venerdì, dicembre 28, 2007

Doppelganger

Tengo le tende chiuse. La finestra dà sulla strada, ma nessuno mi vede, se tengo le tende chiuse. Ogni tanto mi avvicino e sbircio, guardo attraverso il tessuto, spio per intravedere il passaggio di qualcuno, ma niente, la strada è vuota.

Dopo l'incidente, passai più di un mese a letto. Facevo esercizi seduto sulla cassapanca, mi sforzavo di piegare la gamba per quanto me lo consentivano i punti. Mi esercitavo.
Le giornate erano lunghe in una maniera indefinibile, la luce che entrava dalla finestra non bastava mai, quando rientravo nel letto appena rifatto mi sdraiavo a fissare il soffitto, aspettando che le lenzuola riprendessero lentamente la mia forma. Mi piacciono le lenzuola fresche di bucato, pensavo, sembra di entrare in terre sconosciute, fissare soffitti sconosciuti. Accendevo lo stereo, ascoltavo i Garbage, I think I'm paranoid, e non capivo perchè le ore non passavano. Mi allenavo.
La mattina mi svegliavo presto, quando stai a lungo a letto il sonno non ti sazia, non sei mai abbastanza stanco da poterti riposare. Mi svegliavo, mi lavavo, facevo colazione, guardavo Mtv. Provavo a studiare, ma il cervello era intorpidito. Arrivavo a sera senza sapere come avevo fatto, e gli unici progressi che vedevo erano quelli del taglio che si cicatrizzava.
Leggevo libri già letti.
Guardavo le nuvole dalla finestra.
Aspettavo telefonate.
Mi esercitavo.
Non ho mai letto tanti numeri di Zagor come in quelle settimane, la foresta di Darkwood mi sembrava nascondere metafore pericolose.
Pulire la ferita, passare il disinfettante, versare il cicatrene, cambiare la benda, variare l'angolo di piega della steccatura.
Fare esercizi.
Piegare il ginocchio.
Camminare.
Usare le stampelle.
Lavarsi i capelli.
Tagliarsi la barba.
Dormire.
Caffè.
Minestra.
Thè.
Svegliarsi.
Una mattina fuori dalla mia finestra era scesa la neve, più neve di quanta ne era scesa in dieci anni. La guardavo, e speravo che scendesse ancora. Ripensavo al rumore che fa la neve quando scende, e al suono che fa quando ci affondi lo stivale. Il rumore soffice di quando la premi, e il silenzio, improvviso e feroce, che lascia nelle strade. Mi sembrava di sentirlo nelle orecchie, quel silenzio, e non sapevo più se ero sveglio o stavo dormendo ancora.

lunedì, dicembre 24, 2007

Bussate, e vi sarà aperto

Che io ho pensato, che se mai un giorno avrò un figlio, non gli dirò mai "dammi la mano", ma semmai "prendimi la mano".
Buon Natale, a tutti.

giovedì, dicembre 20, 2007

Ma fai un po' come ti pare...

Tanto per dire, segnalo che alla fine il mio tumblr me lo sono aperto. Il fatto è che non so che farmene, o meglio, lo so ma non so ancora in che forma. Diciamo che lo userò per buttarci dentro tutte quelle cose che, bene o male, sul blog non ci stanno (e considerando la paccottiglia che in un anno e mezzo sono riuscito a far entrare qui dentro, immaginatevi l'andazzo). Insomma, robe tipo link a foto, disegni, argute considerazioni, tutto quello che trovo sul web e che mi piace e che non è mio - poi magari cambio idea e lo faccio in altra maniera.
Poi magari, per capir bene cos'è un tumblr fatto bene, ve ne segnalo qualcuno:
- il re di tutti, Phonkmeister;
- Hurley, che me fa impazzì, me fà;
- La meravigliosa Persona Depressa, che però ora si dev'essere ripresa, perchè non scrive più;
- Anche Greenwich ce l'ha, benchè piccino;
- Nipresa, dell' amico boloneise;
- e infine, ultimo ma (mai) ultimo, lo zozzone, l'uomo per il quale le mie sinapsi nutrono ammirazione sconfinata.

Dimenticavo.
Il mio, di Tumblr.

mercoledì, dicembre 19, 2007

Ecco, se lo dice lui io ci credo

martedì, dicembre 18, 2007

Qultura Alta

Ciao amici, ciao a tutti.
Sono di nuovo io, Luke Perry, qui con voi dopo una lunga assenza. Non potete immaginare quanto mi siete mancati, in questi lunghi mesi, durante i quali ho dovuto affrontare prove terribili: dovete infatti sapere che, mentre facevo surf a Pasadena, sono stato aggredito da uno squalo, che mi ha staccato la testa di netto. Per fortuna, due settimane dopo un peschereccio ha ucciso la feroce belva e recuperato la mia testa compresa di fluente chioma. Certo, il mio medico dice che adesso ho il 37% in meno di materia cerebrale, ma non sento poi tanta differenza rispetto a prima, e poi lui che ne sa, non è nemmeno un vero dottore.

Ma veniamo a noi: cosa c'è di più bello, il giorno di Natale, che andare a vedere un bel film con tutta la famiglia? Ed è per questo che oggi parleremo de I FILM DI NATALE!

Natale co' li mortacci tua e de tu' nonno, di Neri Parenti, con Christian De Sica, Umberto Eco, Alberto Arbasino, Giampaolo Pansa, Massimo Cacciari e i Fichi d'India.
Un affascinante impresario teatrale decide di organizzare una turneè in un paese esotico per mascherare alla moglie la propria relazione con una attrice della sua compagnia, però poi sbaglia volo e finisce su un'isola tropicale dove sarà costretto a partecipare ad un programma di dimagrimento per intellettuali di sinistra oberati da vita sedentaria. All'inizio si scontra con i suoi compagni di vacanze, ma in seguito si unirà a loro e guiderà l'assalto alle cucine al grido di "All'attacco dell'abbacchio, compagni!"

Natale al Sestriere, via Garibaldi 12, interno sette, citofonare Giavassi, se non risponde nessuno chiedere al tabaccaio all'angolo di Carlo Vanzina, con Massimo Boldi e Tom Selleck.
Tom Selleck decide di passare le vacanze natalizie sulla neve insieme alla famiglia. Ha però un terribile incidente che lo manda in coma. Dopo due settimane si risveglia solo per scoprire che, per salvargli la vita, hanno messo il suo cervello nel corpo di un immondo grassone italiano. Non solo, ma il cervello dell'italiano è nel suo, di corpo, e ne combina di ogni! Indimenticabile la scena in cui Boldi si pulisce il culo con le camicie hawaiane di Selleck.

Natale triste, di Giuseppe Piccioni, con Stefano Bentivoglio, Margherita Buy.
Lei viene licenziata la vigilia di Natale, lui a Natale. Si fissano, non sanno cosa dirsi. I bambini hanno problemi con i nuovi compagni. La cognata si separa. Il nonno muore. Il tubo dell'acqua si rompe e l'idraulico non può venire prima di giovedì. La pasta è troppo cotta. Il cellulare non prende. Un altro capolavoro del cinema italiano.

Christmas Happiness! di Stephen Janger.
Il nuovo film di animazione della Pixar ci racconta una favola senza tempo: cosa succederebbe se tutti nel mondo potessero volare e cantare ed essere felici? Jimmy Jommi lo scoprirà quando arriverà nel meraviglioso mondo di Felicilandia, dove il sindaco è Babbo Natale e ogni giorno è Natale! Film distribuito dall'Unione Italiana Dentisti .

La parete bianca che mi fissa 2 di Kim-Woo-Ze-Hai-Ko-Des-Qui e Alvaro Cianfolotti. Il seguito del celebre lungometraggio ci riporta nell'appartamento della ragazza bionda del primo film. Sono passati alcuni anni, ma ancora non succede niente, proprio come l'altra volta. E come l'altra volta, per sette ore.

Telefona a Santana, digli che è un uomo morto! di Michael Stansenberger, con George Clooney, Susan Sarandon e John Travolta. Un western moderno. Un uomo in cerca di vendetta arriva in una piccola città sulle tracce di colui che l'aveva tradito. Il suo piano è diabolicamente semplice: telefonare a tutte le case della città e chiedere di lui, per scoprire dove si nasconde. Purtroppo i suoi piani andranno rivisti, perchè non c'è campo e anche di batteria ce n'è poca e il caricabatteria vedrai l'ha lasciato nell'altra valigia.

Buon Natale, e ci vediamo al cinema!

venerdì, dicembre 14, 2007

A day in the life.

Ieri l'altro ho mangiato come un ritrecine, che a un certo punto hanno suonato il campanello ed erano quelli della Fao che mi chiedevano di smettere, per piacere.
Ho mangiato anche un porro crudo, che secondo me era anche vivo, perchè a distanza di due giorni sta ancora cercando di uscire risalendomi l'esofago.
Ma non di questo volevo ciarlare, bensì della città, o supposta tale, nella quale vivo (vivo...vivo è una parola grossa. Diciamo che mi limito a sopravviverci).
La Città Cupa è, se mi passate la perifrasi, un coacervo di umane desolazioni. Cose che altrove potrebbero determinare un gioioso fiorire di umane virtù, nella CittàCupa si tramutano in niente. No, neanche in merda. Proprio niente, la Città Cupa non riesce a produrre neppure attività malvagie.
Che poi l'amministrazione ci prova, a produrre qualcosa: negli ultimi anni son state fatte cose buone e interessanti, che so, le rotonde, le piste ciclabili...le rotonde...le piste ciclabili, altre rotonde...ho già detto delle rotonde?...ah, anche le piste ciclabili. E nuovi autobus. E le rotonde.
Solo qui può diventare assessore uno che, se il mondo fosse giusto e fatto bene, al massimo potrebbe trovare lavoro come attore in una pubblicità progresso sui danni all'autostima causati da una pettinatura sbagliata.
Qui (non solo qui, ma soprattutto, qui) i presidenti delle aziende municipalizzate sono ex-assessori, gli assessori ex-amministratori pubblici, gli amministratori pubblici ex-consiglieri comunali, i consiglieri comunali ex-direttori di enti culturali comunali. Alle volte sospetto che in realtà si tratti sempre della stessa persona con le maschere di Diabolik.
Ma sono i miei concittadini comuni, che io amo. Oggi, alla fermata del bus, ho letto di bella letteratura scritta con l'uniposca, tipo "Claudia bona" "Giorgio finocchio" "l'Alessi ha la forfora" "la Valentina ha le transaminasi alte" "Kikka e Truzzy amike 4evr" "i pipistrelli dell'uva vogliono divorare il mio zaino".
Qui l'Ombra è ovunque, gente. Soprattutto in casa dei miei vicini, quegli zozzoni.
Potrei dire, con le parole immortali del mortale Ennio Flaiano, che la situazione è drammatica, ma non seria.
Potrei, ma non lo dirò.

PS: visto che ho lo spirito d'iniziativa della carta carbone, mi sto aprendo un Tumblr. Non piazzo ancora l'indirizzo, che è sparuto e si vergogna, ma la prossima settimana lo costringerò a farsi avanti.

Nell'immagine: Thomas Ott spacca di brutto!

mercoledì, dicembre 12, 2007

Breve incontro

Elle: Secondo me la migliore interpretazione di Raoul Bova è ne La finestra di fronte.
Heike: Davvero?
Elle: Si, quando è chiusa.

martedì, dicembre 11, 2007

Un giustificato motivo per (parte quinta)

Per me, è matto.
Però mi fa ridere, quindi continua l'assurda narrazione delle sue assurde avventure.
Let's go.

