venerdì, luglio 22, 2011

Il fardello dell'uomo bianco (parte due di due)

Riprendono le avventure dei due più famosi "italiani all'estero che vanno alle poste di Città Cupa a chiudere il conto Bancoposta". E' una categoria non aperta a tutti, spero che capirete.

LUNEDI POMERIGGIO
"Allora, la simpatica creatura infernale delle Poste ci ha detto di telefonare a questo numero dopo le ore 14. Che ore sono adesso, cara?"
"Le 13.30".
"Ohibò, non è ancora l'ora di alzare il ricevitore e digitare il codice numerico sul disco rotante. A dipresso, anzi, si tratta di un orario antecedente a quello che ci è stato siffatto indicato, non ne convieni? Non posso altresì fare a meno di notare che si tratta dell'orario nel quale usualmente mi intrattengo farcendo me stesso con copiose quantità di alimenti scelti e cucinati all'uopo. Adunque mia cara, perché non ti rechi in cucina a preparare qualche sana portata e apparecchi il desco dinanzi a me e mi rechi in tavola il desiato cibo affinché possa saziare il mio robusto appetito masticando a quattro palmenti?"
"E tu, invece, perché non te ne vieni un poco a fanculo?"
E così, ridendo e scherzando si fecero le 14...
- Driin. Driin.
"Squilla?"
"Sì".
- Driin. Driin.
"Rispondono?"
"No".
"Ma squilla?"
"Sì".
- Driin. Driin.
"E adesso?"
"Cosa? Se squilla o se rispondono?"
"Se rispondono".
"No".
"Ma squilla?"
"Sì."
- Driin. Driin.
"Magari provo dopo".
Dopo.
- Driin. Driin. Pronto?
- Sì, salve, ciao, buonasera, salve. Senta, niente, volevo sapere, se è possibile, mi hanno dato questo numero, stamattina sono stato alle Poste, agli uffici, lì da voi, stamattina, un impiegato allo sportello mi ha detto, ma non so con chi devo parlare, devo chiudere un conto Bancoposta, allora l'impiegato mi ha detto che dovevo telefonare e chiedere se potevo chiudere il conto Bancoposta, cioé, se è umanamente possibile farlo.
- I conti si chiudono il sabato. Arrivederci.
- No, aspetti, nel senso, cioè, noi sabato non si può, cortesemente, che dobbiamo prendere un aereo e che faccio, gli dico al pilota aspetta che devo chiudere il conto Bancoposta? O alla hostess? Che quelle della Ryanair sono sempre incazzate e se gli chiedi che ore sono ti tirano una testata urlando "E' L'ORA CHE TI LEVI DAL CAZZO!", ma non parlo per esperienza personale, me le sono sempre figurate così, che ti tirano una testata urlando mentre lo chignon si agita vezzoso sulla sommita della testa, coperto dal sangue che ti sprizza dal naso - in seguito alla testata, beninteso.
- Attenda.
- Sì.
"Che dice?"
"Di attendere"
"Cosa?"
"Lo ignoro"
"Quest'attesa è sfibrante"
"Indeed"
- Pronto.
- Sì, eccomi, scusi, mi son distratto un attimo a parlare con la Elle, ma ero qui non dubiti, mi dica, che insomma, volevo chiudere il conto Bancoposta e fremo e non so ben che devo fare se non fremere.
- Attenda.
- Esatto.
"E mo'?"
"Devo attendere"
"Sono preda di ambascia"
"O io?"
- Pronto.
- Sì.
- Senta.
- Sì.
- Ho parlato alla mia collega.
- Sì.
- Mi ha detto che va bene.
- Cosa.
- Potete venire a chiudere il conto.
- Giubilo.
- Ma dopodomani.
- Va benone lo stesso.
- Portate il bancomat e il libretto degli assegni.
- Sono esilarato di giuoia.
- I vostri documenti, fotocopiati in triplice copia.
- Lo faremo con felicità intrinseca.
- Il certificato di nascita, residenza, stato matrimoniale e esistenza in vita.
- Ne convengo.
- Un uovo d'oro, tre scaglie di drago, pelo di cane che ti ha morso, la prima edizione del "De Volture Giubiliis" del Gaberti, settemila euro in gettoni d'oro, una dentiera mai usata, l'abito da sposa di Giulietta Masina, cinquanta rotoli di carta igienica doppio strato, un iPad craccato, un quadro qualunque di Guttuso, un grosso cartello di ferro smaltato con scritto PERICOLO DI CROLLI, la fotografia autografata di Rocco Tanica, un nido di quaglie (non necessariamente pieno), la Numero Uno, l'indirizzo e-mail di Gatto Panceri e due fotografie formato tessera.
- Aspetti che la penna non mi scrive.
- Presentatevi dopodomani alle 14 e chiedete del feroce comandante Ardito.
- Allora, cosa diceva a proposito di quella cosa che ha detto prima?
- Tu-tu-tu-tu-tu.
"Com'è andata?"
"Non lo so".

