giovedì, marzo 26, 2009

Un giustificato motivo per (parte della maggiore etade)

Stamattina, che ero a far colazione al bar perché a casa abbiam finito i rigoli, accanto a me al bancone del bar c'era una strappona in tacchi alti e labbra botuliniche e seno prospicente evidenziato dal wunderbra e occhiali a specchio (che io la gente con gli occhiali a specchio la uso per sistemarmi i capelli). Ecco, io avevo sonno e aspettavo il mio cappuccino, e c'era questa tizia accanto a me che si vedeva benissimo che si stava domandando perché non la stessi guardando, e stava di mezzo profilo verso di me, con l'espressione tipo "pezzente, che non mi vedi? Guarda come son figa".
E niente, al mondo c'è anche questa gente qui, per dire.
La parola al logorroico et involuto Giangi.
Heike

Arrivo!
Ehm,..Partenza!
Chi lo sa, in un certo senso io dovrei essere l'unico in grado di dare la risposta esatta.
Mi immagino seduto su quella poltrona scomodissima del famigerato programma televisivo "il Milionario", faccia a faccia con me stesso. Mentre mi sorrido e compiaccio sbeffeggiandomi con quell'aria di falsa indifferenza, ogni tanto butto l'occhio sullo schermo dove a caratteri bene visibili lampeggiano le caselle: "arrivo - partenza".
Eccole lì, le prime e ultime due risposte ad un viaggio ricco di domande, di quesiti esistenziali, in cui a farla da padrone son stati i "se" i "ma" e i "forse".
Che siano solo due semplici parole in grado di sintetizzare una vita? La mia vita?
Ah, ci risiamo, un'altra domanda, ed io devo trovare una risposta, che incubo!
Sta di fatto che davanti a me c'è il regionale Bologna - Prato con le porte spalancate, pronto ad abbracciare me e le mie valige per questo ultimo viaggio, quest'ultima ora di passione. Neanche la statistica ha infatti la forza per insinuare un qualche remoto dubbio sulla possibilità che questa tratta non fili liscia fino alla destinazione toscana.
Ancora con il fiatone per l'estenuante corsa al binario mi giro come se stessi cercando qualcuno, il controllore, un pendolare, uno sguardo amico che mi rassereni che aiuti a gridare a me stesso la risposta della vita.
La realtà ancora una volta lascia spazio all'immaginazione e a quel faccia a faccia che, inesorabile, continua. Puntata storica diranno un giorno, chissà, sta di fatto che sono nel vivo di una partita a scacchi con me stesso e non devo perderla. Le mie mosse vengon replicate in maniera scientifica dall'altra parte della scacchiera, "arrivo e partenza" sembrano annullarsi a vicenda. Azzardare una risposta sarebbe come, liberare la regina e sacrificarla per puntare su alfieri e torre, rischiare di andare in scacco.
Sta di fatto che in scacco probabilmente mi ci trovo dall'inizio della partita e da quando ho avuto la presunzione di poter dare un contorno ad una vita che di cornici non ne vuol sentir parlare.
Arrivo - Partenza, nienete altro che parole ammaccate e ammuffite dietro sguardi misteriosi e vaniscenti che hanno avuto però la forza di uscire allo scoperto e mostrarsi nella loro diametrale opposizione, che da sempre si intrecciano perdendo i propri contorni, convinte che esista un giustificato motivo che le faccia vivere insieme accettandone le diverse sfumature.
Esco dalla sala del Milonario, non faccio caso al mormorio del pubblico che ansioso aspettava accendessi una delle due risposte. Nessuna delle due è quella giusta e nessuna delle due è errata.
Rientro nel mondo reale, salgo su quest'ultimo treno, metto le cuffie e do spazio a Bohemian Rhapsody dei Queen, lasciando che con la sua folle ritmica si prenda gioco di questo mio momento di empasse, ma che probabilmente come nessun'altra canzone riesce a dipingere al meglio questa sorta di contrasto esistenziale che mi avvolge e mi accompagna su qualsiasi treno decida di salire.

lunedì, marzo 23, 2009

Capitolo cinque

Questa è la quinta parte di una storia (a bivi). Le prime quattro sono qui. Buona lettura!