Ci siamo, arriva con quel suo solito fare un pò stanco e arrugginito. Timidamente si avvicina verso di te, probabilmente si sente in colpa per essere giunto un pò in ritardo, lo vedi infatti incerto sugli scambi tra un binario e l'altro, come se fino all'ultimo volesse temporeggiare in attesa di un tuo segnale amicale di comprensione. Vorrebbe spiegarti quel suo silenzio, vorrebbe raccontarti di quei fantasmi che lungo il cammino ne hanno annebbiato la vista e confuso gli obiettivi, vorrebbe mostrarti i segni indelebili del tempo che spinti da raffiche di vento ne hanno scavato quella che credeva fosse una corazza inossidabile. Beh, per 'sta volta ti perdono! basta che però ora apri le porte per farmi salire. Il messaggio sembra non averlo neanche sfiorato. Lui rimane lì serrato, chiuso nel suo guscio di ferro, con gli occhi spenti come se fosse stato anestetizzato e si fosse trascinato per inerzia fino a te per consegnare il suo ultimo addio. Svegliati! Parla! Non puoi lasciarmi qui! Credo di aver atteso abbastanza, ritengo di aver riposto fiducia e speranza al nostro incontro, non posso neanche immaginare che tu non abbia ora parole da spendere. Così mi avvicino, provo con delicatezza a sfiorarne il fianco, è così freddo, insensibile, neanche accarezzando i suoi punti più sensibili riesco ad ottenere un minimo segno della sua presenza. Mi sento tradito, ho caricato forse di troppe aspettative questo incontro ed ora sento che una parte di me è stata spesa invano, abbandonata ad uno stupido compromesso tra immaginazione e desiderio. Comicio ad essere stanco! L'attesa è sempre sempre stata la mia arma vincente in quella che pensavo si chiamasse vita, riempire il cuore di emozioni tenerle lì a bada nell'angolo in alto a sinistra del petto per poi farle esplodere tutte insieme nel momento preciso in cui mi ero trovato davanti ad una scelta o una non scelta, immaginifico sovrano dei sentimenti, mente calcolatrice e diabolica. Nasce forse da qui il principio del giustificato motivo?...dalla necessità di superare questo status di incompletezza e attesa, continuamente annaffiato da lacrime che portano con se aspettative sempre più distanti da me, così inutilmente ammalianti, così fastidiosamente intriganti.... Il fatto è che... "i No Global!!!" probabilmente nella mia vita... "Questo treno non parte!!!" Perchè credo che alla fine..."Causa NO global!!!!" Ma che cavolo!!! non lo vedete che sono assorto ma cosa ci incastrano adesso i no global!!!

lunedì, dicembre 10, 2007

Mi faccio la pipì addosso

Driiiiin.
- Pronto?
- Buonasera, è il signor Heike?
- Si (orribile presentimento).
- Sono Caramella di Tele2, la chiamo per informarla della nuova straordinaria offerta che seriamente
- Guardi, non mi interessa.
- Come fa a dirlo? Non ha nemmeno sentito quale l'offerta. Si tratta in effetti di una offerta che seriamente
- No davvero, guardi, non importa.
- Ma perchè?
- Perchè non c'ho voglia di starla a sentire, e poi, guardi, davvero, io nemmeno ce l'ho internet a casa (infatti posto sempre in orario d'ufficio - e tutti a guardare a che ora è stato inserito il post), non c'ho nemmeno il telefono, infatti lei non può avermi telefonato, non stiamo parlando, non ho il telefono in mano e tutto questo non è vero.
- Davvero?
- Eccome noh.

Mi risveglio ansimante. Mi volto verso l'orologio sul comodino, ma improvvismante realizzo di non avere un orologio sul comodino. In effetti. non ho neanche un comodino.
Il mio orologio biologico mi dice che sono le 4.37 della notte, e che quindi è l'ora del mio bicchiere di spuma bionda. Mi alzo, barcollo verso la cucina e mi verso una dose abbondante di analcolico biondo. Mentre sto lì, seduto in mutande in cucina, realizzo di non avere una sedia in cucina, e cado a terra, attento però a non versare nemmeno una goccia del prezioso liquido ambrato.
L'incubo di pochi minuti prima mi fa riflettere, e improvvisamante ricordo, per chissà quale curiosa associazione d'idee, il motivo per cui ero così felice, oggi.
Il mio blog, il celeberrimo sito di intrattenimento vagheggione nomato Blog Ottuso sta raggiungendo vertici di celebrità e visibilità che mi permettono di dire, senza tema di smentita, che sono il più autorevole blogger del mio condominio (non vivo in un condominio).
Nella prestigiosa classifica di blogbabel - che misura l'autorevolezza dei blog con un algoritmo che unisce numero di link ricevuti, visite al blog escluse quelle della zia, misura (in cm) del colletto della camicia del blogger, numero di commenti entusiastici ricevuti da Bordone e partecipazioni a blogcamp e/o a bangi-giamping* senza corda - orbene, in codesta speciale classifica meritevole di menzione ho raggiunto la 1462° posizione (elapeppa!) e mi colloco tra questo e questo.
Inoltre - e questo lo dico con un orgoglio a stento trattenuto, ma per quanto tempo potrò bullarmene tra me e me senza dirlo a nessuno? ops, lo sto facendo - è qualche giorno che ricevo visite quasi quotidiane da due blog che a me mi fanno spisciare inside, e io quando spiscio inside mi sento tutta una cosa dentro che non so come dire.
Io questi due li stimo tanto, ma tanto alla seconda, e li leggo in feed da mesi, e mai mi sono arrischiato a commentare perchè mi vergogno (una volta, forse, ma cn la vocina bassa che sennò magari poi mi si sente) (fra parentesi, quando mi trovo in situazioni che voglio dire qualcosa ma mi vergogno perchè c'è troppa gente, allora lo dico a voce bassa, a malapena udibile, e finisce che è peggio, perchè poi l'interlocutore mio si gira, e mi fa EH?! e tutti si girano verso di me e mi guardano e devo dire di nuovo quell'immane cazzata che prima mi ero limitato a sussurrare. Sono un uomo molto, molto malato). Anf.
Insomma, c'è qualcuno che arriva qui da Idiotaignorante, e qualcuno che arriva da Bucknasty, e io ero convinto di averli messi tra i link, e invece c'è il vecchio blog di Bucknasty, e dell'Idiotaignorante neanche nulla. Tipo che inviti a cena Umberto Eco e 'nciai manco un libro suo, nemmeno quella cagata dell'isola del giorno dopo, e in bella vista in libreria c'è solo l'ultimo libro di Alberoni (nel mio caso l'equivalente di Alberoni è il link a Madmac, che il suo nome sia in eterno maledetto).
Sono il peggio del peggio, sono.
Provvedo dunque a fare due cose:
1 - mettere i link a Umberto Eco;
2 - cospargermi il capo di cenere;
3 - cambiarmi il pannolino, che quando ho visto il log delle visite ho fatto ciò che suggerisce il titolo;
4 - imparare a contare.

PS - in soldoni: un salutone grosso ai due di sopra, li leggo sempre (davvero) ed è un onore averli qui (se non loro); un saluto a tutti gli altri che leggono di straforo senza lasciar traccia alcuna; un salutone a chi passa, legge e commenta, che quelli son sempre avanti.
PPS - oggi è stata una giornata dura. Minchia sello'è shtata.
PPPS - improvvisamente realizzo di non avere un blog.

* questo simpatico giochino copra l'imbarazzante verità che non so come si scriva veramente bungee jumping, e non mi va di andare a cercare la corretta grafia, e tutti i lettori possono pensare "ehi, che simpatico questo ragazzo, che umorismo sofisticato, lo leggerò ancora con piacere". Improvvisamente realizzo di non avere umorismo.

venerdì, dicembre 07, 2007

Il Marketing è tutto, nella vita

giovedì, dicembre 06, 2007

Grillparzer

Ispirato ad un fatto realmente accaduto nella testa di Elle.

(Panoramica ampia su un verde paesaggio. All’orizzonte grandi nuvole bianche che solcano un intenso cielo azzurro. La melodia de La Verde Stagione accompagna la visuale, per poi lentamente dissolversi. Una profonda voce baritonale introduce e commenta la storia che ci accingiamo ad ascoltare...).
La nostra storia ha inizio in una piccola fattoria, laggiù, tra i verdi e grandi pascoli degli altipiani. Erano gli anni delle grandi gelate invernali, e dei grandi raccolti di grano in estate. Erano anni nei quali tutto sembrava più vitale ed imponente che mai, e molto tempo dopo avremmo potuto ripensare a quell’epoca come ad un periodo di continue sorprese.
Ma questa storia non parla di grandi eventi, oh no, racconta invece delle avventure di una piccola creatura, un cucciolo che dimostrò a tutti come un cuore puro poteva riuscire in grandi azioni, nonostante le più grandi avversità. È la storia di Grillparzer, cane coraggioso.
(Un gruppo di cani in un cortile assolato. In particolare una torma di cuccioli scodinzola festante attorno alla madre, saltano, giocano, corrono. Uno di loro sbatte continuamente contro pali, zappe, muretti, ruote. Cade in buche, fossi, pozzanghere. Inciampa. Scivola)
Quella sera, nel caldo della cuccia, mentre i fratellini giacevano addormentati, Grillparzer confidò alla madre il suo più grande desiderio.
- Mamma.
- Dormi.
- Mamma.
- Dormi, Grillparzer.
- Mamma, quando sarò grande voglio fare il cane guida per ciechi. Anche se oggi vivo in una remota provincia, anche se sono piccolo ed imberbe, anche se le convenzioni sociali vorrebbero ch’io rimanessi qui alla fattoria per aiutare tu, mio padre ed i miei fratelli nel vostro lavoro di cani da fattoria, io con tutto il mio cuore desidero fare il cane guida per ciechi.
- Non puoi fare il cane guida per ciechi.
- Perché no?
- Perché sei cieco, Grillparzer.
E lo stesso ottuso spirito di proibizione Grillparzer lo avrebbe incontrato quando, pochi anni dopo, si sarebbe recato nella grande città per inseguire il suo sogno. La burocrazia, le lungaggini, l’ottusa indifferenza di chi, per meschinità o forse per invidia, intendeva impedire al nostro eroe di diventare il primo cane guida per ciechi cieco al mondo. Il primo si, ma anche il più grande di tutti.
Riuscì a convincere il professor Bobtail, il burbero preside della scuola per cani guida per ciechi ad ammetterlo ai corsi, e si dimostrò il più tenace degli studenti, riuscendo a sopperire, con la sola forza di volontà e la testardaggine, sia al suo lieve difetto fisico sia all’ostruzionismo del mondo accademico. Si diplomò col massimo dei voti, e il suo attraversamento al semaforo divenne uno standard studiato per anni nelle migliori scuole per cani guida per ciechi di tutto il mondo. Alla cerimonia di conferimento del diploma, infine, tutti capirono di avere sbagliato nell’avere osteggiato il sogno di Grillparzer. Come migliore studente dell’anno, ottenne le raccomandazioni che gli valsero l’incarico di cane guida per il celebre cantante soul (cieco) Gigi D’Ascello.
Purtroppo, come molti di voi sapranno, la carriera di Grillparzer ebbe un tragico epilogo proprio al momento del suo massimo trionfo. Dopo un concerto di D’Ascello in piazza del Vaticano in onore di monsignor Cammello Roviny, Grillparzer e D’Ascello non s’avvidero di un grosso autoarticolato che trasportava sei tonnellate di traversine d’acciaio, e vi lascio immaginare quello che successe (Roviny si salvò per miracolo).
Certo, ci sarà sempre qualcuno pronto a speculare sulla tragedia, qualcuno che dirà “ah, io lo conoscevo bene”, come c’è stato qualcuno pronto a giurare che Grillparzer e D’Ascello non andassero affatto d’accordo, e che le ultime parole del cantante siano state “Cane di merda lasciami la gamba”, ma noi non seguiremo questo sensazionalismo scandalistico.
A noi piace ricordare Grillparzer come l’eroe che è stato, e in cuor nostro speriamo, anzi ne siamo certi, che anche quel giorno Grillparzer non sbagliò, e che il camion lui l’aveva sentito arrivare.
Solo ha scelto di aiutare gli altri ancora una volta. Ha scelto di dare la sua vita per salvare il mondo dalla musica di Gigi D’Ascello.

