Venite all'Aquila - parte due
Il presidente inaugura le case, consegna le chiavi, sorride e scherza dicendo che ci verrebbe volentieri a stare lui, se potesse dedicarsi a vita contemplativa. Bruno Vespa e le telecamere lo seguono, lo accompagnano all'auto mentre la folla lo saluta. Trenta metri più in là, le ruspe sono ferme e spente per non disturbare.
Onna è un disastro a cielo aperto, la distruzione è totale: le abitazioni sono tutte distrutte o seriamente danneggiate. I morti sono 49 su un totale di poco più di 300 abitanti.
Una signora vestita di nero spazza le foglie secche davanti alla sua nuova casa. Ci dice che le case sono belle e ci si trova bene, c'è anche il giardino, ma le nostre case non ci sono più. Indica un punto al di là del cantiere che separa la nuova Onna dalla vecchia. Almeno noi siam rimasti vivi, e ricomincia a spazzare le foglie.
Per entrare nella zona rossa non servono i caschi protettivi; le recinzioni sono meno opprimenti di quelle dell'Aquila, e si capisce il perchè: tutto è distrutto, non c'è nessun rischio che ti cada una grondaia addosso. Ci accompagnano tre persone, credo siano della Pro loco di Onna, ma non sono sicuro, arrivo stordito e all'inizio non capisco le parole. Le case sono aperte come cadaveri in sala autopsie, ti mostrano l'intimità che conservavano. E' questa la pornografia? Mostrare ciò che dovrebbe essere nascosto? Che ci faccio qui con la macchina fotografica in mano? Fotografo un frigorifero sventrato, un mobile rovesciato, due damigiane ricoperte di mattoni. Fotografo la carta da parati esposta al vento, le finestre che incorniciano il cielo, i termosifoni attaccati ai muri come piante d'edera, i televisori sfondati, gli attaccapanni, i citofoni. Su un cortile si affacciano i resti di una casa, le mattonelle del bagno ancora attaccate, rosa salmone, in alto lo scarico del water. il resto non c'è più. Avevo fatto una foto ad una bambola, ma non la ritrovo più.
I nostri accompagnatori ci portano in giro nel labirinto di strade tutte uguali che è diventata Onna. Quando crolla tutto, come fai coi punti di riferimento? Come ti orienti? Le ruspe scavano un sentiero tra le macerie, trovano una strada dove la strada dovrebbe esserci, togliamo le case e sotto dovrebbe, credo, esserci una via. Ricostruire i sentieri scavando.
Nel maggio del 1944 i tedeschi abbandonano la linea Gustav e si muovono verso nord. Mentre si ritirano, le SS entrano a Onna e uccidono 17 persone per una qualche rappresaglia.
Al confine tra le due Onna c'è un edificio in vetro e cemento armato; contiene un auditorium per le riunioni e diverse sale destinate alle associazioni cittadine. L'ha costruita l'ambasciata tedesca in Italia, non come simbolo di riparazione per la strage del '44, ma come gesto di aiuto. Ha le finestre grandi, ed è pieno di luce.
La new town ha strade larghe e piste ciclabili, giardini curati. I prefabbricati sono stati costruiti dalla Croce Rossa con il finanziamento della provincia di Trento, seguendo le indicazioni dei cittadini su come gestire gli spazi e l'assegnazione delle case, in modo da ricreare lo stesso vicinato di prima. I miei cugini hanno un campeggio a Firenze; non amano molto le tende, prediligono quelle che chiamano case mobili, dei prefabbricati su ruote. La new town mi ricorda il campeggio in modo inquietante. Le case, mi dicono, sono state donate al Comune. A Gennaio il Comune comincerà a chiedere il pagamento dell'affitto agli abitanti, perché non ce la fa più a pagare gli oneri di gestione. Mentre mi raccontano questo, si affianca un'auto. Si abbassa il finestrino e si affaccia un uomo che mi guarda la macchina fotografica. Chiama il nostro accompagnatore e gli dice che deve raccontare tutto, che quando torniamo a casa dobbiamo sapere tutto e dirlo a tutti, tutti devono sapere la verità. L'altro ride e lo saluta.
Villa Sant'Angelo è vicina ad Onna. Ci accompagna una ragazza sui vent'anni. Qui non andiamo alla new town, restiamo in piazza grande a guardare quel che resta: transenne e macerie. Il cielo è cupo, stormi d'uccelli volano sopra gli alberi, tre cani ci accompagnano per il paese, giocano nelle macerie, uno mi sa che si è fatto una specie di tana sotto le travi di una casa crollata, per ripararsi la notte. La ragazza - come si chiamava? - dice che i giovani non hanno più un posto dove ritrovarsi, usano una casetta di legno come punto di ritrovo la sera, per chiacchierare un po', bersi un the. Lo dice due o tre volte, bersi un the, come se fosse un gesto di pace tanto desiderato.
In autobus tengo la macchina fotografica in mano - non l'ho mai mollata, ma mi sembra che scotti. Scelgo la profondità di campo, regolo i tempi, fuoco manuale, funzione VR attivata, scelgo gli ASA, dimensione del file, esposizione, saturazione. Fotografo macerie. Fotografo cimiteri. A che serve?
Nel viaggio di ritorno Andrea ci passa una cosa da leggere. Io la passo a voi.
Venite all'Aquila.
Le foto di Onna e Villa Sant'Angelo
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