Sono le quattro e trentasette.
Di notte.
Buio.
Silenzio.
All'improvviso, un suono.
Drin.
Drin drin.
Drin drin drin.
Qualcuno mormora, nel buio, e si muove... mormora? Macché! C'è un casino del diavolo! Sembra di stare ad uno di quei raduni notturni di bikers americani, con i falò, la musica a palla, la birra che scorre come fiumi e discinte ragazze in reggiseno e shorts strappati...
Ma che stavo facendo? Ah, sì, il trillo del telefono. Lo uso come sveglia ed è sempre puntato alle 6. Maledetta vita del pendolare!
Ma perché avevo visto le quattro e trentasette? Ah, sì, l'orologio! E' fermo da quando l'ho sbattuto per rispondere a Heike nel cuore della notte...
HEIKE!
DEVO CORRERE A RECUPERARLO!
E' sempre il solito. Avrà bevuto come un ciuco a qualche festone e, tutto ubriaco, avrà dato spettacolo come suo solito: non consiglio a nessuno di vederlo fare l'elicottero in mutande e con le cannucce dei cocktails infilate nel... Aaah, se penso a come usa quelle povere cannucce...
Ok, facciamo il punto della situazione...

Che diavolo ci faccio sdraiato su una tavola di pietra con delle persone basse, dal pelo rosso e lungo su tutto il corpo che mi girano attorno vorticosamente e mugugnano un ritornello che farebbe la felicità dei discografici di sanremo? Oddio, che siano creature del folklore come quelle di Heike? Peggio, sono dei tizi con la passione delle Harley Davidson (mai piaciute le arleidevison...) che sono travestiti da bikers americani nel loro “Raduno annuale di tizi con la passione delle Harley Davidson" (come recita lo striscione che campeggia sopra di me).
Ma che ci fanno in questo pesino del cavolo? Ricordo di essere passato vicino a Salassio o almeno questa è l'ultima cosa che ricordo.
Mi volto verso uno di questi nani rossi e gli dico:
- Ehi, amico, ma che ci fate in questo paesino del cavolo?
- Ce la spassiamo, bello! Ti sei ripreso? Dai, fatti un goccio e un giro...
(fai che non dica arleydevison!!!)
- ...su una delle nostre girls!
- (fiuuu, pericolo scampato!)
- No grazie (mannaggia!), devo correre ad aiutare un amico (sciagurato, penso io) che si è messo nei guai e ha bisogno di me.
(questa gliela metto in conto! Una volta tanto che avevo trovato un party con ragazze discinte, vogliose e... scuoto velocemente la testa per riprendermi)

Heike, Heike, chi era costui? (o era Carneade?) Stavo andando da lui. Avevo preso la macchina per raggiungerlo a Impiccatoio quando, nei pressi di Sacrifizio (ridente paesino, recita l'indicazione), il satellitare tomtom sul cellulare non segnalava più la posizione e la strada. Doc avrebbe detto che dove stiamo andando non c'è bisogno di strade. Ma a me servono, eccheddiamine!