Bella la foto, eh? Ritrae Grillparzer mentre si beve una birra insieme ai tecnici di scena di D'Ascello, durante le prove dell'ultimo concerto.
PS: la trovate, insieme a tante altre, su Flickr.

lunedì, dicembre 03, 2007

10 miti sulla fine del mondo (finalmente)

Nel 1975 apparve nelle librerie di tutto il mondo un volume destinato a fare grande scalpore e a diventare in breve tempo uno dei libri più venduti della storia: Abitudini nostrane - breve saggio sulla vita degli echinoidermi, di Helmut Strofinausen.
Ma non è di questo che voglio parlare (in effetti, non so perchè ne ho parlato). Oggi voglio affrontare insieme a voi quello che è considerato il tema più spinoso del dibattito mondiale (dopo la vera natura della parola bugigattolo): la Fine del Mondo!
1 - Secondo la tradizione Mayula, il mondo finirà all'avvento del grande profeta Scarabottoly, il quale guiderà le armate dell'inferno verso le città dei vivi, ma sbaglierà strada tre volte e perderà pure la cartina e a un certo punto le armate dell'inferno cominciano a stufarsi e alla fine Scarabottoly per non giocarsi del tutto la propria credibilità li guiderà verso un McDrive per poi scappare mentre i demoni aspettano in fila di essere serviti;
2 - Di converso la Parapinalia Osteparicii, un testo medievale redatto da un monaco tedesco nel XII secolo, ci illustra una fine dei tempi tutto sommato più vicina al nostro immaginario, fuorchè per la discesa dei vargon dorati all'interno dei loro galborg in un tripudio di sapuanti dradut;
3 - e in Cina? in estremo oriente la fine del mondo è un concetto estraneo alla tradizione, che preferisce vedere lo scorrere dei secoli inserito all'interno di un ciclo senza fine, un eterno ritorno dal quale è impossibile fuggire, prospettiva ai nostri occhi orribile come una puntata del Maurizio Costanzo Sciò;
4 - per le api, (si, i simpatici insetti!) la fine dei tempi arriverà il sette aprile 2015 alle 21.36 ora di Londra, ma, si sa, si tratta di animali generosi e divertenti, ma tutto sommato inaffidabili quando si tratta di fare previsioni su futuri disastri (ricordate cosa dissero riguardo le torri gemelle? ah ah ah!)
5 - il 5 non me lo ricordo;
6 - secondo la signora Stopasia Coccapillo, di Argenturo (CV), la fine del mondo c'è già stata un paio d'anni fa su Retequattro. La prossima sarà una replica;
7 - nel 1888 fu rinvenuta in pieno desesrto una stele antichissima, Essa riportava, in una lingua morta da secoli, le credenze degli antichi abitatori dell'Egyttho, in particolare quelle riferite alla vita dopo la morte e alla fine dei tempi. Pare che questi nostri remoti progenitori credessero che dopo la morte il loro ka, o spirito vitale, sarebbe stato condotto di fronte a un dio-giudice, che avrebbe pesato le loro colpe e i loro meriti, per poi decidere se sottoporli a supplizi eterni (in caso negativo) o solo molto lunghi (in caso positivo). Alla fine dei tempi poi gli dei sarebbero saliti sulla terra dell'Egyttho dagli inferi, e avrebbero portato con se terribili manufatti di morte, come gli amaretti, per uccidere e torturare gli uomini di buona volontà. Infine l'eternità sarebbe trascorsa tra fuoco e stridore di denti, in una infinita partita a Trivial Pursuit con uno che sa tutte le risposte a memoria e prima di rispondere si dilunga in estenuanti chiacchere per dimostrare che la laurea in scienze della comunicazione non è stata del tutto inutile;
8 - come la 7, ma con l'aggiunta della discesa dei vargon dorati all'interno dei loro galborg in un tripudio di sapuanti dradut;
9 - la Chiesa del Mistico Mastrota crede che la fine del mondo non giungerà fino a che Giorgio Mastrota non sarà finalmente felice;
10 - per uno scrittore dotato di talento la fine del mondo giunge quando finisce l'ispirazione. Per tutti gli altri quando termina lo spaz

Nell'immagine: la fine del mondo è imminente.

giovedì, novembre 29, 2007

10 miti sulla fine del mondo (in realtà no) - il dono della sintesi

Il post di ieri non mi piace più, non mi convince, capisco di averlo scritto senza amore.
Se potessi tornare indietro e riscriverlo con la maturità di oggi, probabilmente toglierei tutto il superfluo e direi solo ciò che mi premeva dire, così:

L'altro giorno ero (...) in panetteria, che dovevo comprare il pane(...). Ero lì che aspettavo (...), e la signora prima di me (...) fa(...) al commesso:
Che pane mi consiglia per la prima colazione?

mercoledì, novembre 28, 2007

10 miti sulla fine del mondo (in realtà no)


L'altro giorno ero in fila in panetteria, che dovevo comprare il pane (se dovevo comprare dei cacciaviti andavo in cacciaviteria, bisogna stare attenti a queste cose, dirigersi sempre nei luoghi acconci, altrimenti si sbaglia e non si ottiene ciò che si desidera). Ero lì che aspettavo, e mi spazientivo, che quando si è in fila in panetteria è un po' una tradizione quella di spazientirsi, non c'hai tempo da perdere, uno entra, che vuole? Pane, eccolo, ecco il vil denaro, arrivederci arrivederci.
E invece mi toccava aspettare, e mi spazientivo.
Poi è il turno della signora prima di me, che io la guardavo senza essere visto, e lei c'aveva il cappotto di Ivsanloràn e le scarpe di Ivsanloràn e il portafogli di Ivsanloràn, tutto in tinta.
Tocca a lei e il commesso fa Desidera? e lei Che pane mi consiglia per la prima colazione? E io a quel punto avrei voluto aprirle il cranio a forza di colpi contundenti con una baguette secca di due settimane.
Per dire.
Che io mica sto qui a pettinar bambole, c'ho una vita, un lavoro, robe impegnative, ho cominciato a vedere la seconda serie di Lost, poi devo finire Myst 5, insomma gente, datevi una mossa, porca miseria.
Ma veniamo al post di oggi.
No, aspetta, un'altra cosa prima. A volte, quando non mi va di lavorare perdo una manciatina piccola di minuti (ma proprio un zinzino) per andare a guardare i disastri che ci sono sulla Rete. E, a parte i deliri senescenti dei complottisti, i destrorsi affetti da danni alla retina e il preccpnte effetto dl glitter slle menti più deboli (k xò nn sn stupide), la cosa che più amo di questo magma ribollente di creatività sono le descrizioni che i blogger danno di sè.
Oh, ce ne fosse mai uno che ama i falsi e gli ipocriti.
Le cose che amo: "i gatti, il mio ragazzo/la mia ragazza, divertirmi, ballare, divertirmi, i gatti, Amici di Maria de Filippi, i gatti" Le cose che odio: "la falsità, l'ipocrisia, le doppie facce, la guerra (la guerra? odi la guerra?), la maleducazione, gli albanesi, chi abbandona gli animali".
E' un mondo meraviglioso.
Vabè, partiamo con questo post, via.
No, anzi, un attimo, c'è anche un'altra cosa, che ormai sto parlando della blogosfera. O quelli che vengono ad elemosinare link? Cioè, ne vogliamo parlare?
Voglio dire, ormai mi son fatto il mio orticello, me lo son curato, c'ho il mio bel pagerank, i miei abbonati in feed, comincio a tirarmela (sto al 1700ecc posto su blogbabel, non so se rendo!), insomma, questo è un bog di una certa qual rilevanza stilistica, non è che arriva uno col blog sui film di Lino Bènfi e mi fa "ci scambiamo i link?" Ma chi sei? Pussa via! O il simil Beppe Grillo che mi dice scambiamoci i link e lavoriamo insieme per il grande cambiamento della politica italiana, anzi no, mondiale.
Certo.
Insomma, nel post di oggi volevo parlare di...è tardi, vado a casa.

Nell'immagine: Capitan Futuro perplesso ma (curiosamente) esaltato dalla notizia che Prodi metterà la fiducia sulla riforma del Welfare.

lunedì, novembre 26, 2007

Un giustificato motivo per (parte quarta)

Ritorna coso con la cosa delle cose.
Insomma, Giangi, il viaggio (interminabile) verso sud.
E' ancora in stazione.
Partirà mai?
Vai col lissio!


......Sei quasi arrivato, mancano pochi metri, finalmente la tua tenacia sarà premiata, ma di colpo ti arresti. Non è la prima volta che ti succede, guarda caso capita sempre quando sei vicino al traguardo, quando stai per concretizzare un idea, un progetto, quando stai per dare un nome ad un volto, quando stai per dare un colore a un sentimento. Come se ad un tratto quel giustificato motivo che ti porta ad essere lì, ad un passo dalla meta, svanisse, confondendosi tra mille ricordi, tra mille pensieri, inghiottito dalla paura di essere scoperto. Così il battito rallenta, la mente si annebbia e il corpo si rilassa, schiacciato sempre più dal peso delle valige, ma il tuo animo si scalda al vibrare delle parole di Tracy Chapman. Ed allora mi lascio trasportare da questa perfetta armonia di accordi cui si accopagna una voce che viene dal cuore e che al cuore vuole parlare, talvolta per scuoterlo talvolta per accarezzarlo...chi se ne frega della carozza 6 posto 42.
Il treno non c'è! Diavolo! Ma dove cavolo è! Ma è già partito? No, non è possibile, figuriamoci, con tutta la corsa che ho fatto. La situzione comincia ad assumere aspetti abbastanza paradossali. Sono in fila, ormai a due passi dal binario 21 e comincio a chiedermi il perchè. Nei volti della gente leggo preoccupazione, dissenso, stanchezza, eppure non siamo neanche montati sul treno, solitamente questi sentimenti cominciano ad affiorare verso la stazione di Piacenza. Ovviamente non lascio Tracy per stare a sentire le solite chiacchere, ma decido comunque di dare un'occhiata in avanti ed ahimè lo scenario che mi si presenta non è dei più confortanti. Uno squadrone di circa 20 poliziotti in assetto da guerriglia urbana è fermo davanti al binario su cui lentamente fa transitare i clienti trenitalia. Per fortuna la canzona volge al termine e se non sbaglio la prossima è un pezzo della vecchia Tina che, con tutto il rispetto, ancora oggi mi chiedo che ci fa sul mio mp3. Decido allora di tenere l'auricolare solo da una parte nel caso il maresciallo o chi che sia decida di farmi qualche domanda. Chissà poi cosa potrebbe chiedermi, non so, mangiato bene? quanti erano i soldati stramazzati a Nassyria? chi ha vinto i mondiali di calcio? come si chiama quello che abbiamo trucidato a Genova? Di domande cui potrei essere soggetto ce ne potrebbero essere tante, il problema è dare risposte non banali e non ho molto tempo per pensarvici. Lo stress sale via via che mi avvicino, non sono preparato, cosa mi invento: non ho potuto studiare! non ho potuto studiare! non ho potuto! (citazione di A. M. classe V A, Liceo Scientifico C. Livi). Alla fine siamo faccia a faccia, io e Manganello (il poliziotto). Ho fatto caso a come scrutava le persone davanti a me per essere meno impreparato al fatidico incontro, ma il campione cui facevo rifermento è poco significativo, trattasi infatti di due anziani sulla settantina. Sta per alzare lo sguardo verso di me, che faccio...mi invento un'espressione da deficente, tipo sorrisone a 32 denti, oppure viso sommesso, in stile cane bastonato. Ancora una volta davanti ad una decisione critica, inaspettata, imprevedibile. Che fare! cosa scegliere, cosa non scegliere, mi guardo intorno, cerco di strappare un aiuto dal pubblico, ma come risultato escono 2 percentuali al 50%, vorrei chiamare a casa, ma non ho una lira, tolgo l'espressione sbagliata! ma chi mi dice che tolgo quella giusta...Alla fine però senza accorgermene avevo valicato la frontiera, evidentemente Manganello si era reso conto di aver avuto davanti una persona che sarebbe stata un pericolo solo per se stessa...

