venerdì, ottobre 31, 2008

Nuoce abbastanza alla salute

Mi dice coso che si sente che sono in periodo di stanca creativa, che non coso, scrivo, più come prima, che sembra che non c'ho più tanta voglia.
Vero.
Perchè mi manca la cosa, la voglia di mettermi a faticare un poco.
Però son bravo io a scrivere, io so scrivere meglio di così, se volessi, potrei cosare un nuovo Guerra e Pace. Ma perchè dovrei farlo? Ce già quello vecchio.
Bòn.
Tutto questo per:
1 - lamentarmi;
2 - rispondere alle vostre lamentele che qui non ci si diverte più come prima;
3 - mostrarvi il nuovo rutilante leiaut del blog (anche agli abbonati, plìs);
4 - avvertire il gentile pubblico che domenica sarò, splendido, in quel di Lucca, a fare bella mostra di me per le vie, e a bullarmi con gli autori del fumetto indipendente (e mainstream) (mica ti offendi, vero, capitano?).
Chi volesse vedermi, tangermi o farsi ritrarre in pose plastiche accanto a me con le macchinette usa-e-getta della Kodak, mi scrivesse a blogottusoCHIOCCIOLAgmail.com e io ci dò il mio numero di talefono, che poi ci mandiamo i messaggini e le telefonatine e gli MMS e gli squillini per dirci "ti penso".
Vi odio tutti.
PS: CHIOCCIOLA sta per @. No, per dire.
PSS: a Lucca ci stanno i calendari. ACCATTATEVILLI!

mercoledì, ottobre 29, 2008

La fiamma imperitura

Io ce l'ho, la soluzione politica.
Perchè è evidente a tutti, e lo è ormai da anni, che a sinistra, nella sinistra italiana, manca un leader vero.
Quello che ti convince, che ti trascina.
Un Obama, un Clinton. Il Blair dei primi anni, Zapatero, Berlinguer (o Berlìnguer?).
Quello che quando parla, te stai zitto, qualunque sia il tuo colore politico, perchè ti sembra che le sue parole trascendano la realtà, incorporino il tuo pensiero tutto, e ti illuminino la via.
La via della giustizia sociale, della democrazia, della pace.
Un puro, un giusto, un santo.
Non Veltroni.
Che pure è simpatico, eh, nessun dubbio, ma, dobbiamo infine ammetterlo, in quanto a carisma...
Ce ne ha di più Osvaldo Litelli.
Chi?
Appunto.
E allora io ce l'ho, la soluzione politica.
Perché è chiaro che il problema è il ricambio generazionale che non c'è, l'arrivo stanziale di carne fresca, nuovi cervelli, competenze nuove.
Mica puoi sempre fare a turni, scende Prodi sale D'Alema, scende D'alema sale Amato, scende Amato sale Rutelli, scende Rutelli sale Prodi, scende Prodi sale Veltroni (intanto Rutelli di corsa al pronto soccorso, perchè scendendo è inciampato su se stesso e s'è fatto male all'autostima).
No no no.
Gente nuova ci vuole, gente onesta, ci vogliono menti che non siano anchilosate dallo star sempre sedute sullo scranno parlamentare, coscienze ancora immacolate, ci vuole la voglia, la forza e l'entusiasmo di cambiare.
E allora io, lo ripeto, ce l'ho la soluzione politica.
Perchè non si tratta solo di svecchiare le facce, no, qui si tratta di tornare alle origini, tra la gente.
Ci vuole un leader che sappia cosa vuol dire lavorare, alzarsi la mattina presto, sbattersi, mantenere una famiglia, fare un lavoro che non è quello che hai sempre sognato, combattere per il rinnovo del contratto, stringere i denti, serrare i pugni, lottare.
Ci vuole un leader che sappia cosa voglia dire combattere, uno che abbia sentito l'amaro sapore dell'umiliazione, della sconfitta, uno che conosca il desiderio di riscatto, uno che sappia parlare alle persone perchè lui è uno di noi, uno del popolo, un uomo comune.
Un uomo come tanti.
E io ce l'ho, questo nome, la soluzione politica.
C'ho pensato tanto, e ho capito che il nuovo leader della sinistra deve essere in grado di evocare grandi sogni, ma anche di parlare del concreto, dei problemi delle persone.
Deve essere slegato dalle vecchie lobby di potere, un battitore libero.
Deve avere gli occhi dello squalo, una gran voglia di sbranare l'avversario, di vincere.
Deve essere anche un bell'uomo, 'che davanti alle telecamere non sembri una balla di cenci cascata da un camion.
Deve essere un volto familiare, rassicurante, gentile, amabile.
Deve essere abituato alle sconfitte e alle umiliazioni.
Deve conoscere bene i nostri avversari, Berlusconi, la Mediaset, il falso mondo delle televisioni commerciali.
Deve essere un compagno, uno di noi.
Signori, il mio candidato leader della sinistra.