- Scusa amico...
Ma cosa vuole questo? Avevo continuato a seguire la strada quando finalmente incrocio il cartello che mi indica Salasso a 5km...
- ...ehi, ma che hai?
E lasciami stare, sto pensando! Ero in auto, la radio si spegne di colpo, la macchina pure, vedo tante lucine che si avvicinano... Ok, ho visto abbastanza puntate di X-Files per capire quando si avvicinano gli alieni. Vado incontro alle lucine facendo il saluto vulcaniano e fischiettando il motivetto di Incontri ravvicinati del terzo tipo (è uno dei trucchi che ho imparato) quando qualcosa mi colpisce forte, cado a terra e perdo i sensi.
- Ehi, ma perché ti sei imbambolato?
Uffa, ma cosa vuole questo? Ecco, dopo la botta -sento il bernoccolo in testa- mi risveglio al raduno dei bikers.
- Ehi, ci spiace se ti abbiamo colpito con le moto ma di notte, su queste strade non si vede nulla e tu ci sei venuto incontro. Candice è molto preoccupata e vorrebbe sdebitarsi con te. Ti unisci a noi o devi andare da questo tuo amico, Aicocoso?
Oddio, se Candice è quella sventolona tutta cosce e con due meloni al posto giusto, cosa dovrei fare? Unirmi ai baccanali di questi pazzi con le arleidevison (bleah!) o raggiungere il mio buon amico Heike che in questo momento ha bisogno di me?


Cari tutti, sorpresa! Questo capitolo non l'ho scritto io, ma il mio co-protagonista, l'immarcescibile Peephee, commentatore sempre presente e lettore di lunga data. Quindi: i capitoli pari li scrivo io, quelli dispari lui (finchè c'abbiamo voglia, ovviamente), poi ci scontreremo, e alla fine ne rimarrà soltanto uno!
Scherzo.
Insomma, il gioco lo conoscete: questa è una storia a bivi, il seguito lo decidete voi!

venerdì, marzo 20, 2009

Perché quel film lì che non voglio nominare è terribile

Io sono andato al cinema già prevenuto, sapevo che non dovevo avere aspettative alte, tanto già altre volte ci sono rimasto male, a vedere come è facile stuprare la mia educazione sentimentale.
Mi aspettavo il peggio, davvero.
Ero ancora troppo ottimista.
Pensate a un libro, un film, una storia che avete amato.
Una storia perfetta, bellissima, che vi ha commosso, alla quale non potete smettere di pensare, ogni tanto.
E ora pensate che ci faranno un film, e sarà interpretato da Boldi e De Sica che si tirano torte di merda di mucca in faccia.
Ecco cosa è successo a Watchmen, anche se, forse, con Boldi e De Sica che si tirano torte di merda di mucca in faccia avrei sofferto meno.
Mi si dice: sì però l'adattamento è abbastanza fedele, questo film è la cosa più vicina allo spirito originale che si potesse tirar fuori, la paranoia, l'intrigo, ci sono, proprio come nel fumetto, e
No, dai, basta.
Ma guarda che ti sbagli, i personaggi sono resi con
Dai, davvero. Basta.
Ma
Ebbastaa.
Perché è brutto? Non lo so, il fatto è che non riesco a trovare un motivo per dire perché NON è un film brutto. E' inutile. Ridicolo. Imbarazzante. Superfluo. Riduttivo. Implausibile.
Riesce ad essere un film implausibile con supereroi realistici.
Oltre il limite del buon senso. Direi.
Vediamo: la recitazione degli attori è imbarazzante, a partire da un Ozymandias (figurati se mi vado a cercare i nomi degli attori) che per tutto il film mantiene sempre la stessa espressione da "ho una carota in culo e non so cosa ci faccia lì", a uno Spettro di Seta II che mi ha fatto rivalutare l'abilità interpretativa di Monica Bellucci. Il dr. Manhattan poi. La sua ragazza gli dice che leccargli un dito è come leccare una pila. Anche guardarlo recitare è come guardare recitare una pila.
Cani maledetti.
Poi. Una regia basata su ralenty, primi piani, carrelli in avanti, dolly e inquadrature dall'alto è indubbiamente spettacolare. Ma mi irrita, e mi fa venire mal di testa. Non seguo lo svolgersi degli eventi, vedo solo un gran movimento e una gran confusione.
Nel fumetto (so che non dovrei fare questi confronti, lo so, ma questo passatemelo) il montaggio è essenziale, è il vero valore aggiunto. Nel film è sciatto, banale, invisibile. Non c'è ironia, non c'è pathos, non c'è epica, non c'è niente. Ci sono solo, su due ore e mezzo di film, due ore e mezzo di gente che si prende a cazzotti. E nient'altro. Vuoto pneumatico.
Non sono un purista, non sono uno di quelli che dicono che non si devono mischiare i media perché bla bla, però fare questo film è stato uno sbaglio. E non perché si è cambiato troppo rispetto all'opera originale, ma perché non lo si è cambiato abbastanza. Questo è un ibrido mostruoso: si è voluto innestare una trama adulta nel corpo di un film per ragazzini, usando tizi con costumi fighi, pose cool e tante mosse di arti marziali per parlare di quanto è brutta la guerra.
Nell'opera originale si parla del destino come di una macchina, un moloch gigante di pietra che schiaccia gli innocenti come insetti, e nessuno è in grado di fare niente, anche e soprattutto i supereroi che sono dei disadattati come tutti gli altri. Le multinazionali, il denaro, la società marcia e violenta che annichilisce gli inermi, sono questi i nemici, e non un tizio in costume che calcia le persone da un lato all'altro della stanza.
Watchmen è un fumetto terribile, nichilista, disperante che non prevede redenzione per nessuno.
Questo è un film fatto per vendere costumi ed action figures.