Gli episodi precedenti stanno accà.

venerdì, novembre 23, 2007

La droga uccide. Dille di smettere.

- E passalo 'sto meme, fallo girà.
Mi voltai verso l'impudente, fulminandolo con lo sguardo.
- Sciocco, cosa osi dire con la tua vocetta querula? I meme non si chiedono. Si sta lì seduti con le gambette incrociate, all'umido, davanti al falò, e si aspetta il proprio turno in silenzio, o al massimo cantando le immortali strofe di Battisti accompagnati dalla chitarra di quello che tutte le volte la porta e deve far vedere che lui la sa suonare e quant'è bravo e dai ditemene una che la so, la sai Aquarela do Brasil, no, la sai Suzanne di Leonard Cohen, no, la sai heavy weather, no, vi faccio Battisti, eh bravo, facci Battisti, che ci mancava, e comincia a suonare e massacra tutti gli accordi.
Distolsi lo sguardo. Aveva capito l'antifona.

IL MEME DEL MESE (inoltrato da Daniel - che è un figo perchè mi stima ahaahahah) si intitola....
BLOG? E CHE E' 'STA ROBA?
D - Cioè, voglio dire, perchè, cioè, chi o cosa ti ha spinto a creare un blog?
R - Fondalmentalmente le tragiche circostanze nelle quali versa la carriera professionale e la vita personale del mio grande amico Giorgio Mastrota. Spero di riuscire ad aiutarlo, riportando poco alla volta l'attenzione del pubblico su di lui, in modo che sia chiaro a tutto che Giorgio, davvero, non è felice.
D - Qual'è stato il tuo primo post?
R - Per non urtare la sensibilità del Dalai Lama, persona che stimo soprattutto per il taglio dei suoi abiti, preferirei non rispondere a questa domanda. Grazie.
D - Il post del quale ti vergogni di più?
R - Tutti. Come un buon padre che si rispetti, non posso fare distinzioni tra i miei figli. Pensi che una volta un vigile mi suonò alla porta dicendo che aveva trovato due piccoli post che si erano smarriti al parco, e voleva sapere se erano miei, e io, come ogni buon padre che si vergogni dei propri figli, dissi "chi, io? Mai visti prima". Poi li fustigai.
D - Il post di cui sei più fiero?
R - Questo.
D - Il post di cui sei più fiero (tra quelli scritti da te, deficiente)?
R - Scusa, ero distratto, dicevi?
D - Per quanto tempo ancora pensi che ci ammorberai con il tuo odiosissimo blog fomentatore d'odio e dalla grafica ripugnante e che puzza come formaggio di capra putrefatto immerso in liquami marcescenti in una fogna a cielo aperto alla periferia di Aulla?
R - Finchè Giorgio non sarà felice, porca di quella perbaccolina!

Ringrazio Daniel per avermi passato il giochino, e a mia volta lo inoltro a:
- Artemisia (l'altra volta mi ha dato buca, se lo fa ancora smetto - fino al prossimo meme)
- Nipote (se questa volta capisce come funziona, così almeno scrive qualcosa)
- il semprevalido Weltall (se non l'ha già fatto)
- al trio di Makkesfiga (se ancora c'hanno voglia di postar qualcosa)
- Paleozotico (che è un grande, aspettate che se ne accorga)
- infine a (non lo farà, perchè non ha tempo e non può perderlo in queste minchiatine, ma se lo facesse - disegnato - sarebbe uno spettacolo) Makkox.

Gente, funziona così: vedete lì sopra le domande in grassetto? Fatevele e rispondete (me sento Marzullo, me sento) nel modo che più vi aggrada, poi passate la palla ad altri che vi stanno simpatici (o che odiate, dipende con che spirito lo si fa), proprio come ho fatto io.
Finis.

Nella foto: Robert Mitchum ci disprezza tutti. Tutti.

martedì, novembre 20, 2007

Streben

Interpretare i rapporti sociali attraverso l'economia,
e i rapporti umani attraverso il sesso.
Paolo Nori

La settimana scorsa (mi pare) ho fatto un post ove parlo male e con livore inatteso di una grande multinazionale dell'abbigliamento della quale, come tutela legale, ometterò il nome (Benetton, oops). Inaspettatamente, ho ricevuto il plauso delle genti.
Che sensazione inebriante, il popolo mi acclama, ah che bello, adesso capisco cosa provava Hitler.
Però non devo montarmi il capo, se Beppegrillo con il suo blog può portare in piazza milioni di persone, io col mio, se scateno le armate dei miei lettori, riesco al massimo a tenere una riunione di condominio (in seconda convocazione). Magari non riusciamo a cambiare il mondo, ma le grondaie si (e anche una bella imbiancata alla facciata, via)*.
Solo che mi scoccia adesso tornare ai temi usati, 'sta pallosissima nostalgia politicamente corretta dei post sull'infanzia o quelle robe lì di Luke Perry che fanno ridere solo me (e Luke, ma lui è irrecuperabile).
Basta.
Ho deciso che da oggi in poi questo blog porterà avanti cause civili ed etiche, tipo quella cosa lì che non bisogna ammazzare i cuccioli di foca a mazzate sulla capa, o che l'inquinamento è una cosa brutta, ma brutta brutta, e la pena di morte è sbagliata tranne per chi ammazza i cuccioli di foca a mazzate o butta le gomme da masticare per terra che poi ci metto il piede sopra e devo stare dieci minuti a strisciare sull'asfalto la suola delle Clark's (si, io porto le Clark's. Sono un signur, mica come voi pezzenti che c'avete le Adidas Torsion anche sotto la doccia).
E allora oggi si parla di un argomento molto, molto sentito, e cioè
DEL PERCHE' CERTUNI SENTONO L'ESIGENZA DI COMPRARSI UN FUORISTRADA BENCHE' VIVANO IN CITTA' E L'ULTIMA VOLTA CHE SON STATI IN CAMPAGNA ERA PER IL MATRIMONIO DELLA CUGINA CLOTILDE (1965).
Il SUV non è, in genere, un veicolo urbano. Fatto per percorrere strade impervie, ha un rapporto peso/potenza che porta a consumare tanto petrolio quanto ne consuma in un anno la Namibia - e solo nel tratto di tre chilometri che separano, in genere, la casa del proprietario dal baretto dove prende l'aperitivo con gli amichi (amichi è scritto così, intenzonalmente).
In genere chi si compra il fuoristrada poi sale e scende compulsivamente dai marciapiedi per giustificarne (anche solo a se stesso) l'acquisto, tipo "con la Punto questo non avrei potuto farlo", lascia la bestia in doppia/tripla fila perchè non trova un posteggio abbastanza grande (in realtà trenta metri più avanti c'è un piazzale completamente vuoto, ma è troooooppo lontano dal baretto).
A volte anche le mogli di codesti professionisti (perchè i proprietari sono esclusivamente: 1-avvocati; 2-notai; 3-medici di base; 4-commercialisti; 5-imprenditori del ramo tessile; 6-Cristian Vieri; 7-direttori di agenzie locali di sviluppo nonchè ingegneri; 8-magnaccia), dicevo, anche le mogli utilizzano codesti oggetti, per recarsi ad acquistare prodotti artigianali di gusto squisito, oppure prodotti alimentari freschi-freschi alla "gastronomia che mi tiene da parte i pezzi migliori" (quelli peggiori poi vanno ai cretini come me he girano in bicicletta e comprano il pane alle 7 e 1/2 la sera) o da Jean-Louis David per l'acconciatura e la messa in piega del barboncino Fuffolo.
Che se lo trovo per strada, 'sto cane...
Ma perchè, perchè un tizio che non conosce nemmeno la strada per andare alla Futa deve comprarsi una mostruosità di fuoristrada, se poi lo usa per andare - al massimo - al Forte dei Marmi a prendere l'aperitivo?
Ho una teoria.
Questi oggetti grandi e grossi, vistosi, ingombranti, spesso neri e lucidi, guidati da uomini di una certa età...
Io lo chiamo "compensazionismo fallico" o "sindrome da sento che ce l'ho piccino e rimedio al mio deficit sociale ed emotivo con questo oggetto mostruoso".
Quando sei lì sopra e guidi quel coso, sei un uomo, un vero uomo, tipo Massimo Cacciari, e le donne ti desiderano.
Poi scendi e sei il solito trippone pelato con le gambe storte e i denti marci, le donne ti ignorano e allora compri un Jeep ancora più grande, più potente e che consuma di più, e a me mi sale il prezzo della benzina per colpa tua (e dello stipendio di Ibrahimovic).
Che poi, a dirla tutta...utilizzando le nevrosi sessuali si possono interpretare un sacco di cosi sociali: tipo l'omofobia, che secondo me non è odio verso i gay, ma (attenzione) paura delle donne. L'omofobo odia l'omosessuale perchè lo vede passivo, come le donne, e interpreta l'omosessualità non come inclinazione affettiva ed attrazione verso il genere, ma come comportamento sessuale: per l'omofobo essere gay significa essere passivo, proprio come le donne. Quindi odia i gay perchè (nella sua testa) rinunciano al ruolo attivo tipico del maschio e diventano tutti passivi come le femmine. I fascisti picchiatori che urlano "a' frocio" in realtà odiano la donna come categoria (e questo in effetti mi spiega tutto quell'immaginario tipicamente macho della destra).
Forse, o forse no, non ho deciso.
Mi sta venendo mal di testa, con tutte queste chiacchiere.
Rompete le righe.

* questa battuta in realtà non è proprio mia, sarebbe di Leonardo Ortolani, ma se non sapete chi è allora è mia.