Piccolo inserto: ma se a me mi chiedono sempre due fotografie formato tessera, perché la macchinetta me ne fa quattro? Che poi a volte ci sono quelle macchinette che te ne fanno quattro, sì, ma con uno scatto solo (o forse era guasta quella che era toccata a me), che se per caso non ti sei accorto che stava per scattare eccole là, quattro foto quattro con te che ti lecchi la mano prima di passartela sui capelli. Prova ad usarla in questura, vai, quando ti chiamano per confermare l'alibi, ah!

Due giorni dopo, siamo dinanzi alle porte delle Poste Italiane, ma l'ingresso era sbarrato. Il timor ci colse, e dinanzi all'antico ingresso favellar più non potemmo. Ove poter condurci, mi volsi allora a Elle, per concluder questo malo affare? Codesto signale, che favella, se non le ore di apertura dell'ufficio? Non dovrebber esser dunque aperte, quelle porte ove si giace la conclusione del conto? Ella mi rispose: non vedi tu che l'orario di apertura è sì giusto, ma coverto da una novella iscrizione? Non vedi forse tu, con gli occhi tristi, che coloro ch'adusi sono al travaglio entro queste mura, sono adonti e rinchiusi in assemblea sindacale? E non scorgono gli occhi tuoi il messaggio che l'orario d'apertura è spostato in avanti, come carro dal carrettiere, di metà del tempo che il sol nel cielo impiega a percorrere la distanza di un'ora? Io lo vidi, e caddi, come corpo morto cade.

Alla fine entriamo (questa storia sta diventando più lunga di Guerra e Pace) e ci dirigiamo speranzosi verso lo sportello dove ci viene riferito staziona il feroce colonnello Ardito. Trattasi di un ometto anziano e sorridente, d'aspetto gentile e dimesso, e tutte quelle coppie di aggettivi gradevoli che volete assegnare ad una persona che poi, alla fine, il conto Bancoposta ce lo chiude (sì, vi anticipo il finale, casomai morissi prima di riuscire a premere il tasto PUBBLICA POST).
L'ufficio è quasi vuoto, ci siamo solo noi e poche decine di persone, tutte in attesa ad altri sportelli. Al nostro sportello c'è una signora anziana dai capelli rosa che ha quasi finito. E' il numero 33.
Noi siamo il numero 34.
La signora dai capelli rosa fa: "bene, ho finito, grazie".
Prende la mazza e, un passettino dopo l'altro, si allontana.
Il feroce colonnello Ardito fa per premere il tasto che fa scorrere i numeri e ci guarda sorridente.
Noi gli sorridiamo di rimando, gioiusi.
La signora dai capelli rosa fa: "un momento, dimenticavo", e torna indietro.
Un passettino dopo l'altro.
Torna allo sportello e fa: "ho dimenticato di ringraziarla".
"Prego signora".
"E' stato davvero tanto gentile".
"Ma si figuri, dovere".
"No, gente tanto gentili come lei non ce ne sono".
"Ma no ma no".
"Insisto. Come posso fare per esprimerle tutta la mia gratitudine?".
"Ma non importa".
"Davvero. Ha dei bambini? Ci posso regalare delle caramelle al rabarbaro?"
"Non ho figli, ma grazie lo stesso".
"Lei mi è così caro".
"Amo tutti i miei clienti".
"Le persone come lei si contano sulla punta delle dita".
"Cosa vuole che le dica, mi piace il mio lavoro".
"E mi dica, ha anche..."
Ma non sapremo mai cosa voleva chiedere, perché in quel momento arriva Elle da dietro e la colpisce fortissimo alla schiena con un calcio rotante, urlando:
"MA TI LEVI DAL CAZZO VECCHIA PUTTANA?!"