C'ho anche pronto lo slogan:
VOTA PD, PERCHE' GIORGIO NON E' FELICE

giovedì, ottobre 23, 2008

Trovarci una morale

Qualche anno fa, quando ancora studiavo (ah ah) all'università, ero sempre povero.
Ma non povero da Caritas, povero che magari uscivo con gli amici e non potevo andare oltre la terza birra, perchè avevo il portafogli vuoto. E indubbiamente questo era triste.
Ora, io capisco che non sono notizie interessanti, tutti gli studenti universitari sono poveri (tranne certi che ho conosciuto, che il babbo pagava gli studi, le vacanze, la macchina, i vestiti, le feste. Come me, solo che io ero povero), dicevo, son notizie poco interessanti, perchè in effetti non dicono niente di nuovo, e lo diceva anche John Pulitzer, che un cane che morde un uomo non fa notizia, ma un uomo che morde un cane si (Uomo morde cane, ma gli restano i peli in bocca. "Non so cosa mi abbia preso" le parole dell'aggressore. "Bau bau" dichiara la vittima).
E allora, siccome mi ero stancato di essere sempre povero, mi trovai un lavoretto part-time, che, come tutti i lavoretti part-time degli studenti, era orribile.
No, non spalavo merda di elefante. Magari.
Ero un incaricato del recupero crediti.
In giacca e cravatta, andavo a casa dei clienti morosi di una multinazionale finanziaria e riscuotevo i soldi, maggiorati di spese e interessi.
Mi sento sporco.
-
Ma in realtà non era un brutto lavoro, se ignoro la realtà e mi immergo in un reame fantasioso dove tutti sono buoni.
Una cosa che succedeva spesso in quei tempi era non riuscire a trovare la casa dei debitori.
Tipo.
Ho un appuntamento alle 16.00 con la società Budino spa in via Sasuke 195/C. Con largo anticipo raggiungo via Sasuke, faccio per imboccarla e scopro che è un senso unico, e io sono dalla parte sbagliata. Poco male, svolto a destra, di nuovo a destra (ach, un altro senso unico! Che birichini), allora proseguo dritto, svolto a destra ed eccomi in via Sasuke. Mmh, che faccio, svolto a destra o a sinistra? Non vedo i numeri civici. Allora cerco un posto e parcheggio (a un chilometro, ovvio).
Eccomi qua su via Sasuke, devo raggiungere il numero 195/C. Questo è il...192.
Bene, dovrei essere vicino, ma sono dalla parte sbagliata della strada.
Attraverso.
Okay, questo portone è il civico numero...
3.
Respira lentamente.
A piedi, mi incammino, fa caldo (quando ero a piedi faceva SEMPRE caldo, e c'era SEMPRE il sole. Tranne quando nevicava). Dopo mezz'ora, mi avvicino al traguardo.
Civico 187.
Civico 189.
Civico 191.
Civico 193.
Civico 193/A.
Civico 193/B
Civico 193/B interno 1.
Respira Heike, respira.
Civico 195.
Civico 195/A.
Dai, ci siamo quasi.
Civico 195/B.
Civico 195/D.
...
Un attimo.
Torno indietro. 195/B. 195/D. Tra le due case un vicolo, che a malapena ci passa un gatto, ma non lo fa perchè non ha interesse ad andare oltre.
Qualcuno, sul muro, ha scritto a mano "la numerazione prosegue all'interno" e "attenzione, cane feroce" e "occhio alle merde".
Entro nel vicolo e trovo una piazzetta, mi avvicino a una casa e leggo il numero sulla porta.
195/B/bis.
Una vecchia, su un terrazzo, mi deride.
Io la insulto.
Lei mi rovescia un secchio in testa.
Spero sia acqua.
Dall'altra parte della piazzetta, si estende a perdita d'occhio il prato più grande che abbia mai visto, e, in fondo, piccina, una casa.
Mi incammino.
Dopo dieci minuti, un avvoltoio gentile mi fa scudo alla luce del sole, volteggiando sempre più basso sopra la mia testa.
Dopo venti minuti, gli avvoltoi sono due.
Dopo mezz'ora, interviene l'aviazione per disperdere lo stormo di avvoltoi che disturba la copertura radar.
Arrivo alla casina, sono le 16.05, mi avvicino alla porta e sento il mio corpo stranamente leggero (ho perso dieci chili). Leggo il numero civico sul muro.
195/C.
Piango dalla gioia, ripenso alla mia infanzia, alla mia adolescenza, a tutta la mia vita, e sento che il mio vissuto personale acquista un senso, e che il mondo è un meccanismo perfetto che n
C'è un bigliettino sulla porta.
LA DITTA BUDINO SPA SI E' TRASFERITA.
-
Per dire che a volte è meglio essere poveri.

lunedì, ottobre 20, 2008

E la luce fu


Amici.
Compagni.
Lettori fidati.
Abbonati.
Cosi.
Siamo giunti ad un importante annuncio. Rullino i cosi, lì, quelli tondi, dai, i tamburi, che oggi è il giorno del quale i nostri discendenti parleranno per lungo tempo, forse anche alcune settimane.
Si, perchè oggi viene alla luce ed emerge con forza un progetto a lungo cosato, come si dice, dai, quando la gallina sta sopra le ova, covato, bravo. Si, è con viva partecipazione che vi presento


“I Visionauti”


un progetto molto bello e importante che promuovo, nel mio piccolo, con grande gioia.
Cos'è i Visionauti? Rubo le parole al mio amico BP, consigliere dell'associazione in questione e ideatore del progetto stesso insieme al buon Niccolò Storai:
"in breve, i Visionauti sono 32 artisti italiani e stranieri che hanno realizzato, a scopo benefico, un calendario in 2 versioni per conto della sezione di Prato dell’Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi.