Nella foto: Baudelaire e la sua Porshe Cajenne

venerdì, novembre 16, 2007

Pedala, porca miseria

Mi son preso una bici di mio babbo, e la uso per andare al lavoro.
È una bella bici da corsa color cipolla, c’ha il cambio Campagnolo di quelli sul telaio, che ti devi chinare per cambiare rapporto, ma mio babbo ha cambiato manubrio, non c’è più il manubrio da corsa, ce ne ha messo uno da bici da passeggio, così se mi chino per cambiare rapporto mi piego troppo e mi sbilancio e sbando, e le macchine mi suonano il clacson e mi fanno “Fai più attenzione, sbadato” o almeno mi pare.
Allora non cambio rapporto, tengo sempre lo stesso, che per fare tre minuti di andata e tre di ritorno in pianura in mezzo alla città va più che bene.
Io mi ricordo che quando ero bambino io all’inizio non volevo imparare perché avevo paura, ma c’era la figlia di un amico di mio babbo che era più piccina di me, e lei in bicicletta aveva già imparato e io no, e quando mi hanno detto, i miei fratelli, che la Fabiola in bicicletta ci sapeva andare mi son detto epporca miseria no eh, allora anch’io, che ero competitivo già allora, e ho imparato ad andare in bicicletta.
Andare in bicicletta è questa cosa strana, che una volta che capisci come funziona poi non te ne scordi più, non è un modo di dire, è vero, te la guardi e dici come fa questa cosa a stare su, non vedi che c’ha due punti d’appoggio soli, mica è un tavolino, e non son larghi, come i miei piedi (avevo i piedi larghi), son piccini, son proprio piccini, come la maestra che ha detto che il cerchio tocca la retta in uno e in un solo punto, la ruota tocca terra in uno e in un solo punto, son due ruote, son due punti, il triciclo è meglio, non c’è bisogno di studiare, è intuitivo.
Poi ci sali sopra, pedali un po’ e capisci.
Però ci devi salire, non te lo posso spiegare, la bicicletta sembra un controsenso, per capire come funziona, che non casca, ci devi salire, poi anni dopo ti fanno “eh, è il principio del giroscopio” e te fai “eh?” e loro “come la bicicletta” e te “ah ecco, lo sapevo che c’aveva un nome, ‘sta cosa qui”.
Oh però, è chiaro, si casca di bicicletta. Una volta, avrò avuto dodici anni, ero andato da Claudio a riprendere un libro, qual’era, boh, ero in bici, e mi son detto meglio non tenerlo con la destra, il libro, se devo frenare, lo prendo con la sinistra, ho staccato la sinistra, ho staccato la destra per passare il libro alla sinistra, poi non so come o perché ero in terra e m’ero graffiato il gomito.
Son storie, eh.
Che non sembra, ma tutte ‘ste cose, le cadute, queste robe umilianti, ti lasciano segni, tipo sulla pelle, io c’ho una cicatrice di quindici centimetri sul ginocchio – non c’entra nulla la bicicletta – che bene o male è un ricordo, la prova che certe cose son successe e non son successe solo nella testa, meno male c’ho queste cicatrici, ma non tante, che di ciascuna so dove è nata, son come figli questa cicatrici, mi ricordano che ogni tanto bisogna fare un segno, per capire quanta strada s’è fatta.
E i ciclisti secondo me le cicatrici ce l’hanno, sui polpacci, tutte le grattate dell’asfalto, che poi loro i peli delle gambe se li levano sì per quella cosa lì dell’attrito, vabè, se ci vuoi credere credici che i peli sulle gambe li rallentano, liberissimo, poi però diventi uno che crede a tutto, e non ti lamentare se poi un giorno qualcuno ti truffa e ti ruba cinque-sei-settecento euri, i peli sulle gambe se li tagliano perché se caschi in terra sull’asfalto e ti sbrani la gamba ti devono disinfettare, e i peli son veicolo d’infezione, per questo se li tagliano i peli i ciclisti.
E allora io mi chiedo quante cicatrici ci deve avere uno come Miguel Indurain, tipo, tra le volte che è cascato e quelle che l’hanno dovuto operare che si deve essere rotto tutte le ossa delle gambe, una per volta, e adesso ha smesso e non so nemmeno che fa, magari ha aperto un bar con ricevitoria, e gli amici che lo vanno a trovare mentre bevono l’amaro averna gli fanno facci vedere le gambe Miguel, lui sorride, dice no no, poi però solleva i pantaloni e fa vedere le cicatrici, che ora si vedono meno, perché magari adesso i peli non li taglia più Indurain, i peli sulle gambe, perchè ha smesso saranno anni, e i ciclisti, quando smettono di ciclettare, a me fanno tanta nostalgia.

giovedì, novembre 15, 2007

Un giustificato motivo per (terza parte)

Ritorna, in tutto il suo ipnotico delirio, Giangi con la narrazione della sua discesa da Milano in quel di Città Cupa. Già che ci siamo, lancio la campagna "Sposa Giangi e vinci un viaggio". O voi giovani indaffarate al punto di non avere tempo da dedicare al cuore, voi romantiche squinternate, voi donne con le nuvole nella testa, scrivete al Blog Ottuso e potrete partecipare al grande concorso "Sposa Giangi e vinci un viaggio", che vi permetterà di sposare (entro la fine dell'anno) un giovane aitante e di belle speranze e allo stesso tempo partire per una gita nell'hinterland milanese.
Partecipate, partecipate, partecipate!
Vai Giangi (se ti incazzi sei permaloso come D'Alema).

Eppure in tutta questa storia continui a dirti che manca qualcosa...sì, il treno, ed ormai mancano circa cinque minuti alla partenza. Intorno a te scruti volti anonimi di gente che discute, si interroga, si anima, chissà...io mi sto sentendo i Cramberries e francamente preferisco evitare di entrare in dibattiti dal livello che ricondurrei a quello di un pensionato frustrato. Osservi così, non lontano da te, quell'ammasso di cappotti, messe in piega e brufoli che si somigliano in maniera così impressionante sia nella loro tragica fotografia che nei loro movimenti, tant'è che ad un certo punto come se folgorati da una metafisica apparizione volgono tutti l'attenzione verso un punto ben preciso nel microcosmo della stazione: il tabellone. Ovviamente tu che fino a pochi secondi fa ti eri distinto da loro che fai? Fingi indifferenza, ma con la coda dell'occhio sei lì, appiccicato a quel diavolo di tabellone. La sua forza attrattiva va oltre ogni tua immaginazione, per un attimo sembra che nella tua vita nient'altro abbia mai catturato la tua attenzione. Provi allora a distogliere lo sguardo, ma niente, l'energia sprigionata dal tabellone ti assale, finchè non decidi di lasciare che anche i tuoi occhi si lobotomizzino davanti alla casella BIN del treno IC PLUS, dove bin ovviamnte sta per binario. La casella gira vertiginosamente, non sembra arrestarsi, come se non volesse emettere la sentenza che tu da giudice esperto ovviamente hai già assegnato al binario 16. Le tue convinzioni però cominciano a vacillare per il fatto che su quel binario ci se praticamente solo tu, ma non puoi certo rinunciarvici così, solo perche per una volta la statistica sembra non aiutarti. Proprio nel momento in cui insinuo quel dubbio nella cantina di dubbi che albergano nella mia mente, peraltro alcuni di ottima annata, il tabellone emetta la sua spietata sentenza: binario 21!
Ventuno?21! e che è!, ma c'è?, ma dove! ma da quando! chi è!
Queste le prime cose che ho pensato poi arrivano le bestemmie, ma su queste farei un salto di un paio di righe .................................................................
.............................................................................................................
Vabbè non perdiamo la calma, hai il tuo mp3, un bel respiro e oplà, le valige son già sulle spalle, non perdo tempo e cerco di anticipare almeno una parte delle famiglie che si trovano alla base del binario (furbamente, stavolta devo ammetterlo, dannazione!). Eh, eh, ma io son giovane e scaltro e con ottimo problem solving, posso batterne almeno una buona parte! Mi lancio con passo deciso verso il 21, non ho occhi per nessuno se non per il binario, se sei davanti a me, meglio che ti scosti, non avrò pietà a camminarti sopra e guadagnarmi il posto che mi spetta, il 42 carrozza 6. Sono momenti di tensione, sento gli sguardi della gente che vorrebbe avere la meglio, anticipando le mie mosse o magari ostacolandomi nella corsa verso il traguardo.Cavolo!, ma quanti sono!, sembra che tutta Milano voglia prendere questo dannato treno. Non mi perdo d'animo, forse non sarò il primo, ma una buona posizione voglio ritagliarmela.

martedì, novembre 13, 2007

Sassolini

Che a me, se in questo paese di beoti c’è uno che mi fa arrabbiare, ma arrabbiare abbestia, è (segue lungo, interminabile e curiosamente variopinto elenco di personalità del mondo della cultura, della politica, dello sport e dello spettacolo, inframmezzate con nomi di conoscenti, conoscenti di conoscenti, amici di conoscenti e amici di amici, con categorizzazioni qualunquiste, come, ad esempio “quelli che parcheggiano in doppia fila”, “le impiegate delle poste”, “i vecchi tromboni che si lamentano di tutto”, e curiosità sociologiche, tipo Pierluigi Diaco o quello che alle sei di mattina passa davanti a casa nostra con la vespina scurreggiante. Per la gioia degli astanti, procedo al sorteggio per decidere su chi riversare un bel litro di astio giornaliero.
Oh-o, il vincitore di oggi e nientepopòdimenoche il celebre fotografo ed artista) Oliviero Toscani.
Oliviero Toscani.
Ah, Toscano Olivieri.
Soliviero “ora vi scandalizzo io, manica di borghesi” Tocani.
Oviliero “managgia, ho ritratto un prete che bacia una suora! Quanto sono trasgressivo! Guardate, adesso faccio una foto a un bambino negro! Adesso la faccio a una bambina bianca! E adesso? Adesso…(suspence!)…le metto vicine! Uh, quanto sono originale! Aah!” Tocsani.
Posso dirlo? Orivielro Costani è una merda.
Oh, adesso si.
Le foto di Toscani sono perfette, tecnicamente ineccepibili. Da qualche parte ho letto una intervista nella quale dichiarava di usare macchinette a bassa risoluzione, niente studio di posa, foto naturali e realistiche. CAZZATE (l’ho scritto grande, così lo vedono anche i passanti distratti. Anzi, lo scrivo di nuovo e ci metto pure qualche punto esclamativo, così ne sottolineo l’impatto polemico) CAZZATE!!!
Caro Oliviero, come dire, posso dirti una cosa? Tu sei un grande professionista, un ottimo fotografo, un eccellente pubblicitario, uno che sa come si fa ad incassare assegni di centinaia di migliaia di soldi. E questo è un merito, e tu lo sai.
Orvilieo Stocani è considerato una mente. Uno che tocca la merda e la fa diventare oro. Anzi, ci fa la foto, alla merda, che così oltretutto puzza meno, e la fa diventare oro. A me fa imbestialire la considerazione che uno deve guadagnare – come artista duro e puro – facendo esattamente l’opposto di quello che un artista duro e puro dovrebbe fare, e cioè vendersi. La roba di Erovilio Castoni è pura fuffa, scandalo da poco, pura mancanza di ironia – cioè quella roba che fa la differenza tra arte e non-arte. È un fotografo di moda – che, ci mancherebbe, lavoro dignitoso quanti mai ce ne furono – che non fotografa la moda, se non nell’ottica del “io ti faccio vedere la morte, il dolore, la discriminazione, il sangue, la violenza, te mi compri le maglie”.
La prossima volta che vedrò un’immagine di un malato terminale circondato dai suoi familiari rifletterò su quanto l’arte di Iloviero Incasto ha modificato il nostro modo di affrontare i reali problemi del mondo, osserverò pensoso la loro efficace campagna comunicativa e andrò di corsa a comprarmi una bella sciarpa Burbetton, perché l’inverno arriva e mica voglio raffreddarmi.
Che poi, qui nella Città Cupa, se c’è un nome che fa paura anco ai bambini è quello del datore di lavoro di Vierolio Nicasto, una azienda che sta pecoraformando l’Argentina e che qui da noi ha portato al fallimento decine di piccole-medie imprese, utilizzando il seguente stratagemma:
- Pronto, Filatura Pezzati.
- Buongiorno, chiamo dalla celebre azienda tessile Burbetton, vorrei fare un ordine da voi.
- Dica.
- Duecentomila metri di cardato rosso, centomila di tartan, un milione di metri di pettinato blè.
- …
- Pronto?
- Oddio, si fa ‘quattrini! Armida! Si fa ‘soldi! Vogliano un monte di roba! Come chie? I’Burbetton! Via, andiamo a fare debiti per preparagli la roba.
Due mesi dopo.
- Pronto, Burbetton.
- Sie, bongiorno, e sono i’ Pezzati. Senta, noi vi s’è mandato la roba, ma un se’ ancora riscosso.
- Si, probabilmente c’è un problemino di codici con la banca, per la Riba. Rimedieremo presto.
- No, perché io c’ho le banche che la mi stanno addosso, e se…
- Anzi, guardi, la stoffa non era buona, gliela rimandiamo indietro.
- Come?!
- Si, e probabilmente le facciamo anche causa.
- Ma?!
- Addio.
Sei mesi dopo.
- Pronto?
- È la Filatura Pezzati?
- Dipende. Che è un creditore?
- No.
- Allora dica.
- Vorremmo farle un offerta per rilevare la sua azienda.
- Madonnina santa, lo sapevo che c’era un’anima bona che…
- Le offriamo un tozzo di pane.
- …
- Secco.
- …
- Via, anche un bicchier d’acqua tiepida.
- Mi tocca accettare, son finito sotto terra coi debiti…ma lasciamo perdere. Ci si vede domani pe’ firmare i’ contrattino, eh? Ma mi scusi, chi vu saresti voi?
- Burbetton.
E così la grande impresa si espande.
Che voglio dire, il magnaccia che schiaccia i suoi avversari con metodi al limite della legalità, distrugge il tessuto economico e produttivo di interi paesi, si espande con ferocia, diversifica in settori che da dirne ne avrei a pacchi (tipo le autostrade. Che cacchiaccio c’entrano le autostrade con le maglie, dico io), si prende la responsabilità di far diventare famoso e miliardario Briatore, ecco, una società, un’azienda, una multinazionale così, poi mi si propone come l’azienda ggiovane che fa campagne promozionali choc e politically uncorrect e tanto ma tanto anticonformiste e sincere? Dovreste pagare i diritti all’AIDS. Dovreste, con tutti i soldi che v’ha fatto fare.
E tu, artista dei miei palloni, che ti vendi per passare il messaggio più conformista che c’è e cioè c’è tanto male nel mondo, ahimè quanto male c’è nel mondo, i potenti e i cattivi ce lo tengono nascosto ma ahimè c’è chi soffre, e noi ve lo diciamo perché siamo sinceri e indipendenti.
Ma schianta.
Che poi, avrei anche da dirne su quella bella pensata della pubblicità contro l’anoressia, ma lasciamo stare, che mi fa male il fegato abbastanza.
Vado a farmi una camomillina.

