venerdì, novembre 28, 2008

Perchè camminare sul marciapiedi, quando puoi farlo in mezzo alla strada?

Anni fa, ma neanche poi così tanti, io mi arrabbiavo di continuo.
Ora no, ora non più.
Ma allora si, che mi arrabbiavo.
Bastava poco, mi indignavo anche per uno che buttava una carta a terra.
Mica poi facevo altro, oltre ad arrabbiarmi: restavo lì, rosso in faccia, digrignavo i denti, stringevo forte forte i pugnetti, ma poi basta, stavo zitto (oltretutto poi quando mi arrabbio tanto la voce mi si incrina, e mi viene fuori questa vocetta stridula da suorina anziana che sta per piangere, cosa che, spero ne converrete, non è proprio il massimo quando vuoi rimarcare l'altrui errore).
Anche ora, in effetti, anche adesso mi arrabbio a volte (ma non così spesso) però ho imparato a controllare le corde vocali, piego la testona in avanti, gonfio il toracino, cerco in tutti i modi di abbassare il tono di voce che...niente, ancora suorina anziana.
Che però (ecco la differenza) non sta per piangere, è solo un pochino commossa.
Son progressi, ne vado molto orgoglioso.
Che poi, lo devo dire, motivi per arrabbiarsi uno come me, permaloso come un peperone, li trova anche nel lavandino, per dire.
Soprattutto da un anno, da quando vivo in centro, sembra sempre ci sia un concorso, o un complotto (ancora non ho capito la differenza) del mondo intiero per suscitare in me le ben note reazioni di cui sopra (vocina suora).
Vogliamo analizzare alcune casistiche di cattivo comportamento che genera brutte reazioni?
I comportamenti che mi fanno arrabbiare (o della fauna cittadina).
- I mosconi: ragazzino/a in motorino/a che passa davanti alla finestra di casa mia sei volte sei sempre senza staccare la manina/o da quel cazzo/a di manopola/o dell'accelleratore.
- Il gallo cedrone: tizio slavo che si ferma esattamente davanti alla porta di casa mia e parla al cellulare A VOCE ALTISSIMA, immagino per riuscire a farsi sentire dall'interlocutore non solo attraverso la codifica GPS, ma anche tramite decibel (se urlo abbastanza forte, la mia voce supererà la ionosfera, attraverserà gli Appennini e poi l'Adriatico e poi i Balcani).
- Lo scarabeo stercorario: Misterioso individuo che lascia i sacchetti della munnezza sul marciapiede, confidando in una raccolta porta-a-porta che non esiste, e disprezzando il cassonetto che fa bella mostra di sè dieci metri più avanti. Nessuno lo conosce, nessuno lo ha mai visto. Agisce nell'ombra muovendosi furtivo lungo i muri e rasentando le grondaie, deposita il prezioso raccolto e svanisce non appena avverte un rumore.
- Le formiche impazzite: Pedoni storditi che si muovono come fossero affetti da labirintite, vagando senza meta. Si fermano all'improvviso come colpiti da visioni mistiche, oppure scattano come centometristi tagliando la strada in diagonale, senza guardare nè a destra nè (tantomeno) a sinistra. Particolarmente randomico e precario il comportamento di infanti di età compresa tra i tre e i cinque anni, adolescenti brufolosi che si spintonano in precario equilibri, e anziane dai capelli turchini sommerse sotto strati di cerone, truccosetti e pellicce di volpino.
- I fenicotteri: fermi, in piedi, agli angoli delle strade o, più comunemente sulle porte di negozi, bar, locali pubblici, biblioteche, fumerie d'oppio. Raggruppati in comunità di tre, quattro o al massimo cinque esemplari, parlano parlano parlano ininterrottamente e contemporaneamente. L'unico movimento che fanno (oltre al muovere la lungua) è quello di spostare il peso da una gamba all'altra, fino al raggiungimento dell'intorpidimento. Se li si ascolta con attenzione, si potranno ascoltare brandelli di conversazioni del tutto sconnesse, che vertono principalmente sull'ultimo fatto di cronaca, sulle tasse, la microcriminalità, il terrorismo, il rigore su Del Piero. Si zittiscono solo quando ti avvicini e chiedi permesso, che sennò non passi. Allora si voltano verso di te, posano entrambe le zampe a terra e volano via, davanti al portone accanto. E ricominciano.
- I piccioni: Io li odio quegli animali.
- La capra: c'è a Citta Cupa questa signora, bassa, grassoccia, con le caviglie grosse, che gira sempre in bicicletta. Io non so dove vada, nè cosa faccia, nè perchè tutte le mattine, alla stessa ora, io la veda (con qualunque tempo atmosferico) in bicicletta, con la sporta della spesa nel cestino della Graziella. Però, immancabilmente, la signora, sulla Graziella, si fa tutto viale Piave e poi via Firenze in mezzo alla strada, occupando esattamente il centro della corsia. Questo, benchè accanto alla strada, tipo a due metri, esista una pista ciclabile.
Niente, lei, indomita, orgogliosa e testarda, occupa metà corsia tra gli insulti degli automobilisti. Ogni giorno.
Io, una volta, cortesemente, gliel'ho anche detto:
Heike: Signora, non vede che intralcia il traffico? Perchè non va sulla pista ciclabile?
Signora (senza neanche guardarmi): E te perchè non ci vai a fangulo?
Ma io non mi arrabbio più.