Al progetto, coordinato e diretto con passione e maestria dall'amico Niccolò Storai, hanno aderito, fra gli altri: Scott Morse, Ivo Milazzo (autori delle 2 copertine, che potete vedere in anteprima in cima al post), Miguel Ángel Martín, Leo Ortolani, Paolo Bacilieri, Aleksandar Zograf, Werther Dell’Edera, Massimo Bonfatti, Stefano Misesti, Massimo Giacon e Dave Taylor. Tutti nomi che credo non abbiano bisogno di presentazioni.
Le 2 versioni differiscono completamente l’una dall’altra e contengono ciascuna 15 disegni ed un racconto di Lorenzo Bartoli (tutto materiale inedito). I proventi della vendita serviranno interamente per continuare a garantire servizi utili ai portatori di handicap della vista.
Si può acquistare, al costo di 10 euro, nei seguenti modi:
- alla prossima Lucca Comics (30 ottobre-2 novembre, presso gli stand Double Shot, Leopoldo Bloom, Passenger Press, ReNoir, Tespi/Nicola Pesce e Tunuè)
- attraverso il catalogo Anteprima che presenterà il calendario nel numero di novembre;
- presso la fumetteria “Mondi Paralleli” di Prato (v. Ser Lapo Mazzei n° 26, tel. 0574-41903, e-mail mondi_paralleli@inwind.it);
- scrivendo all’indirizzo: visionauti@gmail.com.

Grazie a tutti quelli che vorranno contribuire!"

The Visionauti are 32 italian and foreign artists who realized, for a charitable aim, a calendar in two versions, for the account of the Prato section of the "Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi". Between them we remember: Scott Morse, Ivo Milazzo, Miguel Angel Martin, Leo Ortolani, Paolo Bacilieri, Aleksandar Zograf, Werther Dell’Edera, Massimo Bonfatti, Stefano Misesti, Massimo Giacon and Dave Taylor. The two versions are completely different one to the other and each one contains 15 drawings and a short story by Lorenzo Bartoli (everything is unpublished). The income deriving from the sales will be entirely used to continue to guarantee useful services for sight disabled people. You can buy the calendars for 10 E. each during the next Lucca Comics (30th october-2nd november at the stands Double Shot, Leopoldo Bloom, Passenger Press, ReNoir, Tespi/Nicola Pesce and Tunuè) or writing to: visionauti@gmail.com

Gente, non fatemi sfigurare, acquistate e diffondete la notizia! Cose c'è di meglio di un bel calendario, per allietare le vostre abitazioni?
Fate che Devil, il superoe non vedente, sia fiero di voi!
E anche io, su.

sabato, ottobre 18, 2008

Avalon

Io la penso come Sherlock Holmes, su una certa cosa. Che quando il dottor Watson lo conosce, si stupisce che una persona intelligente come lui non sappia nozioni elementari, tipo che il sistema solare è composto da nove pianeti, o che il parlamento britannico è diviso tra Camera dei Lord e Camera dei Comuni. Al che Holmes gli risponde dicendo (e anch'io lo penso) che secondo lui la mente umana non è un pozzo capace di assorbire nozioni all'infinito, ma, al contrario, più di tanta roba non c'entra, aivoglia a spingere. Quindi lui preferiva ricordarsi cose che gli servivano davvero, nozioni di chimica e criminologia e oppiacei, tipo, piuttosto che quelle robe inutili lì, quelle che diceva prima, mio caro Watson. E anzi, si impegnava a cancellarle dalla mente il prima possibile.
Ecco, anche io la penso così, che non posso stoccare informazioni all'infinito, che prima o poi mi scoppia il cranio, e anche se lo so che il cervello non funziona così, e infatti una volta ho letto una roba difficile difficile che mi aveva consigliato Giangi, e lì c'è scritto che il cervello immagazzina le nozioni come codici cifrati contenenti la propria stessa cifratura attraverso la rete neuronale, o una cosa così, e mica sono cassettini, i neuroni, dove te ci metti le cose come fogli scritti, no, mica è così.
Però son convinto che alla fine mi scoppia il cervello, e infatti io quella cosa difficile lì mica l'ho capita, facevo lo sborone, me la portavo in treno e facevo finta di leggerla e la gente mi fermava e mi faceva, ma lei che legge quelle robe difficili lì, senta un po', cosa devo fare per essere felice? oppure, è l'ora di investire in obbligazioni Sputo? oppure, sa mica che ore sono? e io mi sparavo le pose da intellettualone.
E quindi io penso che verrà un giorno in cui non riuscirò più a ricordare niente di nuovo, perchè il cranio sarà saturo, e non so come fare, perchè, non è che le cose che non faccio come Sherlock Holmes perchè i miei ricordi sono importanti, no, non faccio come lui perchè non so come si fa, 'che le cose che ricordo io son tutte cagate.
Io, se devo pensare al ricordo più inutile che ho, non so scegliere, tanta la spazzatura che conservo, ma ce n'è uno che mi inquieta, ed è (Dio abbia pietà della mia anima) una puntata di Forum, con Rita dalla Chiesa e il giudice Santi Licheri, ed era uno speciale natalizio, con dei bambini che denunciavano altri bambini, e c'era un bambino che citava in causa un coetaneo che durante una partita di calcetto aveva fatto l'arbitro e non aveva fischiato un fuorigioco. Il giudice ascolta le parti, si ritira per deliberare, poi ritorna e dice che ha ragione il bambino arbitro perchè, secondo il comma quarto dell'articolo sesto del codice di procedura di stacippa, nel calcetto il fuorigioco non esiste. Così è deciso, l'udienza è tolta, andate in pace.
Perchè qualcuno non viene qui e mi rimuove il cervello dal cranio?