Il feroce colonnello Ardito ci chiude il conto Bancoposta in un attimo. I soldi però non ce li dà, perché ce li mandano a casa (in Italia, al vecchio indirizzo) con un assegno da incassare sul nostro conto Bancoposta (WTF?).

Tutto è bene quel che finisce e basta.

martedì, luglio 12, 2011

Il fardello dell'uomo bianco (parte uno di due)

Intanto c'è da dire che adesso vivo in un paese che magari a eleganza, buon gusto e roba da mangiare stiamo un po' indietro (ma tipo tanto), però per quanto riguarda l'organizzazione delle robe del vivere quotidiano, la burocrazia, il disbrigo degli affari quotidiani, ah signora mia, l'Italia è il Burundi (senza offesa per il Burundi che peraltro scopro essere stato colonia prima tedesca e poi belga, quindi magari hanno una struttura statale ereditata dai loro passati dominatori protestanti - non era Weber che diceva che alla base dello sviluppo capitalistico dell'occidente c'è lo spirito arraffone e competitivo e profittante del calvinismo? E io chennesò) punto.
Insomma, per celebrare la nostra prima vacanza italiana decidiamo di andare da Poste Italiane a chiudere il conto Bancoposta.

LUNEDI MATTINA
Arriviamo alle poste e parcheggiamo la macchinina sulle strisce pedonali davanti ad un passo carrabile riservato ai disabili di fronte all'ospedale e alle scuole. Suoniamo un po' il clacson, poi scendiamo parlando a voce alta al cellulare ed entriamo.
Le poste sono state ristrutturate da poco: ci sono nuovi vetri, i muri sono imbiancati di fresco, sono stati persino installati dei nuovi poggianziani (uno non ci pensa, ma guarda che sono indispensabili: metti che devi andare alla posta e hai un anziano con te e non ci sono sedie libere, che fai? Dove lo posi?), senza contare le numerose nicchiette predisposte per l'impiegato che non ha voglia di lavorare ma non vuole che la gente gli rompa le palle: basta entrare in un cubicolo, sedersi, prendere in mano un telefono e far finta di telefonare. Oppure, meglio: si entra in due (entrambi in pausa caffé), ci si siede uno al posto dell'impiegato e l'altro al posto del cliente, e si chiacchera amabilmente del regalo da fare alla Gisella che si sposa, o delle trattenute esose in busta paga, o delle vacanze a sciarmelsceich.
Ed è proprio verso uno di questi cubicolo che ci dirigiamo, attratti dalla scritta SERVIZI FINANZIARI come le zanzarine sono attratte dalla luce azzurra, che però poi dopo zap. Ci affacciamo alla porticina e vedo il promotore finanziario di Poste Italiane seduto con i piedi sul tavolino e una birra in mano, e davanti a lui il cliente con i piedi sul tavolino (dall'altra parte) e un negroni in mano. Quando mi vedono fanno un gesto come a dire "il conto", io li guardo così e allora quello che faceva la parte del cliente si alza e se ne va, con questo sguardo diretto verso di me.
Then io e Elle entriamo sorridendo timidi e l'impiegato fa "un attimo", alza la cornetta del telefono (che non stava suonando) e dice "pronto". Poi tace per cinque minuti, fissando la parete e ascoltando un monologo evidentemente interessantissimo. Poi dice "no" e riaggancia.
Infine si volta verso di noi, così.
"Ditemi".
"Sì, senta, noi si voleva chiudere il conto Bancoposta perché, so che sembriamo due sfigati, ma senta un po' che cosa ganza abbiamo fatto, ci siamo trasferiti a Lon-"
"I conti Bancoposta non si chiudono qui. Noi li apriamo e basta".
"Ah. E allora come si fa? No, perché noi ci siamo trasferiti a Lon-"
"Dovete prendere un appuntamento con un responsabile".
"E come si fa? C'è un numero da chiamare? Perché noi non ci s'ha tanto tempo, bisogna tornare a Lon-".
"Macché telefonare. Prendete un numerino. Aspettate il vostro turno. Vi chiamano allo sportello. Vi danno l'appuntamento".
"Capito. No, perché sa, le cose a Lon-".
"IL PROSSIMO!"
Ci allontaniamo mentre un cameriere entra nel bugigattolo dicendo "chi ha ordinato i due Campari?"