lunedì, novembre 12, 2007

Raid contro gli immigrati

Ma non era contro le zanzare?

Qui la notizia, invero non proprio nuova, ma internet in questi giorni ci va talmente piano che le notizie arrivano dopo giorni.
Vado a mettere altri criceti nel server.

giovedì, novembre 08, 2007

Necrologio per coso, lì.

E così, è successo.
Te ne sei andato.
Sei morto nello stesso modo in cui hai vissuto la tua vita: discretamente, in silenzio, con garbo ed eleganza.
Il tuo volto familiare, da nonno bonario, la tua voce pacata, l'accento tipico delle tue terre, tutto ti rendeva così familiare al cuore di tutti noi, vicino, ma vicino mai abbastanza, come tutti i nonni, che non sai cosa pensano veramente.
E gli ultimi anni della tua vita, funestati da un ostracismo inconcepibile per una persona del tuo talento, della tua competenza, della tua statura morale.
Ti veniva impedito di lavorare.
Ti veniva impedito di fare ciò che avevi fatto tutta la vita.
Ti veniva impedito di entrare nelle case degli italiani.
Ti veniva impedito di fare il tuo mestiere, a te, che l'avevi insegnato a tanti.
Quanto dovremo sentirci in colpa, da adesso in poi, per non averti dedicato la giusta attenzione?
Quanto dovremo rammaricarci per la nostra stolta indifferenza?
Chi ci restituirà gli anni della nostra giovinezza, quando ci facevi commuovere, ridere, appassionare?
Forse adesso che sei nei luoghi dell'altrove, potrai mandarci altri messaggi che ci scalderanno il cuore, e lo farai attraverso i nostri ricordi.
I nostri ricordi di te.
Si, non ti scorderemo mai, grande, immenso, unico, Renzo Biaggi.

martedì, novembre 06, 2007

Maieutica sonnambula

Oggi pensavo una cosa, mentre ero in fila alla posta – che questa cosa della fila alla posta è da rivalutare, perché, per dire, invece di stare lì che ti lamenti e dici eh ma questa fila mica si muove mai, magari chiudi gli occhi dieci minuti e cerchi di non addormentarti, che alle poste ci fa quel calduccio che ti fa sonno, e magari ti metti a pensare due-tre cose, che sennò tra il lavoro e questo e quello finisce che tempo per pensare non è che ce ne hai tanto. E allora la fila alla posta è cosa buona e giusta, anche le vecchie che devono pagare il bollettino della luce al cimitero e bloccano la fila per contare le monetine e mancano sempre quindici centesimi, omamma ce l’avevo, guardi signora non importa, nono, ce l’avevo, un va mica bene, o che avrò perso i’ capo? ecco, anche loro fanno simpatia. E allora oggi, mentre ero alla posta ad aspettare che la vecchia maledetta ritrovasse quei fottutissimi quindici centesimi, ho fatto un esercizio zen e mi sono rilassato, e ho diretto altrove il mio pensiero, e mi sono ritrovato a vagare per contrade sconosciutissime della mia testa, e ho pensato questa cosa, questa cosa sulla bellezza.
Che la bellezza è una roba strana.
Per dire, che poi quel che è bello e brutto mica c’è una giuria a deciderlo – e se c’è a volte è anche peggio – e allora il bello e il brutto uno se li decide da solo, son robe personali, tipo. Come che una volta io c’avevo un amico bruttissimo, ma bruttissimo forte, che non lo dicevo solo io, lo diceva anche sua mamma, e aveva trovato una ragazza bruttissima, ma brutta in una maniera che non la si può descrivere, tipo che Maria de Filippi in confronto è un bell’uomo, e una volta che si son dati un bacetto in pubblico la gente ha protestato e han chiamato i Carabinieri a separarli, e secondo me avevan ragione, ‘che son cose non si dovrebbero vedere in un paese civile. Però insomma, tra di loro si piacevano e tutto questo per dire che le robe belle e brutte sono negli occhi di chi le guarda, anche se uno è strabico come la ragazza brutta di questo amico brutto, e questa è una cosa che dicono anche i critici d’arte, tipo Vittorio Sgarbi, e vabè che di solito una cosa se la dice Sgarbi è automaticamente una cagata, però questa volta è vero (anche se secondo me, ma magari mi sbaglio, i critici d’arte pensano che la roba negli occhi che fa vedere se una cosa è bella o brutta ce l’hanno solo loro. Sarà predisposizione genetica, sarà). E insomma, magari è anche una banalità, ma bisogna ricordarselo ogni tanto, che ognuno c’ha i suoi gusti e la sua dignità, c’è pure gente che ci piace Lezioni di piano della Jane Campion, per dire, ma io mica posso andare lì a dire ma siete analfabeti, che c’avete al posto dell’apparato sensoriale, delle scimmie urlatrici? E anche quei beoti trucidissimi che votano Lega Nord, ‘sti zozzi, devi star lì e dire va bè, c’è posto per tutti, al mondo.
Poi ho aperto gli occhi e allo sportello B avevan chiamato il numero 137, e io ho guardato il mio numerino e c’avevo il 121, e la gente mi guardava perchè nella trance zen avevo anche russato, e io ho pensato che bisogna pensare meno e agire di più, alle volte.

lunedì, novembre 05, 2007

Un giustificato motivo per (parte seconda)

A volte (oggi) ritornano...seconda puntata delle avventure di Giangi: riuscirà a tornare a casa in tempo per la peperonata?

Si parte allora!!, L'inizio è un pò blando, movimento a dir poco ripetitivo, su cui potresti abbandonare il tuo animo inquieto, lasciando che quei matematici passaggi scandiscano i battiti del tuo cuore. Chiudi gli occhi allora, il tuo corpo sembra rilassarsi all'infinito, ti lasci trascinare da quella per un attimo hai il terrore di chiamare vita. Ecco che però ad un certo punto ti svegli come se d' ìmprovviso ti strattonassero per un braccio. L'armonia leggera assaporata fino ad un minuto fa si dissolve dietro ad un inespiegabile incalzare del tempo che inesorabile determina arbitrariamente improvvisi cambi di ritmi. Non lascia spazio neanche per farti soffermare su un pensiero, è una cavalcata continua che graffia,taglia, ti ferisce e non si volta...diavolo di un Jimmie Page, potevi aspettare un altro quarto d'ora prima di sparare il tuo assolo?! Quel quarto d'ora che ormai manca alla partenza del treno che ancora non figura nel menù offerto dal ricco tabellone ferroviario. E sì, ci sono proprio tutte, intendo le destinazioni possibili e immaginabili: Crotone, Mantova, Torino, Zurich, Venezia, a dire il vero c'era anche la mia...Napoli ma a differenza delle altre non è accompagnata da nessun numero che faccia riferimento a un cavolo di binario. I Led Zeppelin mi dirigono verso il binario 16, dove già centinaia di persone si accalcano nella speranza che ad un certo punto dal tabellone venga confermato quello che da secoli è ormai stato battezzato come il binario della tratta Milano-Napoli. D'altra parte io, avvalendomi dei miei rinomatissimi studi universitari , non posso che indirettamente avvalorare quei principi economici e statistici su cui avevo consumato occhi e meningi per anni...troppi, forse. Decido però di trovare come al solito un modo per distinguermi, mi dico: mai essere conformisti!, ci vuole una trovata non geniale ma semplicemente diversa che magari possa rivelarsi utile. Allora via! mi faccio largo tra la gente evitando sguardi indagatori e con passo felpato e quell' aria da furbetto spocchioso mi incammino lungo il binario sedici, sicuro e soddisfatto di non essere stato seguito da nessuno. Ma quanto mi piacerò! devo assolutamente festeggiare questa mossa che sa un pò di scacco matto o di scala reale dopo una mano tiratissima. Un bel succo alla pera è quel che ci vuole! se poi ci mettiamo anche i Counting Crows come base, direi che la giornata inizia alla grande, sono pronto a divorarla sino all'ultimo morso, ... avverto solo un leggero formicolio alla schiena ed alle braccia, ehm...dieci kg di valige, forse è il caso di liberarmene. L'istinto direbbe un bel lancio verso il binario, tra l'altro ancora vuoto, ma il senno o meglio quello che tua madre ha cercato disperatamente di insegnarti fino a pochi giorni fa ti suggerisce una soluzione meno drammatica e magari più agevole, quella di appoggiarli in terra e magari appoggiartici sopra. Sì, diciamo che il consiglio della matriarca terminerebbe all'atto dell'appoggiarli in terra, il resto è una tua nostalgica rivisitazione post adolescenziale, che mai hai abbandonato e che per la quale trovi sempre quel giustificato motivo per farla rivivere, anche solo per un istante....

lunedì, ottobre 29, 2007

Un giustificato motivo per (parte prima)

Primo: visto bellino il nuovo layout?
Secondo: sto preparando una serie di post polemici di quelli che dopo sto bene per una settimana, stay tuned;
Terzo: adesso prometto che cerco di essere un po' pi presente, pubblico più spesso e rispondo anche pure ai commenti. Lo giuro sul paguro;
Quarto: inizia una nuova rubrica (il umero zero l'avevo già pubblicato). La scrive il buon Giangi dalla Terra della Nebbia, ci parlerà di come un terùn alla seconda affronta la vita nel profondo nord. Diciamo tutti grazie a Giangi: grazie Giangi.
E vai.