giovedì, ottobre 16, 2008

Il demiurgo

Non bisogna essere disattenti, nelle cose che si fanno.
Occorre porre attenzione, una certa cura, onde evitare che errori, evitabili si, ma alquanto madornali, possano creare delle situazioni, o delle mancanze, che poi si ripercuotono per tanto tempo.
Ad esempio, tanto per non essere autoreferenziale (questa è una litote, cioè quella figura retorica di senso per cui dico una cosa negandone il contrario. Anzi no, aspetta, non ho negato il contrario. Per nulla. Fatemi riguardare un attimo. Mm. Proprio no. In effetti avrei dovuto dire qualcosa tipo sapete che non parlo mai di me. No. Nemmeno, questa è l'antifrasi (altra figura retorica per cui si usa un'espressione intendendo un significato opposto a quello proprio. Un momento, ma questa è una seconda parentesi? Sto usando una parentesi all'interno di una parentesi? Aspettate, provo a chiuderne una) Ecco fatto. Però mi è rimasta aperta la prima (in realtà la mia figura retorica preferita è è la simploche, che consiste nella combinazione di una anafora con una epifora (la prima indica la ripetizione di parti di...ma sto usando una parentesi all'interno di una parentesi all'interno di una parentesi?) Mi sto facendo prendere la mano) Adesso basta però) Altrimenti diventa una buffonata) OH NO! NE HO CHIUSA UNA DI TROPPO! E' terribile!
Ho commesso un errore a quale non è possibile porre rimedio! Dei, perchè mi maledite? AAAH!

lunedì, ottobre 13, 2008

Della difficoltà di generare contenuto interessante

Quando nacque, Ilario Spandiblatte non era ancora famoso, ma questo non lo fece recedere dalla sua decisione. Fermo e resoluto, nacque al mondo il sette aprile del 1856.
La madre, Irsicana Palafreni, era una celebre artista circense, conosciuta in tutto il mondo, in particolar modo in Romania, per il numero di acrobazia durante il quale eccetera eccetera. Fu proprio durante una di queste esibizioni che eccetera eccetera, e, incredibile! l'uomo che la afferrò al volo prima che andasse incontro a morte certa altri non era che lo czar di tutte le Russie. Ma questa è un'altra storia, e non gliene frega niente a nessuno.
Il padre, Peretto Termopilo Stalislacchio Spandiblatte, detto lo Scolo, era un abituè, o habitue, o abituas, o hibytou, delle più sordide baracche del porto di Lisbona, nelle quali si intratteneva con donne di malaffare, uomini di malaffare, oggetti di malaffare, il tutto sotto le mentite spoglie di ficus benjaminus. Dopo due mesi, notando che le foglie non ingiallivano e la pianta non moriva nonostante la corretta esposizione al sole, una giusta quantità d'acqua, aria pulita e salubre, gli avventori si avvidero che nella pianta risiedeva qualcosa di strano e malvagio, e la gettarono nel porto. Lo Scolo, annaspando nel metro e mezzo d'acqua del molo, rischiava di morire, quando, del tutto inaspettatamente, fu tratto in salvo dallo czar di tutte le Russie, che passava di lì.
E fu proprio tra le ampie braccia dello statista che i due giovani si conobbero e iniziarono a frequentarsi, scoprendo di avere in comune numerosi tratti caratteriali, non ultima la tendenza ad accumulare lo sporco sotto le unghie in appositi contenitori.
Dopo pochi mesi, i due fuggivano insieme.
Inseguiti dall'Ochrana, la polizia segreta zarista, Irsicana e Peretto attraversarono tutta l'Europa, fino a che non si ritrovarono, poveri, disperati e stremati dalla fame e dal freddo inverno polacco in, per l'appunto, Polacchia.
Qui la donna, ormai eccetera eccetera, senza alcun eccetera eccetera, diede alla luce il frutto del loro amore, colui che avrebbe redento i cuori di molti: Ilario Spandiblatte. Purtroppo il bimbo si ritrovò orfano ben presto, quando i genitori furono arrestati e condannati a morte attraverso un supplizio oggigiorno condannato da tutti i maggiori governi del mondo (tranne la Polacchia): la morte per garrota e Maurizio Costanzo.
Orfano e proprietario di nient'altro che due milioni di scatolette di sporco sotto le unghie, Ilario eccetera eccetera.
Ma anche questa è un'altra storia, eccetera eccetera.

venerdì, ottobre 10, 2008

Un giustificato motivo per (parte quindicesima)

Ritorna il mio amico Giangi (a-ehm, per evitare dubbi ed incomprensioni, NON è un mio pseudonimo. Io non sono così tanto di fòri), che ci tedia delizia con le cronache dei suoi viaggi in treno. Qualcuno si ricorda ancora di cosa stava parlando?
Io no.