In genere, quando faccio la fila da qualche parte ed aspetto con il mio numeretto in mano, succede una cosa stranissima: tipo che io ho il 48, adesso serviamo il 35, adesso il 36, non c'è il 36? Il 37? Nemmeno? Allora il 38, 39, 40? Nessuno ha questi numeri? 41, 42, 43, 44, 45, 46 (intanto io mi avvicino trepidante, sono passati due minuti da quando ho preso il numeretto e tra poco tocca a me, solo un numero mi separa dallo sportello, oh gioia oh gaudio), c'è il 46? No? E il 47?
"Si, eccomi".
E si avvicina allo sportello una grassona oscillante su due gambotte dondolone, che ci lancia uno sguardo sornione. Vabe', ci diciamo, che c'avrà da fare questa, voglio dire, va alla posta, dovrà pagare un bollettino, mandare una raccomandata, cose così, guarda, tempo cinque minuti, massimo dieci (ma proprio a esagerare, eh) tocca a noi.
Ventisette lentissimi minuti dopo...
"E' andata via?"
"No, è ancora lì. Continua a dormire, ti sveglio io quando tocca a noi".
Tempo dopo (impossibile sapere quanto, la carica dei cellulari si è esaurita)...
"Elle, svegliati"
"Tocca a noi?"
"No, è che il tuo turno di montare la guardia. Tieni, prendi il fucile, ho sentito ululare in lontananza".
(Nel frattempo sullo sfondo passa un cameriere gridando "Per chi è lo spritz?").

"Numero 48"
"Salve siamo noi. Senta, simpaticamente, dobbiamo prendere un appuntamento per chiudere il nostro conto Bancoposta, abbiamo lasciato l'Italia (che è il paese che amiamo) e ci siamo trasferiti a Lon-"
"Va bene".
"Davvero?" Elle comincia a piangere piano.
"Sì".
"Allora, ce lo dà lei l'appuntamento?"
"Sì".
"Che bello, grazie".
"Prego".
"..."
"..."
"..."
"..."
"Ce lo dà?"
"Cosa?"
"L'appuntamento. Per chiudere il conto. Il conto Bancoposta". Elle smette di piangere e mi stringe forte la mano.
"Ah, sì. Ma non adesso. Adesso ho la pausa caffè".
La mano mi fa male.
"Ma poi torna".
"Sì".
E svanisce in una nuvola di zolfo.
Lo troviamo in uno stanzino che guarda video di gattini su Youtube.
Dopo averlo evocato sgozzando un capretto nero, ci rivela che i conti si chiudono su appuntamento e solo il sabato (il sabato?) e il nostro aereo per Lon- parte sabato mattina presto, quindi nisba. Però ci rivela che, telefonando a questo numero e chiedendo di Cicillo o'fetiente è possibile vedere se magari forse c'è la possibilità che sia il caso eventualmente casomai chissà potrebbe darsi di ottenere un appuntamento.
Ringraziando così ce ne andiamo rinfrancati dell'aver trovato un ambiente tanto cordiale ed a misura d'uomo (e di donna).

(continua...)