martedì, novembre 18, 2008

Un giustificato motivo per (parte sedicesima)

Altra puntata di questa saga eterna.
Giangi ci dimostra che si può parlare per ore del proprio ombelico, e poi di niente, e non avere ancora terminato le parafrasi.
A voi.
Heike

In quella che forse per la prima volta sembra non esser una fuga ho bisogno di una vera e propria dose di adrenalina, qualcosa che alimenti questo mio status di eccitazione e pienezza, che faccia da cornice e immortali per sempre il mio sguardo su cui lentamente vanno a imprimersi quelle accese pieghe di un egocentrismo sempre lasciato sottointeso nella penombra di qualche "forse" racchiuso nell leggero tremare delle palpebre.
Come un esperto radiofonico lancio il prossimo brano musicale, peccato solo non avere neanche un minuto per sceglierlo. Avrei passato ore e ore a fare avanti ed indietro fino a selezionare qualche pezzo metal anni novanta, magari dei vecchi e gloriosi Metallica, quando ancora Kirk Hammet si lanciava in assoli graffianti carichi di scale vertiginose che mi rapivano di meraviglia l'animo. Ricordo che sarei stato pronto a dare qualsiasi cosa pur di poter ripetere anche per pochi secondi quella nota impossibile, farla vibrare all'infinito. Ora come non mai riassaporo quell'emozione, quel brivido che nasce da una nota che taglia tutto ciò che mi si para davanti e che intralcia il mio cammino.
Aimè i Metllica hanno deciso di riposare ancora per un pò nell'archivio, ma a prendere la scena è quell'inconfondibile triplo rullo di cassa, secco, deciso, che fa da anteprima ad un ritmo incontrollabile a cui non si puo resistere.
E' una sequenza di note frenetiche, che balzellano tra un binario e l'altro e che si insinuano nelle vene, ammorbidendo muscoli e nervi ormai abbastanza provati dal viaggio.
E' il riecheggiare del mondo che fino ad ora ho tentato di disegnare e a cui sto dando ascolto, che pulsa, freme, che come un quadro di Kandinsky cerca di uscire fuori da una forma preconfezionata, offerta come la migliore delle soluzioni possibili.
E' un vortice di emozioni trascinate dall'incalzare incessante di accordi brillanti, che vanno ad intrecciarsi in modo indecifrabile sulle rive dell'Arno specchiandosi su colori primaverili in un inverno appena iniziato.
E' l'inno di chi sta per intraprendere una corsa contro il tempo, che non può e non vuole fermarsi davanti all'idea di poter respirare una vita qualsiasi, di chi non vuol essere scelto finchè non è in grado di scegliersi, di chi è forse troppo innnamorato di se stesso tanto da rimanenrne accecato, ma che custodisce gelosamente il ricordo di ogni lacrima versata....
It's the end of the world, forse quello che di cui i R.E.M parlano, forse quello che leggiamo sulle prime pagine dei giornali o quello raccontato nei notiziari televisivi, il mio mondo invece è giovanissimo, è nato su un binario e un giustificato motivo lo fa rimanere abbracciato ad esso.
Giangi

Nell'immagine: niente, perchè col nuovo layout le immagini entrano malissimo e mi scompaginano il codice.