Heike

E' un balzo, lento, interminabile, come un'assolo jazz di Jeff Beck, come una nota blues di Seteve Ray Vaughan, mi sento sospeso nel vuoto. Sto scendendo dal treno o sto approdando sulla Luna? Le luci del mondo disegno un paesaggio accecante, quasi lunare, fuori dal tempo e dallo spazio, mi sembra di essere stato per tutta una vita in un tunnel infinito, pieno di ricordi che di tanto in tanto accendevano una soffusa candela tra riflessioni fuligginose. Lascio il passato alle spalle, questa luce è così inebriante, intrigante, perchè non seguirla, perchè soffermarsi, il salto ormai è fatto, mi ancoro a intuizioni e spunti fraterni attingendo a quella quella massima che dice che nella vita ci son passi che si fanno solo in avanti, questo è uno di quelli, e allora via! valige incamminiamoci.
Pian piano il bagliore intorno a me si attenua, la stazione di Bologna comincia a delineare le sue infinite strade, come canali olandesi, sembrano tutte accessibili, possibili, pronte ad essere percorse. Impossibile abbracciarle tutte, solo una è quella corretta, ma proibitivo è cimentarsi in una scelta senza chiedere l'aiuto esterno di un tabellone ferroviario. Spero quest'ultimo sia meno crudele e spietato di quello incontrato a Milano. Questa volta pare non ci siano vincoli di tempo, quell'esigenza di dover fuggire dalla nebbia al più presto si è dissolta sulla banchine del binario 16 e 21 e lungo le rotaie di un tragitto senza deviazioni. La fame comincia ad assalirmi in maniera prepotente e implacabile, ma son troppo curioso di sapere dove mi porterà questa volta il destino, non resisto, cerco da qualche parte la scritta Prato. Eccola, mi appare subito, binario 3, ore 14:45.
Tiro un bel sospiro di sollievo, direi che ho un sacco di tempo, posso permettermi un pò di tranquillità finalmente, per poi magari perdermi nei sottoscala di questa stazione che comincia già a rimanermi simpatica. Neanche il tempo di crogiolarmi in questo stato di pre-ozio che volgo lo sguardo accanto alla spia luminosa del tabellone che indica i treni in partenza.
A caratteri cubitali è impresso il numero 14:28. Maledizione! Provo a stropicciarmi gli occhi, forse ho letto male, magari la stanchezza mi ha portato a visualizzare numeri a caso, non so, a fare operazioni di addizione o moltiplicazione tra loro.
Sgrano le pupille, ma il risultato non cambia, non c'è tregua mi dico, ed anche le valige accanto a me sembrano essere vittime di un innaturale stato di sconforto, afflosciandosi tra i miei piedi. Come fare a vincere il tempo, impossibile! Ogni strategia è vana, che fare quindi, arrendersi? rinunciare all'opportunità di giungere prima del tempo al traguardo finale, abbandonarsi appesantendo la banchina bolognese del triste binario undici. Soluzioni certo comode, morbide, ma prive di contenuto, scariche di motivazioni, dettate da un traghettatore di idee che prepotentemente offre il suo remo.
L'alternativa è correre strenuamente lasciandosi guidare dalla foga di arrivare, fuggire sguardi, odori, colori. A prendermi per mano stavolta è una dolce mano infuocata, che vorresti stringere per poi seguirla dolcemente, ma il suo calore se da un lato infiamma e ravviva pensieri ed emozioni, dall'altro acceca un percorso che ho deciso di intraprendere con serenità e che sulla schiuma di quest'onda voglio mantenere.
Ebbene si! ci risiamo, c'è sentore di paralisi, miele per il tempo che inesorabile continua nel suo countdown. Raccolgo le forze, agguanto le valige, interiorizzo il tempo, provo a dettare il rintocco delle lancette, ho un giustificato motivo per andare avanti ed è quello di sentirmi vivo, di guidarmi, lasciando che le mani siano libere di stringere serenamente i secondi che passano.
Giangi.

Nella foto: anziani alla fermata del treno.

