martedì, luglio 12, 2011

Il fardello dell'uomo bianco (parte uno di due)

Intanto c'è da dire che adesso vivo in un paese che magari a eleganza, buon gusto e roba da mangiare stiamo un po' indietro (ma tipo tanto), però per quanto riguarda l'organizzazione delle robe del vivere quotidiano, la burocrazia, il disbrigo degli affari quotidiani, ah signora mia, l'Italia è il Burundi (senza offesa per il Burundi che peraltro scopro essere stato colonia prima tedesca e poi belga, quindi magari hanno una struttura statale ereditata dai loro passati dominatori protestanti - non era Weber che diceva che alla base dello sviluppo capitalistico dell'occidente c'è lo spirito arraffone e competitivo e profittante del calvinismo? E io chennesò) punto.
Insomma, per celebrare la nostra prima vacanza italiana decidiamo di andare da Poste Italiane a chiudere il conto Bancoposta.

LUNEDI MATTINA
Arriviamo alle poste e parcheggiamo la macchinina sulle strisce pedonali davanti ad un passo carrabile riservato ai disabili di fronte all'ospedale e alle scuole. Suoniamo un po' il clacson, poi scendiamo parlando a voce alta al cellulare ed entriamo.
Le poste sono state ristrutturate da poco: ci sono nuovi vetri, i muri sono imbiancati di fresco, sono stati persino installati dei nuovi poggianziani (uno non ci pensa, ma guarda che sono indispensabili: metti che devi andare alla posta e hai un anziano con te e non ci sono sedie libere, che fai? Dove lo posi?), senza contare le numerose nicchiette predisposte per l'impiegato che non ha voglia di lavorare ma non vuole che la gente gli rompa le palle: basta entrare in un cubicolo, sedersi, prendere in mano un telefono e far finta di telefonare. Oppure, meglio: si entra in due (entrambi in pausa caffé), ci si siede uno al posto dell'impiegato e l'altro al posto del cliente, e si chiacchera amabilmente del regalo da fare alla Gisella che si sposa, o delle trattenute esose in busta paga, o delle vacanze a sciarmelsceich.
Ed è proprio verso uno di questi cubicolo che ci dirigiamo, attratti dalla scritta SERVIZI FINANZIARI come le zanzarine sono attratte dalla luce azzurra, che però poi dopo zap. Ci affacciamo alla porticina e vedo il promotore finanziario di Poste Italiane seduto con i piedi sul tavolino e una birra in mano, e davanti a lui il cliente con i piedi sul tavolino (dall'altra parte) e un negroni in mano. Quando mi vedono fanno un gesto come a dire "il conto", io li guardo così e allora quello che faceva la parte del cliente si alza e se ne va, con questo sguardo diretto verso di me.
Then io e Elle entriamo sorridendo timidi e l'impiegato fa "un attimo", alza la cornetta del telefono (che non stava suonando) e dice "pronto". Poi tace per cinque minuti, fissando la parete e ascoltando un monologo evidentemente interessantissimo. Poi dice "no" e riaggancia.
Infine si volta verso di noi, così.
"Ditemi".
"Sì, senta, noi si voleva chiudere il conto Bancoposta perché, so che sembriamo due sfigati, ma senta un po' che cosa ganza abbiamo fatto, ci siamo trasferiti a Lon-"
"I conti Bancoposta non si chiudono qui. Noi li apriamo e basta".
"Ah. E allora come si fa? No, perché noi ci siamo trasferiti a Lon-"
"Dovete prendere un appuntamento con un responsabile".
"E come si fa? C'è un numero da chiamare? Perché noi non ci s'ha tanto tempo, bisogna tornare a Lon-".
"Macché telefonare. Prendete un numerino. Aspettate il vostro turno. Vi chiamano allo sportello. Vi danno l'appuntamento".
"Capito. No, perché sa, le cose a Lon-".
"IL PROSSIMO!"
Ci allontaniamo mentre un cameriere entra nel bugigattolo dicendo "chi ha ordinato i due Campari?"

