispiacerebbe se la cosa morisse lì.
Ma non morisse lì, ne sono certo.

A presto,

dalla perfida Albione,

sempre vostro

Heike

PS: di seguito la locandina, da paura pur'essa.



venerdì, febbraio 25, 2011

His first day at the new job

Com'è, come non è, son come un topo nel formaggio.
Cheddar, of course.
Con gli inglesi mi trovo bene, a parte il fatto che non ne ho conosciuto nessuno e ho fatto amicizia solo con spagnoli e italiani, ma devo dire che apprezzo la naturale riservatezza e maldisposizione d'animo di questa gente (i britons, intendo).
Gente che è cortese e gentile fino alla nausea, ma che si incazza abbestia se non rispetti la loro etichetta: se salti la fila, tossisci senza coprirti la bocca, non ringrazi, non dici per favore, tutte quelle cose che la mamma si sforza di farti imparare quando sei piccino perché, presumibilmente, lei lo sapeva già che saresti finito a vivere a Londra.
Poi, dire che Londra è una città multietnica mica rende l'idea: ci sono interi quartieri popolati esclusivamente da giamaicani, o pachistani, o cinesi, o indiani, o neozelandesi. Noi siamo a Kilburn, che è un po' una fotografia (in piccolo) della natura variegata di Londra, visto che ci sono facce di tutti i colori.
Alle macchine che vengono da sinistra mi sono abituato abbastanza in fretta, oltretutto ci sono queste scritte sull'asfalto (LOOK LEFT, LOOK RIGHT) che ti aiutano ad abituarti piuttosto in fretta. Quello che invece ancora mi sorprende è quando sbircio dentro le macchine e vedo che il posto del guidatore è dalla parte sbagliata. Per un attimo penso (sempre!) che siano auto fantasma condotte da spiriti vendicativi.
I trasporti costano TANTISSIMO: un biglietto ordinario della metro costa 4 pounds (4,67 Euro); una corsa in autobus 2,20 pounds (2,57 euro), e quando scendi non puoi usarlo più. L'unico modo per salvare un po' di soldi è prendersi la Oyster Card, che è una tessera magnetica che puoi usare in due modi: o come una ricaricabile, caricandoci sopra qualche pounds e spendendoli per i viaggi (in questo modo la metro ti costa 1,90 pounds, e l'autobus 1,20, e comunque non ti vengono detratti più di 8 pounds al giorno), oppure ci carichi sopra un abbonamento giornaliero, settimanale, mensile o annuale. Spendi comunque un botto, ma fa meno male.
Mi manca l'Italia? Per niente: gli italiani sono ovunque, e i giornali british ogni giorno se ne escono con qualche articolo ridacchiarello su B. e i suoi scandali. Mercoledì ho fatto ridere la mia insegnante di lingua scrivendo una intervista immaginaria a B., seduto in mutande sul letto circondato dalle sue ragazze.
A proposito di italiani: due settimane fa sul 98 abbiamo orecchiato una conversazione tra una pugliese trapiantata a Londra e una sua amica che è venuta a trovarla. Questa non si capacitava del fatto che i britons non mangiano pasta tutti i giorni, e non capiva cosa potessero mangiare: personalmente apprezzo molto, ma molto il bacon, il sidro e tutte le porcherie precotte che trovo da Sainsbury's, mentre la pizza proprio non si può mangiare (in questo momento mi sento molto "italiano all'estero che parla di come si mangia bene in Italia", ma è vero, mi manca la pasta al pesto, che ce voi fà).
Mi mancano anche i fumetti. Sono stato da Forbidden Planet, ma proprio non è cosa: più che una fumetteria è un megastore di pupazzetti, maglietti e gadgets, ed è troppo emotivamente arido perché possa apprezzarlo.
A Londra c'ero stato dieci anni fa con Giangi, ero più giovane e deprimibile, facile agli entusiasmi così come alle delusioni. La Londra di oggi brilla di meno, forse, ma ha un sapore decisamente più gradevole.
Quando venite a trovarmi fatemi uno squillo, che andiamo al pub a farci una birra.