lunedì, ottobre 06, 2008

Il Fuoco Sacro

Se ne vadano donne, bambini e individui dalla salute cagionevole o dall'immaginazione eccitabile.
Ora si fa sul serio.
Ora si parla di fumetti.
C'è un'opinione diffusa, quella che i fumetti siano un sottoprodotto della letteratura per l'infanzia, anzi, un succedaneo dei libri, un passatempo troppo piacevole per essere realmente educativo.
Ognuno ha le sue opinioni (anche se sappiamo benissimo, noi che i fumetti li leggiamo, che solo le persone migliori della società - qualunque società - sono in grado di leggere e apprezzare questa robaccia, questi giornalini).
Ognuno la pensa a modo suo (anche se chiunque pensi che il fumetto - come medium - per sua natura sia intrinsecamente inferiore ai libri, ecco, chiunque la pensi così è un mentecatto).
Ognuno è libero di vederla come vuole (anche se è chiaro che chiunque creda che il mezzo trascenda il messaggio e che i fumetti, per loro natura, non abbiano la minima possibilità di veicolare un contenuto minimamente paragonabile alla "cultura alta", ecco, ho perso il filo, la frase era troppo lunga, ma ci siamo capiti).
Qui io non voglio questionare sulla annosa questione se il fumetto è uno strumento o un linguaggio, e, a proposito di linguaggio, quanto e in quali forme questo sia proprio e non mutuato dalle altre arti.
A me frega niente, della teoria, perchè la mia è un'educazione sentimentale, i fumetti li leggo e li amo di pancia, e se non mi piacciono lo capisco, e so il perché, ma questo è un limite mio, non sarò mai un buon critico, io sono un lettore.
Mi chiamo Heike, e leggo fumetti.
(sigla)
Degli autori e della loro leggenda.
Il fumetto, in Italia, ha dei problemi. Ha dei problemi perché è soffocato da pochi editori, perché ha una distribuzione fallimentare, per colpa delle edicole, per colpa delle librerie, per colpa delle fumetterie, per colpa degli editori, per colpa degli autori, per colpa dei lettori, ci sono pochi lettori, ci sono troppe testate, la qualità è troppo bassa, la qualità è troppo alta, la qualità è troppo variegata, i lettori sono pigri, i lettori sono abitudinari, i lettori vogliono l'avventura, lo svago, l'impegno, l'approfondimento, gli autori pretendono troppo, gli autori si credono delle star, è un settore artigianale, è un mercato asfittico, c'è possibilità di crescere, c'è il rischio di chiudere, c'è la crisi economica, è colpa della Playstation, è colpa della televisione, è colpa dei telefonini, è colpa di internet, è colpa di Bonelli, è colpa degli spagnoli, è colpa di Lupoi, è colpa della Disney, abbiamo una grande novità, stay tuned!
Io il problema non lo so qual'è, non ho la visione d'insieme, il mio cervello funziona ancora a valvole e il processore è un 286, però, come dicevo, lo so quando qualcosa mi piace.
Ma soprattutto, so quando qualcosa NON mi piace.
L'idolatria è il peccato capitale degli italiani. Anche nel fumetto. A me, se devo pensare a persone famose, celebri, ammirate senza merito, vengono in mente certe superstar internazionali del fumetto (tipo Rob Liefeld, che Dio lo stramaledica), ma poi è qui, in questa piccola provincia dell'impero, che vivo. E, aldilà dei casi clinici come Claudio Castellini (poveruomo), ci sono due tizi che combinano, a una celebrità incomprensibile (e un'altrettanto incomprensibile attenzione da parte della stampa e della televisione) una tenace dedizione al brutto.
Il primo è Milo Manara.
Mi ricordo un articolo di FdC firmato Mauro Marcheselli che si intitolava "Manara: dal '68 al 69", e non era una rassegna antologica.
Non ho mai visto tanto talento scaricato nelle fogne del cattivo gusto (perchè, indubbiamente, questo è un uomo di talento, se disegnare SEMPRE la STESSA donna nuda è talento).
Ora illustra libri scritti da Valentino Rossi.
Ma non hai guadagnato abbastanza nella tua vita, Milo Manara?
-
Il secondo è (prima di scrivere questo nome ho disegnato a terra una stella cinque punte, ho acceso candele, sgozzato un capretto e invocato le potenze infernali. Spero possa bastare come protezione) Sergio Staino.
Io vorrei sapere chi è che gli ha detto che sapeva disegnare.
Qui (perchè si sappia di chi stiamo parlando) un esempio della qualità del suo lavoro.
Vabè, mi si dirà, è un opuscolo pubblicitario per un'iniziativa della Regione Toscana, magari non l'hanno neanche pagato, magari l'ha fatto come favore a Claudio Martini.
Emma porca miseria, se non c'hai voglia di farlo, un favore a Claudio Martini, non lo fare. Fallo fare qualcun'altro, che magari lavora meglio e lo pagano.
Questa roba fa schifo.
E sono queste le cose che sviliscono il fumetto, Manara che è considerato il più grande autore italiano e fa dei libri illeggibili, Staino che è acclamato autore assoluto e disegna col culo.
Staino, tanto per dirne una, nell'affaire Biani-Brunetta ha chiesto scusa al ministro, che in effetti, quella vignetta, è un po' offensiva...(complimenti direttore, per come difendi i tuoi collaboratori).
-
Tutto questo casino, e alla fine la cosa importante rimane in fondo, proprio, come lo zucchero sul fondo della tazzina (prima bevetevi l'amaro, merde): domenica Giorgio ha vinto il premio Romics 2008 come miglior libro italiano, mica ciospole.
Giorgio l'ho conosciuto, un pochino, è bravo, modesto e mi sembra molto in gamba. E il libro è bello, davvero (lo consiglio!).
Ed è il frutto di un lavoro serio, impegnativo, pieno.
E soprattutto sincero.
Queste son le cose che fanno stare bene.

Nella foto: il destino è quel che è, non c'è scampo più per me.

mercoledì, ottobre 01, 2008

Gli stranieri non capiscono - III

Torna Urakidany, e risponde a tutte le vostre domande sul Giappone, l'universo e tutto il resto, basta chiedere!