In genere, quando faccio la fila da qualche parte ed aspetto con il mio numeretto in mano, succede una cosa stranissima: tipo che io ho il 48, adesso serviamo il 35, adesso il 36, non c'è il 36? Il 37? Nemmeno? Allora il 38, 39, 40? Nessuno ha questi numeri? 41, 42, 43, 44, 45, 46 (intanto io mi avvicino trepidante, sono passati due minuti da quando ho preso il numeretto e tra poco tocca a me, solo un numero mi separa dallo sportello, oh gioia oh gaudio), c'è il 46? No? E il 47?
"Si, eccomi".
E si avvicina allo sportello una grassona oscillante su due gambotte dondolone, che ci lancia uno sguardo sornione. Vabe', ci diciamo, che c'avrà da fare questa, voglio dire, va alla posta, dovrà pagare un bollettino, mandare una raccomandata, cose così, guarda, tempo cinque minuti, massimo dieci (ma proprio a esagerare, eh) tocca a noi.
Ventisette lentissimi minuti dopo...
"E' andata via?"
"No, è ancora lì. Continua a dormire, ti sveglio io quando tocca a noi".
Tempo dopo (impossibile sapere quanto, la carica dei cellulari si è esaurita)...
"Elle, svegliati"
"Tocca a noi?"
"No, è che il tuo turno di montare la guardia. Tieni, prendi il fucile, ho sentito ululare in lontananza".
(Nel frattempo sullo sfondo passa un cameriere gridando "Per chi è lo spritz?").

"Numero 48"
"Salve siamo noi. Senta, simpaticamente, dobbiamo prendere un appuntamento per chiudere il nostro conto Bancoposta, abbiamo lasciato l'Italia (che è il paese che amiamo) e ci siamo trasferiti a Lon-"
"Va bene".
"Davvero?" Elle comincia a piangere piano.
"Sì".
"Allora, ce lo dà lei l'appuntamento?"
"Sì".
"Che bello, grazie".
"Prego".
"..."
"..."
"..."
"..."
"Ce lo dà?"
"Cosa?"
"L'appuntamento. Per chiudere il conto. Il conto Bancoposta". Elle smette di piangere e mi stringe forte la mano.
"Ah, sì. Ma non adesso. Adesso ho la pausa caffè".
La mano mi fa male.
"Ma poi torna".
"Sì".
E svanisce in una nuvola di zolfo.
Lo troviamo in uno stanzino che guarda video di gattini su Youtube.
Dopo averlo evocato sgozzando un capretto nero, ci rivela che i conti si chiudono su appuntamento e solo il sabato (il sabato?) e il nostro aereo per Lon- parte sabato mattina presto, quindi nisba. Però ci rivela che, telefonando a questo numero e chiedendo di Cicillo o'fetiente è possibile vedere se magari forse c'è la possibilità che sia il caso eventualmente casomai chissà potrebbe darsi di ottenere un appuntamento.
Ringraziando così ce ne andiamo rinfrancati dell'aver trovato un ambiente tanto cordiale ed a misura d'uomo (e di donna).

(continua...)

5 commenti:

Artemisia ha detto...

Mi mancavano i tuoi post, Heike. Ti trovo in gran forma. L'idea delle foto è una gran trovata. Come fai a trovarle?
Un abbraccio dal Burundi!

Attila ha detto...

Strano che alle Poste di questi tempi i computer funzionassero... potreste ritenervi fortunati dal non aver trovato la porta sbarrata...

Cordialità

Attila

Lorenzo ha detto...

AHAHAHAH! Brilliant as usual, sir. L'Italia ispira la commedia meglio di qualunque altro posto.

tepepa ha detto...

Ciao Heike, pensa a Cuba citta socialista, e malfamata, non ho fatto una fila per nessuna cosa, e le postre erano un metro per due... e senza pc.. W l'Italia...

Peephee ha detto...

Post geniale!
Uso delle immagini: geniale!
Grande Heike!
Aspetto il seguito ;-)