giovedì, novembre 13, 2008

Vae victis

Io, secondo me, ci devo avere una faccia, che a chi la vede viene voglia di farmi piccole manchevolezze, tipo pisciarmi sulle scarpe (mentre le indosso) o passarmi avanti quando sono in coda.
A proposito di coda.
C'è una cosa, riguardo le code in genere, ma soprattutto quelle di auto, che mi sono sempre chiesto.
Ma quando uno è in macchina, ed è fermo, in coda, nel traffico, perchè suona il clacson?
Cioè, a che serve?
Perchè mi viene da pensare che quello che suona il clacson lo consideri uno strumento risolutore definitivo, tipo le trombe del giudizio, muovetevi innanzi, che i giorni stanno per finire e ho un appuntamento tra mezz'ora con il notaio Squaracquoni, marrani!
Oppure, e questa è l'idea che preferisco, colui che suona il clacson è convinto che la fila, la coda, sia causata da una macchina sola, in cima, ferma davanti ad una strada vuota, e che il guidatore si sia addormentato, o che magari, chissà, sia un filosofo esistenzialista in preda a drammi interiori (urge scuoterlo!)...
In una grande città, centinaia di automobili immobili incolonnate sotto il sole. Puzza di gas di scarico, bolgia dantesca, la furia e la rabbia travolgono tutti. In cima alla coda troviamo, immobile, una Nissan Micra color giallo canarino che occupa l'intera carreggiata. Al volante, un uomo è preda di dubbi profondi:
Filosofo Esistenzialista che guida la Micra: e se tutto, tutto non fosse altro che mera illusione? Se la realtà nascesse, spontanea, ove il mio sguardo cade, generandosi solo per volere della mia volontà? Non sarebbe dunque terribile e meraviglioso supporre che io, e io solo sia l'abitante di questo mondo, e coloro che io chiamo miei simili in realtà non siano altro che meri fantasmi, illusioni prospettiche che vagano, ondivaghe, come cosciente flusso dei miei pensieri? Perchè se così fosse, dovrei stare attento, che un solo passo falso, una distrazione, potrebbe precipitarmi in un abisso senza fondo, una voragine di incoscienza profonda eoni, dalla quale non sarebbe poss
Camionista In Coda Dietro Di Lui, Suonando Il Clacson: TI MUOVI, STRONZO!
Filosofo Esistenzialista Che Guida La Micra: Ma...?! Questo suono? (si volta e vede chilometri di coda dietro di lui) Oh no, improvvisamente capisco la mia follia. Scusate, scusatemi tutti.
Ingrana la prima, parte e precipita in un abisso senza fondo.
...
Scusate la digressione.
Dicevo.
Perchè io ce l'ho da sempre questa convinzione, che quando un barista, o un esercente in genere, mi ignora, mica lo fa perché è distratto, nossignore, lo fa perché è cattivo, e perché io ci devo avere questa faccia che eccetera.
Tipo ieri, che sono andato al cinema con Peephee a vedere Tropic Thunder (poi ne parlerò), e alla cassa mi passavano avanti praticamente tutti*, famiglie, single, cani, ciccioni obesi, ragazzine.
Alla fine, quando la cassiera ha detto "si, mi dica" al bambino di cinque anni in fila dietro di me, ho rinunciato e ho chiesto a Peephee di comprami il biglietto.
Lui mi ha pisciato sulle scarpe ed è entrato da solo.
Ma ormai ci ho fatto l'abitudine, di avere questa faccia che eccetera, non ci faccio più caso, nemmeno quando vado a cena fuori e tutti mi scambiano per un cameriere, anche i camerieri, che mi chiamano e mi chiedono se posso portar loro una forchetta pulita.
Però non sono sempre stato così, a volte mi sono anche arrabbiato e ho fatto sentire la mia voce, eccome se l'ho fatta sentire, ah si!
Per esempio, una volta ero alla biglietteria della stazione, in coda, si avvicina uno con la faccia da maniaco e cerca di passarmi avanti. Io, ignorando il coltello sporco di sangue che teneva stretto nella destra, gli faccio "signore, rispetti la fila. E' il mio turno, adesso".
Ci fissiamo, occhi negli occhi, per lunghi istanti.
Poi io distolgo lo sguardo, mi volto verso la cassa e lui mi fissa l'orecchio.
Compro il biglietto, mi incammino verso il treno, e lui sempre dietro, zitto, che mi segue guardandomi fisso.
Salgo sul treno, mi siedo, e lui pure sale, e si siede vicino a me, senza smettere di fissarmi.
Decido che non posso farci niente, è evidentemente un povero pazzo, la cosa migliore è ignorarlo, e dopo un po' non ci faccio più caso, nemmeno ci penso più.
Quando poi il treno arriva alla mia stazione, scendo, attraverso l'atrio, scendo al parcheggio, salgo in macchina e vado a casa. Parcheggio l'auto in garage, entro in casa, poso giacca e valigetta, mi bevo un bicchier d'acqua, guardo un po' di televisione, accendo il pc e controllo la posta.
Poi, siccome mi prende una certa urgenza, cerco un Topolino che ancora non ho letto e vado in bagno, mi abbasso i pantaloni, mi siedo sul wc, e a quel punto decido che ne ho abbastanza, non mi viene se c'è un tizio con un coltello insanguinato in mano che mi fissa l'orecchio, mi giro verso di lui (seduto sul bidet) e gli faccio:
- Guardi che c'ero davvero io prima di lei!
- Sei uno sfigato.
Si alza e se ne va.
- Ok, va bene, forse sono uno sfigato, ma questo fa automaticamente di me uno sfigato?
Il tizio col coltello torna indietro e gli piscia sulle scarpe.