Io ho una domanda che potrebbe sembrare incredibilmente idiota. il fatto è che IO sono incredibilmente idiota, ergo la domanda: molte persone (spesso anche io, perchè vd. sopra) confondono elementi della cultura giapponese con altri della cultura cinese o di altri popoli dell'area. tipo: "chi è che ha inventato l'origami?" o "dov'è che stavano i samurai?". Ora, per i giapponesi è lo stesso? tipo vedono una baguette e dicono "wow, le squisite baguette napoletane!"(la domanda poteva anche essere formulata in questi termini: "Come considerano i giapponesi la cultura occidentale?" (gb)

In genere un occidentale non distingue un cinese da un giapponese o coreano perché gli sembrano tutti uguali, anche se poi, con l’abitudine, le differenze possono essere molto chiare. La cosa che forse stupirà un po’ è che, almeno i giapponesi, vedono in noi occidentali ancora meno differenze, e praticamente potrei fingere una nazionalità diversa a giorni alterni visto che nessuno se ne accorgerebbe. Qui i turchi fingono di essere italiani e gli africani di essere americani per sembrare più fighi, poi c’è chi come un’amica di mia moglie è stata fregata per 3 anni da un iraniano che si fingeva greco (era anche sposato, ma questa è un’altra storia).
Noi siamo solo gli abitanti dell’ “Estero” che è tutto uguale e si differenzia naturalmente dalla Cina, Corea, Filippine e soprattutto dal Giappone, il popolo eletto (eletti da se stessi) alla faccia degli ebrei.
Gli abitanti dell’estero sono i caucasici e i neri mentre gli asiatici, come i cinesi e tailandesi, sono per loro appunto cinesi e tailandesi. In poche parole: come noi quando vediamo un asiatico pensiamo subito che sia cinese, loro ti additano come straniero quando non sei un asiatico.
Si rivolgono a noi, esseri alieni, con domande e affermazioni del tipo:
“All’estero ci sono le quattro stagioni? E i ciliegi?”
“All’estero si mangia il pesce? Eh, ma sicuramente non è buono come in Giappone!”
“È vero che all’estero si usa tanto il burro per cucinare? Ecco perché sono tutti obesi.”
“All’estero c’è tanta criminalità… ah, come si sta bene in Giappone!”
“All’estero sono tutti cattolici”.
“È vero che all’estero…” (seguono varie domande inutili che cerco di dimenticare)
Se finora pensavate di essere italiani sappiate che siete solo “esteri”, abitanti del pianeta “Estero” molto più grande del pianeta Giappone per superficie, ma assolutamente inferiore per importanza. Io sono un gaijin qualunque che spesso viene schifato in treno o per la strada, e a volte ammirato e adulato solo per il fatto di essere straniero. Ma entrambe le cose sono fastidiosissime, perché assolutamente prive di coscienza. Se mi siedo in treno, gli anziani si spostano e per strada calcolano al millesimo il tempo del rutto o dello sputo per terra quando passo; i giovani invece, vista la loro enorme crisi di identità, vogliono sempre uscire con me, perché affascinati dal diverso (nel senso di nazionalità).
Al ristorante mi chiedono se ho problemi con la carne di maiale, oppure le colleghe di mia moglie dicono che sono figo senza avermi visto neanche una volta.
Siamo desiderati come sfondo della loro vita, dove tutti sono giapponesi e gli stranieri sono degli addobbi, come nei loro telefilm, dove alcuni miei amici fanno da comparse creando la cornice che racchiude i loro beniamini (dal discutibilissimo fascino e bravura).
Fanno poi una confusione incredibile e mischiano tutto, dagli ingredienti di un piatto, modificato a loro piacimento, alla religione. Per il matrimonio, ad esempio, vogliono a tutti i costi la cerimonia cattolica perché bella e quindi nello stesso giorno vanno al tempio con il vestito tradizionale e poi si cambiano e senza nessun rispetto vanno in chiesa con l’abito bianco (è spesso vestito di bianco anche lo sposo, uno spettacolo inguardabile). Naturalmente la chiesa è finta e pure il prete; un mio amico purtroppo lo fa per lavoro, ma loro non dubitano minimamente che tutto sia fasullo, l’importante è l’ambiente kitsch e il prete straniero, per fare appunto da cornice al loro lieto evento perché di lieto avranno solo quello. Partecipano a messe in inglese tanto nessuno capisce niente; e neanche si alzano quando dovrebbero, perché ignoranti non solo dal punto di vista linguistico, ma anche culturale.
Un mio studente anziano voleva fare un pellegrinaggio a Santiago de Compostela e mi chiedeva come fare a diventare cristiano per un periodo di 2 mesi. Voleva assaporare appieno l’esperienza cattolica per quell’occasione e quando l’ho informato che non esiste una “member’s card” e che bisogna solo credere in Dio, mi ha detto che la nostra è una religione noiosa… poi ha chiesto ad altri.
Il missionario Francesco Saverio ha fatto proseliti in molti paesi asiatici, ma è praticamente scappato dal Giappone. Diceva che il giapponese era una lingua inventata dal diavolo: è talmente incasinata che puoi dire il contrario di quello che stai sostenendo. Mentre sembrava che avessero capito, in realtà non avevano capito una mazza. Soprattutto Saverio rimaneva inorridito dal fatto che dopo essersi battezzati continuassero con le loro pratiche ataviche come se niente fosse.
