Le proprietà de Le Potenze
Il 23 giugno 1987 il Senatore non era ancora il Senatore. Era un senatore, e per molti niente di più di un qualunque sacrificabile che ondeggiava per le aule di Palazzo Madama, votando sì o no a seconda delle indicazioni del capopartito. Noi, per correttezza filologica con quanto viene dopo e per amor di chiarezza, lo chiameremo Giovane Senatore.
Una avventura del Giovane Senatore
Se avesse dovuto dire con chiarezza a quale corrente aderiva, a quale sistema appartenesse, verso quale ordine del mondo sentisse più vicinanza, il Giovane Senatore avrebbe guardato con attenzione il suo interlocutore, Ne avrebbe osservato il taglio di capelli, la qualità della giacca, le scarpe, il movimento delle mani, la ruvidità delle gote, rasate di fresco o meno. Avrebbe provato ad indovinare, il Giovane Senatore, a quale chiesa mondana aderiva, questo interlocutore, e dieci volte su dieci, va detto, avrebbe indovinato, Avrebbe risposto allora mi ritengo un governativo, oppure assolutamente laico!, o anche non dovrei dirlo, ma quando c'era lui... incontrando sempre, dall'altra parte, un sorrisetto amichevole di riconoscimento, un ammiccare compiaciuto, un leggero cenno con il capo.
Il Giovane Senatore era abile, a coltivare la sottile arte del mimetismo, a nascondersi negli anfratti, a presenziare alle riunioni importanti sempre senza farsi notare troppo, quasi confuso con la tappezzeria. Calvo anzitempo, sovrappeso, sempre vestito con una grisaglia grigio topo e mocassini di pelle nera, appariva smorto ed amorfo anche tra i compagni della compagine governativa, intento a leggere decreti legge, proposte legislative, scartafacci, quotidiani. Nessuno lo ricordava per un intervento importante, per un discorso infuocato, per una proposta di legge particolarmente innovativa. Quando prendeva la parola, la voce nasale e monocorde addormentava i colleghi distratti o faceva venir loro voglia di uscire dall'aula e dirigersi al bar per un caffé corretto alla sambuca.
Eppure.
Eppure, quando questo grigio ed anonimo burocrate incrociava i Potenti nei corridoi del palazzo, sempre riusciva ad ottenere uno sguardo, un cenno, un saluto. Forlani e Craxi si fermavano volentieri a scambiare due parole, ad incoraggiarlo, a chiedere la sua onesta opinione. Il Gobbo poi, non lasciava passare una settimana senza chiamare il Giovane Senatore nel suo ufficio per prendere una tazza di the.
Il Giovane Senatore aveva capito, con largo anticipo, che il potere - anzi, il Potere - risiede nella capacità di stare nel posto giusto al momento giusto, nel non fare troppe domande, nel farsi trovare pronto ad annuire con entusiasmo o scuotere il capo con disapprovazione. Si stava costruendo una carriera, e sapeva che, prima o poi, avrebbe ricevuto l'attenzione de Le Potenze.
Quella mattina una lunga lista di segni gli fecero capire che il momento era ormai prossimo:
- mentre era seduto in cucina a fare colazione, dal rubinetto dell'acqua uscì un grosso moscone rosso, che si posò sul tavolo di fronte a lui, lo osservò per qualche minuto, e poi se ne andò per la stessa via per cui era arrivato;
- davanti al portone di casa venne fermato da una vecchia zingara che gli chiese un obolo. Il Giovane Senatore la ignorò e quella lo maledisse con violenza;
- entrando nel suo studiolo in viale Giulio Cesare, trovò sulla maniglia della porta una grossa lumaca nera;
- per tre ore consecutive, ogni volte che alzava lo sguardo vedeva fuori dalla finestra una nuvoletta scura immobile nel cielo terso, a forma di occhio, che lo guardava fisso;
- alle 14.00 ricevette una telefonata da Arezzo, durante la quale qualcuno fece congratulazioni, e riappese senza dire altro;
- tutte le penne stilografiche del suo studio esplosero all'improvviso;
- la sua segretaria Adelaide ebbe un infarto e fu ricoverata d'urgenza al Policlinico Gemelli;
- ebbe un violento attacco di dissenteria.
Quella sera stessa, mentre stava uscendo per tornare a casa, fu fermato sulla porta da un uomo incappucciato, fermo tra le ombre dell'androne buio:
"Giovane Senatore, siete convocato a mezzanotte in via della Fontana al numero 7. Non lavatevi."
Le Potenze lo avevano chiamato.