*Questo, ed altri episodi riportati nel testo sovrastante, potrebbero non essere accaduti o essere accaduti diversamente da come descritti. Ma, nel mio piccolo cuore da orsetto, è come se fossero veri.

domenica, novembre 09, 2008

Numero dispari di denti

Ieri mi sono tolto un dente, un dente del giudizio.
Il mio dentista, che è un amico dai tempi della scuola, le settimane passate mi chiamava a casa e mi mandava sms, per sapere se avevo fatto la radiografia panoramica e quando andavo a levarmelo 'sto cazzo di dente e se stavo seguendo le cure che eccetera.
Un dentista così, averlo sempre avuto.
Che la mia dentista di prima, brava, eh, porca miseria, ma quando le dicevo mi levi questo dente Chiara, che quando mi si infiamma io non ci dormo la notte, piango dal dolore, lei mi rispondeva massì massì, quando poi ti dà fastidio lo togliamo, intanto prendi un po' di aulin e il dentosan e io la guardavo e mi chiedevo ma quante persone devo aver ammazzato, nella vita precedente.
E invece il mio dentista di adesso mi guarda la bocca, sospira, scuote la testa, mi dice che sono un imbecille e meriterei di essere schiacciato da un TIR, poi mi fa la richiesta per la radiografia e mi scaccia dallo studio.
E la radiografia è una figata, devi indossare una giacchettina di piombo, ti mettono in bocca un bastoncino e ti dicono non si muova, poi ti sembra che tutti ti guardino come si guarda un cane al canile, dieci minuti prima dell'iniezione letale, il dottore ti dice resti immobile e rimani solo nella stanzetta, tu e la macchina dei raggi X. Tu resti fermo e il macchinario comincia a muoversi tutto intorno alla tua testa, e pensi che oggi pioveva e morire in un giorno di pioggia ha un qualcosa di molto metaforico.
Poi la macchina si ferma, entra il tecnico e ti dice di tornare tra due giorni a riprendere la lastra.
La lastra? Ma non si chiamavano lapidi? pensi.
Io da sempre c'ho questa fobia, piuttosto comune ne convengo, dei dentisti, che è un po' la fobia del dolore, ma soprattutto è la paura dell'essere in balìa di gente che non conosci , che ti mette in bocca robe di ferro pesantissime, io i denti sempre sani, giusto due cariette vent'anni fa, ma gli apparecchi per addrizzare i denti, porca miseria, da bambino avevo tanto di quel ferro in bocca che non potevo passare vicino alle calamite per non rimanerci attaccato di faccia.
Io, dei dentisti, ho paura.
E il mio dentista, quando ero un bambino, era uno di questi dentisti cattivi che non lavoravano mai, avevano gli assistenti per quello, arrivava solo a fine visita per aprirmi la bocca, piantarmi i pollici dietro la mandibola, proprio sotto l'orecchio, e guardare il lavoro senza parlare.
Io dei dentisti, ho paura, ma del mal di denti di più.
Quindi alla fine, dopo dieci anni, dal destista ci sono tornato, per farmi levare il denti del giudizio.
E infatti ieri sono stato tranquillo tutto il giorno, fino a che non sono entrato nello studio del dentista e non mi sono seduto sulla poltrona e non l'ho visto prendere pinza (ENORMI), punteruolo (ENORME) e una siringa chirurgica. Che, non so se lo sapete, ma le siringhe chirurgiche, io l'ho scoperto ieri, sono di metallo, e con l'impugnatura.
Si, tipo quelle dei gabinetti d'anatomia nelle stampe dell'ottocento.
Ma quel che va fatto va fatto, ho detto al mio dentista, è tardi per tornare indietro, ho detto, va bene, toglimi il dente, gli ho detto.
Guarda, mica stavo aspettando la tua autorizzazione, mi risponde lui, mentre mi fa l'iniezione di anestetico.
E poi, la sensazione strana di non sentire niente, fuorchè lo scricchilio del dente che si muove, si stacca, senti il rumore, cric crac, roba che si sposta, il sangue nella bocca, cric crac, i denti non sono attaccati all'osso, sono infilati nella carne, piantati come chiodi, mi diceva il mio dentista, per toglierli bisogna fare come con i chiodi, muoverli, e la carne, il legno, alla fine si stancano di combattere, e il dente, il chiodo, esce.
Cric crac.
Dopo, mentre guardavo il dente, intero, rosso, nella vaschetta, Porca miseria, ho pensato, come ci si rompe facile.
Cric crac.

mercoledì, novembre 05, 2008

Il nero va su tutto

Ma anche sì.