Parlando di un argomento più leggero come il cibo, spesso lo chiamano solamente “cibo europeo” come se spagnoli, francesi, italiani e inglesi (esiste il cibo inglese?) mangiassero tutti le stesse cose. E spesso criticano la nostra cucina, ma se poi vai a guardare, il 99% dei ristoranti italiani e francesi è gestito interamente da giapponesi che non di rado cucinano obbrobri, come gli ormai famosi spaghetti al ketchup. Credono di essere talmente abili da poter fare tutto e meglio di altri, se poi dici che in Italia qualche ristorante giapponese è gestito da cinesi gridano allo scandalo. Hanno un ente che protegge il cibo giapponese all’estero; ma il cibo estero in Giappone può essere seviziato senza pietà. Carbonara acquosa con uovo mezzo crudo sopra e una fettina sguazzante di pancetta, pizza con mais, uova e maionese (esiste anche la pizza alla carbonara, ma ahimè non la carbonara alla pizza) e spaghetti con uova di merluzzo e alga nori sopra, che intende simulare il prezzemolo. Se non ti viene il mal di stomaco per gli intrugli che ti somministrano, ti viene per la rabbia.
Sono molto combattuti, a volte si sentono inferiori e ammirano tutto ciò che è occidentale, ma più spesso si sentono superiori a noi e si fidano più di un piatto di pasta preparato da un giapponese piuttosto che da un italiano. Io dico che non conoscono il gusto del cibo e lo imitano solamente e male. Loro sono invece convinti che gli stranieri non conoscono il gusto giapponese e quindi un piatto fatto da loro è sicuramente migliore. Ovvio, devono essere autoreferenziali anche nei sapori! L’importante per loro è che un piatto abbia l’aspetto di essere italiano (o di qualche altro paese del pianeta Estero), ma poi nella sostanza deve avvicinarsi al gusto a cui sono abituati.
Altro esempio: prima esaltano il Rinascimento, l’Opera e le nostre città, poi però ti dicono che l’arte Ukiyo-e e il Kabuki sono migliori e se gli nomini tutte le cose belle che ci sono nel mondo, loro ribattono che in Giappone ci sono tante terme e siamo noi a dover invidiare loro (se gli dici che le terme ci sono anche in Italia dal tempo degli Etruschi, o dicono che lo ignoravano o ti rispondono che l’acqua sicuramente non sarà abbastanza calda come qui in Giappone).
Spesso un complesso di inferiorità ne genera uno di superiorità e sentendosi ammirati e dipendenti dalla cultura occidentale, combattono questo complesso con l’orgoglio e il convincimento di essere superiori a tutti i costi. Un altro mio studente mi diceva che andava quasi sempre al ristorante italiano e qualche volta a quello francese e praticamente non mangiava giapponese quasi mai, quando però gli ho chiesto quale fosse il suo piatto preferito mi ha risposto: il sushi.
Non mi piace parlare di culture inferiori e superiori e a volte ammetto che tutto questo è un po’ come sparare sulla Croce Rossa, ma sono talmente irritanti e supponenti che non ce la faccio a lasciarli cuocere nel loro brodo.
In quanto italiano devo ammettere però che in alcuni casi mi guardano con ammirazione e la nostra fama fa la differenza, rendendomi ogni tanto la vita più facile degli altri. Se prima erano gli americani ad essere ammirati nonostante gli avessero tirato addosso 2 bombe atomiche, adesso gli europei e soprattutto i francesi e gli italiani sono ben visti perché i giovani sono amanti della moda, del cibo etnico (comunque il sushi è sempre il sushi) e di macchine sportive; perché niente è più necessario del superfluo, no? (di chi era questa Heike? Ancora Oscar Wilde?) Domani scopriranno di essere amanti della cultura spagnola, ma tutto, ovviamente, per sentito dire perché le differenze proprio non le vogliono capire. Capire significherebbe ammettere e piuttosto che ammettere qualcosa che possa mettere in discussione la loro superiorità preferirebbero farsi ammazzare.
L’estero è tutto uguale e i giapponesi sono unici al mondo. In futuro mi piacerebbe modificare e tradurre quello che sto scrivendo per far sì che si rendano conto e provino a correggersi almeno in qualcosa, ma so già che non accetterebbero mai né rimproveri né alcun tipo di critica, seppur ironica, fatti da uno straniero. Per esempio il film “Lost in translation” fu molto criticato e reputato offensivo, mentre noi ci facciamo prendere in giro dal mondo intero e al contrario ci lamentiamo quasi sempre di noi stessi (al massimo dei cinesi; ma, siccome lo fanno tutti, non vale). Se sono diventati così è proprio perché manca loro completamente il senso dell’autocritica e dell’autoironia .
Non sono certo l’unico che scrive male del Giappone e altre persone molto più qualificate di me hanno già scritto dei libri dove descrivono i molti mali di questo paese (leggetevi gli scritti di Karl Löwith sul Giappone); ma la loro risposta naturale è sempre quella: gli stranieri non hanno la sensibilità per capire l’animo giapponese. E si chiudono nel loro guscio vuoto, facendo finta che sia il tutto.

Minasan kiwotsukete
Urakidany

Nella foto: Eppure a me fa quasi gola...altre foto qui.