Ad un certo punto la senti, vorresti ucciderla, ti entra nell'anima strillando cercando disperatamente la tua attenzione, non puoi fingere di non esserci, non puoi nasconderti, hai davanti poche soluzioni. Chiudere definitavamnete il rapporto, annientarne anche il ricordo, troppo ti ha fatto soffrire in passato, con quali effetti poi? Ti sei forse sentito una persona migliore? Hai forse avuto modo di maturare o progettare qualcosa di concreto? Sei o non sei rimasto sempre lo stesso! Potresti però rimandare, quello che alla fine ti riesce meglio, trovare scuse per non affrontare di petto la vita, trovare ancora una volta quel cuscino morbido su cui coccolarti all'infinito....ma per quante volte ancora! Allora decidi di trovare quel giustificato motivo per ascoltare il suo grido, qualcosa dentro di te finalmente ti scuote, non ti fa certo vibrare l'animo come un quadro di Kandinsky o una composizione i Michael Nymann, ma decidi comunque di darle retta, ancora una volta, forse per l'ultima volta... Dannata sveglia! In pochi secondi sei in piedi, ti sciacqui i denti, una lavata superficiale, giusto per non attirare l'attenzione di qualche bacherozzo e via, giù per le scale. Come al solito hai però dimenticato qualcosa....te stesso? Sì, quello è assodato, ma magari qualcosa di più concreto. Dove stai andando? Altro domanda metafisica a cui rispondi con altre domande ancora più fumose...anche qui però, cerchiamo di essere concreti!Direzione Stazione Centarle di Milano, treno IC PLUS per Prato, 23 caz.. di euro, quindi quello che stai dimenticando è la valigia, o meglio le valige, cambio di stagione, maledizione! Vabbè capita due volte l'anno, è un sacificio che posso permettemi, ed allora via di corsa, metro gialla da Duomo, proseguendo per Montenapoleone Turati e Repubblica fino a Centrale. Eccoci dunque, biglietteria poco affollata, la fuga dalla City è ormai ultimata, rimani solo tu e 10 kg di vestiti da consegnare alla matriarca, santa donna. Come ogni ragazzo con origini terrone ti presenti con 30 minuti di anticipo al binario o meglio in sala d'attesa, perchè il binario su cui viaggerai rappresenta ancora un mistero. Ma che vuoi, sei in anticipo, che fare allora? Per fortuna hai il tuo MP3 con un sacco di canzoni, scelte per viaggi di media tratta, in cui si alternano generi che poco si parlano, ma che per un motivo o per un altro hanno descritto emozini fresche e passate o che comunque sono riusciti a far breccia tra le mura di quella torre d'avorio dove spesso e volentieri ti diverti a nascondere le tue emozioni, così preziose, così incondivisibili....

giovedì, ottobre 25, 2007

Del perchè tutti odiano gli italiani, anche gli italiani.

Salve a tutti, hallo, bonjour, oh-o, ehilà, salve, ciao, yuppi. Voi non mi conoscete, mi chiamo Dante Chianti e sono un viaggiatore. Esploro per mio puro diletto quelle regioni del globo che per un motivo o per un altro non avevo già visitato prima, e questo mi impegna assai parecchio tempo. Infatti, per un motivo o per un altro, sono sempre in viaggio a esplorare il mondo senza nessuna reale necessità se non il desiderio di conoscenza, e per un motivo o per un altro, faccio sempre questi viaggi da solo, conoscendo i miei compagni di viaggio durante il viaggio stesso.
Anf.
Datochesi viaggio molto, e sempre da solo, per un motivo o un altro ho dovuto imparare le lingue del mondo, e ora le so tutte, grazie a un corso in fascicoli che vendevano in edicola con le cassette da ascoltare e ripetere. E dato che, per un motivo o per un altro, penso di sapere un sacco di cose che non è bello che gli altri no, voglio insegnare al mondo le cose che, per un motivo o per un altro, so, e quindi ho cominciato a scrivere e-mail in diverse lingue all'indirizzo di vari blog dotati di pubblico, finchè non ho trovato la giusta combinazione lingua-blogger sfaticato che concede in affitto spazio pubblico sul suo blog ad altre persone, e HK mi ha detto "scrivi pure basta che paghi".
Ed eccomi qua.
E adesso lasciatemi presentare me stesso al pubblico internazionale:
Dear international public, my name is Dante Chianti (Dante like the poet that went to the hell, do you know him? That with the big nose and the red hat on the top of his head, the one from florence, that then he had to go away because his enemy had take the power, come on! And allor! You are ignorant! I'm sure you know Chianti wine, però, eh?). I'm here to talk about, for a reason or for another reason, my travel all around the world, but first I have to speak about languages, because there aren't so many people in Italy that speak well like me. Wait a moment please, I have to speak with my italian and ignorant friend.
Un modo per aiutare a comprendere i meccanismi delle lingue è capire prima di tutto come ogni popolo, per un motivo o un altro, ride. Come si ride? Cosa fa ridere?
Quando voglio vedere se una persona è dotata di senso dell'umorismo, racconto delle facezie, tipo:
- Sai di chi non devi fidarti? Di Chiara.
- E perchè?
- Perchè chiaramente! Ah ah ah!
Ovviamente funziona solo se sia voi che il vostro interlocutore conoscete una donna che si chiama Chiara. Certo, potrebbe funzionare anche così:
- Sai di chi non devi fidarti? Di Precipitevolissimevol.
- E perchè?
- Perchè precipitevolissimevolmente! Ah ah ah!
ma è più ostica.
Come faccio quando voglio far ridere un inglese capatosta:
- Do you know who you have not to trust? Of Bright.
- Why?
- Because bright lies! Ah ah ah.
Di solito però non funziona, allora faccio così:
- No, I'm joking. Really, do you want to know why you have not to trust of Bright?
- Yes, why?
- Because brightly! Ah ah ah!
Se non capisce nemmeno questa intuisco che non c'è niente da fare e me ne vado in malo modo.
In realtà poi il mio pezzo forte sarebbe questa:
- Listen me, do you know why God made us just one chin?
- No, why?
- Because He can't do otherwise! Ah ah ah.
Raramente capiscono. Eppure in Italia, per un motivo o per un altro, funzionava.

venerdì, ottobre 19, 2007

Certo, certo.

Anch’io una volta sono sceso agli inferi. Allora lavoravo per Foracchio s.a.r.l., una piccola azienda che produceva putrelle industriali difettose. Era un tardo pomeriggio d’aprile, e il mio capo era sceso giù un attimo alle malebolge, nell’ottavo cerchio, a trovare un suo vecchio socio morto due settimane prima, per sapere dove aveva nascosto la contabilità in nero, e poi mentre era lì aveva incontrato il Vanussi Mario, che era stato tanto bravo in vita ma poi era morto d’infarto mentre votava D’Alema e non aveva fatto in tempo a andare a confessarsi.
E allora il capo e il Vanussi Mario si erano messi a chiacchierare ricordando quando andavano al mare da bimbetti a Marina di Bibbona e erano ganzi e c’avevano le squinzie, e quando è tornato su non trovava più gli F24 dell’Iva. Allora mi chiama e mi fa senti, io c’ho una riunione tra mezz’ora a Sollicciano con l’amministratore delegato di Ciccipucci srl, hai presente, quello condannato per bancarotta fraudolenta e strage, fai una cosa, scendi giù all’ottavo cerchio e riprendi gli F24, che mi sembra di averli appoggiati su una roccia di granito rosso, guarda un po’ se li ritrovi, e poi dopo lasciali in banca, per favore, che oggi è il 16, e già che ci sei magari fai un salto alla posta a spedire le raccomandate all’assessorato, che ho chiesto se ci danno un finanziamento per la realizzazione di una villetta abusiva all’Argentario, hai presente il promontorio in pieno parco marino? Ecco, lì.
Io gli faccio ok, ci vado domattina, che adesso è tardi.
E lui no, non hai capito, oggi è il 16, bisogna pagare, sennò ci fanno la multa.
E io no, non hai capito te, sono le setteemmezzo e io dovevo andare a casa alle sei ma son rimasto per rimettere a posto il casino che qualcuno (tu) ha combinato.
E lui dai, vai adesso che domani poi vai via prima.
E io gli dico ma che (cazzo) dici, sono le setteemmezzo, quale banca è aperta a quest’ora, vorrei sapere.
E lui ma non ti preoccupare, ho chiamato il direttore e mi ha garantito che se glieli porti entro le setteemmezzo lui fa finta di averli registrati oggi e il pagamento lo fa domattina.
Si, dico io, ma come faccio a portarglieli alle setteemezzo se devo anche scendere giù alle malebolge e poi andare in banca e sono adesso di già le setteetrentacinque.
Son le setteetrentaciqnue perché hai perso tempo a lamentarti che era tardi, se andavi subito quando te l’avevo detto adesso non eri in ritardo, mi fa.
Si, ma se te non lasciavi gli F24 giù adesso non era troppo tardi, e se li portavi quando la ragioniera te li aveva dati non c’erano problemi.
Vai alle malebolge o ti licenzio.
E fu così che scesi agli inferi a prendere gli F24. Ma poi il direttore della banca era digià andato a casa, e la finanza ci fece la multa.
Due palle.

mercoledì, ottobre 17, 2007

Dolore senza fine

Anche quest'anno, per l'ennesima volta, Giorgio è stato del tutto ignorato dell'Accademia di Svezia.
Io non capisco.

martedì, ottobre 16, 2007

Un'avventura inedita di Sam Spade

Era notte fonda, e la striscia d’asfalto si snodava intermittente davanti a me. Una pioggia sottile batteva sul vetro, e il tergicristallo bastava a malapena ad allontanare le gocce, ma non il mio malumore. Maledizione, pensai, questo storia non mi convince. Ripensai a quello che mi aveva detto il marito della bionda. Inutile, le sue vaghe scuse non riuscivano a cancellare un forte senso di inquietudine, e l’idea che ad indagare sul caso fosse il commissario Platton non mi tranquillizzava affatto. La mia cliente era morta, ammazzata da un colpo di rivoltella, nessuno mi avrebbe pagato, e mi ero anche preso una bella battuta dagli sbirri. Per l’ennesima volta mi sentivo fregato. E la berta, nella fondina, mi sembrava molto più pesante del solito.
Abbassai distrattamente lo sguardo verso il tachimetro, e mi accorsi che una spia gialla segnalava il serbatoio vuoto.
Maledizione, pensai, una spia gialla mi segnala il serbatoio vuoto.
Allungai la mano verso le sigarette, sperando che una paglia potesse aiutarmi a rilassarmi.
Il pacchetto era vuoto, avevo anche finito le paglie.
Maledizione, pensai, ho anche finito le paglie.
Rovistando nel posacenere, riuscii a trovare una mezza paglia spenta, ci soffiai sopra per scuotere via la cenere, la raddrizzai e me la misi in bocca.
Presi la scatola di cerini dal taschino, ma era vuota.
Maledizione, pensai, doppia maledizione.
Per una volta, però, la fortuna non mi aveva del tutto abbandonato. Poco più avanti lampeggiava l’insegna di un locale.
Bene, pensai, forse la fortuna non mi ha del tutto abbandonato, ecco là l’insegna di un locale.
Mi avvicinai al distributore e riempii il serbatoio. Poi accostai la macchina nel parcheggio e scesi. La strada era deserta, e la luce intermittente al neon friggeva nel silenzio della notte. Indossai cappello e soprabito per ripararmi dalla pioggia e mi incamminai lentamente verso il locale.
L’aspetto era quanto meno dimesso, e attraverso le vetrate vedevo all’interno pochi inservienti vagare svogliati. Sorrisi amaramente. Ancora una notte in giro per la città a parlare con sconosciuti che non rivedrò, pensai, ancora una notte insonne, ancora una notte perduta dietro ai problemi degli altri.
Maledizione, pensai, devo anche andare in bagno.
Entrai e mi avvicinai al bancone. Una stanca cameriera dalla chioma bionda mi si avvicinò.
- Ehi Flo, dammi un doppio whisky con ghiaccio. E anche un pacchetto di Lucky Strike.
- A quest’ora non possiamo servire alcolici. I tabacchi li trova alla cassa.
Maledizione, pensai, ma che diavolo…
- Che diavolo, cosa significa che non potete vendere alcolici? Avanti, ti sembro un ragazzino?
- Guardi, a quest’ora sull’autostrada noi non si pole vendere alcolici. Non li possiamo dare. Poi sennò arriva la polizia e ci fa la multa e noi e a lei, e a me mi mandan via.
Gli sbirri mi perseguitano, maledizione.
- D’accordo, vorrà dire che per una volta rimarrò a secco. Allora preparami uova e prosciutto, che non mangio da ieri, e prepara un bel po’ di caffè. E tagliami una bella fetta di torta di mele.
- Senta, io il caffè glielo fo anche, ma da mangiare bisogna che vada a prenderlo al self service, qui al banco si fanno panini e basta.
Maledizione.
- E va bene – mi alzai di malavoglia – dove diamine, con rispetto parlando, è adesso questo auto servizio?
- In fondo alla sala, ma a quest’ora le cucine son bell’e chiuse. Gli è tardi, che ha visto che ore sono?
- D’accordo – mi risedetti, ma stava cominciando a venirmi la mosca al naso. La berta era sempre più pesante, nella fondina – allora cosa posso mangiare?
- C’è i panini.
- Okay, va bene, allora fammi un bel sandwich con fegato e cipolle, e non risparmiare sulla mostarda.
- I panini son confezionati, un si possano preparare noi. Vole un camogli?
Camogli…una volta conoscevo un certo Alfredo “Al” Camogli, un mafiosetto di scarsa categoria, una innocua verdesca nel mare di squali che è il racket di Brooklin. Un tizio, un tizio ricco, chiamiamolo Tizio Ricco, mi aveva assunto per indagare sulla moglie, che sospettava lo tradisse. Io dico d’accordo e mi metto a pedinarla, nel modo discreto che un buon lince privato deve conoscere se vuol fare questo mestiere. Beh, alla fine salta fuori che la moglie lo tradisce con il figlio di un boss, chiamiamolo don Faffone, e che a don Faffone non piace che qualcuno pedini l’amichetta dell’amato rampollo (vorrei sapere come avevano fatto a scoprirmi, tra l’altro). Allora viene a trovarmi uno scagnozzo, Al Camogli appunto, e mi viene a dire che sto dando fastidio, al che io replico che le mie passeggiate innocenti non possono dar fastidio a nessuno se non a cani randagi e mogli infedeli, lui si inalbera e tira fuori la berta, ma
- Glielo scaldo, il camogli?
- Si grazie.
Insomma, finisce che preme il grilletto prima di toglierla dalla fondina si spara a un piede. Ho dovuto freddarlo. Bravo ragazzo Al, ma per niente tagliato per quel lavoro.
Il panino era indigesto come Al ma più cattivo. Per mandare via il saporaccio avevo bisogno di una bella tazza di caffè.
- Ehi Flo…
- Guardi, io un so chi la chiama, io mi chiamo Ivana.
- Brava Ivana, adesso per mandare via il saporaccio del panino ho bisogno di una bella tazza di caffè.
- Ecco qua.
- Ehi bella…
- Si?
- Mi sa che hai sbagliato tazza, questa qua è quella per i nani.
- Eh?
- La tazza, il caffè, cos’è questa roba? Al massimo mi ci bagno il naso.
- Ma icchè vole?
- Una tazza di caffè!
- Omamma, tutt’ammè e’ grulli…
Decisi di rinunciare al caffè, maledizione, e mi avviai verso l’uscita. Ma la porta era sbarrata.
- Maledizione, ma che diamine…
Stavo allungando la mano verso la berta quando mi si avvicinò un ragazzetto con il viso deturpato dall’acne e con un abito da inserviente.
- Signore, l’uscita l’è da quella parte, da qui s’entra ebbasta.
Mi allontanai in fretta, deciso ad andarmene il prima possibile da quel posto di alienati. Ma in un qualche modo riuscirono a alterare il mio fidato senso dell’orientamento, e mi ritrovai in un labirinto, tra scaffali di un dannato magazzino ricolmi di generi di conforto di ogni tipologia. Iniziai a correre, scansando un gruppo di anziane in gita sociale che mi urlarono qualcosa tipo “non si corre nei corridoi, giovinotto”. Poi, non so più dopo quanto tempo, ripresi il controllo dei miei nervi, e mi resi conto di essere arrivato all’uscita. Mentre con un fazzoletto mi asciugavo un velo di sudore dalla fronte, mi avvicinai alla cassa per comprare le paglie.
- Dammi un pacchetto di paglie, bella.
- Prego?
- Sigarette.
- Che marca?
- Lucky Strike.
- Con filtro o senza?
- Senza.
- Dure o morbide?
- Dure.
- Rosse o bianche?
- Rosse.
- Light o normali?
- Normali.
- Da 10 o da 20?
- Da 20.
- Ecco qua.
- Ah, dimenticavo, mi dai anche una confezione di cerini?
- Normali o antivento?
Resistetti alla tentazione di picchiarla…no, non resistetti. Con un gancio alla mascella la tirai dritta per terra, mi allungai sopra il banco e mi impossessai dei cerini, i primi che trovai, lasciando i soldi accanto alla cassa.
Ero fuori. Una brezza leggera mi soffiava sul viso, come a ricordarmi che c’era ancora molta strada da fare e…maledizione! Non ero andato in bagno!
Mi fermai, indeciso. Di tornare dentro non se ne parlava. Ripartire senza liberarsi però sarebbe stato un problema. Alla fine mi risolsi: mi accesi una paglia e mi avviai verso un muretto del parcheggio, dove porre rimedio ad una impellente necessità.
Ero talmente concentrato sul non far cadere la cenere della paglia in luoghi ameni, che non mi accorsi che qualcuno era arrivato alle mie spalle – ironico, per un lince privato. Però me ne accorsi quando, appena finito, mi voltai e mi trovai davanti uno sbirro che mi guardava torvo.
- Lo sa che codesta l’è un’infrazione piuttosto grave? E’ un pericolo per l’igiene. Mi tocca falle la multa. Favorisca i documenti, per favore.
Maledetti sbirri, non mi avrete, pensai. Venderò cara la mia pelle.
Nella fondina, la berta pesava parecchio.

lunedì, ottobre 15, 2007

Blog, azione, giorno!

A me questa cosa me l'ha detta una tipa che c'ha un blog che parla di robe tipo zappe e aratri e musei e amici della sopraelevata, quindi insomma, va presa con cautela, con le dovute precauzioni. Che, insomma, come dire, sarebbe che tutti i blog d'immondo oggi devono parlare tutti della stessa cosa tutti insieme tutti, e che se te non partecipi va bene lo stesso, però poi non lamentarti quando ti succedono cose brutte tipo che perdi il lavoro, ti viene la scrofola, i vigili ti fanno la multa perchè hai parcheggiato su una vecchina dai capelli turchini senza pagare, tua figlia ti diventa donnasessuale e tuo figlio si iscrive a scienze della comunicazione and so on.
Così ho deciduto che anche io oggi parlo del tema proposto, il quale tema è molto sentito, e oltretutto devo scriverlo, questo tema, che mia mamma mi ha preso il libretto delle giustificazioni perchè non faccia il furbo ed entri alla seconda ora, che con matematica e latino ha funzionato e anche con l'interrogazione di inglese, ma poi il preside ha chiamato a casa e ha detto signora, lo sa che suo figlio entra sempre alla seconda ora e lei no, ma adesso appena torna a casa entrerà direttamente nel settimo cielo con uno sganassone.
E così.
Allora HK, cosa ci dici del tema di questo blog acton day, che è l'ambiente?
Cari discepoli, vi narrerò una Parabola Che Utilizza Temi Di Ordine Quotidiano Per Analizzare Questioni Profonde Con Un Chiaro Intento Didattico.
Questa Parabola ecc. si intitola I suoni del tuo vicino.
In quel tempo, un contadino...
Scusi...
Si?
Quale tempo?
Come?
Ha detto "in quel tempo". In quale, con precisione?
Uno qualunque, non è importante.
Come non è importante? Se ha detto "in quel tempo" si vede che ne intendeva uno in particolare. Quale?
Ma no, non intendevo un'epoca precisa, è ua affermazione legata al contesto narrativo, puramente funzionale alla narrazione, introduttiva, mi spiego?
Mm...va bene.
Allora, in quel tempo, un contadino che aveva un piccolo campo di segale si...
Come si chiamava?
Chi?
Il contadino.
Il contadino?
Si, come si chiamava?
Ma non lo so!
Non lo sa?! (la folla si scandalizza, qualquno si allontana scuotendo la testa) Come fa a raccontare la storia di qualcuno se non sa neppure come si chiama?
D'accordo, si chiamava...Simone, ecco, si chiamava Simone.
Ma se aveva detto che non lo sapeva!
Avanti, si sta inventando tutto, andiamo via.
Aspetta, io voglio restare...
Maria! Ho detto andiamocene!
Ma Timoteo...
Smettila! Sono tuo marito e devi ubbidirmi (la picchia)
Aspettate, non andate via, non picchiate le vostre mogli, non siate violenti.
(annotando tutto su un taccuino) ah-a, non violenti...e poi?
Si, continua la tua storia, come finisce?
E' vero, vogliamo sapere perchè questo Simone picchiava la moglie!
Ma non era Simone a picchiare la moglie, era Timoteo!
Timoteo? E chi sarebbe? Un altro contadino?
Ma no, era quel tizio qui davanti! Stava picchiando la moglie!
Mh, e che lavoro farebbe questo Timoteo?
Ma non lo so!
Ah, lo dicevo io, questo qua si inventa le storie, non sa niente!
Ma no, è vero, la stava picchiando!
Ma smettila! (la folla si disperde. Il predicatore rimane solo e grida al vento. Si avvicinano due vigili. Vogliono multarlo per inquinamento acustco e disturbo della quiete pubblica. Lui si rifiuta e non fornisce le generalità. I vigili chiamano i Carabinieri per condurlo in caserma. Tenta la fuga ma viene raggiunto e bloccato).
La morale di questa Parabola è che le troppe chiacchere fanno inquinamento acustico. Chi parla a vanvera infastidisce anche te.
Digli di smettere.
SHHH (NO FUFFA)- Campagna nazionale contro l'inquinamento acustico.