Poi, due giorni fa, il viso di Clint Eatwood.
Il viso di Clint è come un paesaggio.
Non smetteresti mai di guardarlo.
Gran Torino, ecco un film perfetto. Una storia perfetta. Se fosse una favola, te la faresti leggere tutte le sere, prima di dormire.

Con Clint, ogni angolo di strada, ogni casa, ogni giardino è west, la prateria, la frontiera, perché lui la sa, la terribile verità: che la frontiera non è mai scomparsa, si è nascosta, ma non è mai scomparsa.
Ci sei sopra, alla frontiera.
Non c'è pace nelle strade.
Puoi chiuderti in casa, farla diventare un posto sicuro, un forte imprendibile, ma prima o poi, lo sai, ci sarà bisogno dell'uomo con la pistola.
Mio padre adora gli western, il cinema di indiani, con i buoni e i cattivi. A lui piace John Wayne.
Io invece, sono più per Clint.
Sempre stato, per Clint.
Altro che Gufo Notturno.
Quando un uomo col costume incontra un uomo con la pistola...

venerdì, marzo 13, 2009

Segni di scarsa sagacia

Cari amici, lettori fidati, abbonati storici e visitatori casuali, gente di tutte le razze, i popoli e i mondi tutti, compagni, sodali, immaginifici compatrioti dell'egenomia dell'uomo, o voi tutti, che popolate queste lande elettroniche con dita agili e rapidi occhi, voi, che cagionate in me l'orgoglio spontaneo che supplisce alle mie manchevolezze narrative, voi, amici, voi, lettori, voi, come va?
Io sto bene, grazie, a parte il fatto che ieri sera sono andato al cine a vedere Uoccmén e ora vorrei che qualcuno me lo avesse impedito, o che, in alternativa, qualcuno mi causasse SUBITO una lesione cerebrale permanente ma non invalidante capace di rimuovere del mio cervello i ricordi di quella visione infausta.
Vavè.
Prometto a breve (ma davvero, non come con Indiana Jones - però lì ho davvero impiegato mesi per elaborare la recensione più completa ed esustiva possibile) prometto a breve, dicevo, una disamina accurata del perché il film faccia pietade, e del perché dovrebbe essere materia di studio nelle scuole (sin dalle elementari) il tentare di non distruggere il lavoro altrui (di Moore) pasticciandolo con le manine.
Ma passiamo oltre.
Forse non lo sapete (ma oramai dovrebbe essere chiaro) ma sono noioso come la morte. Non solo, sono anche un collezionista di nozioni inutili.
Ho una quantità di aneddoti, riflessioni, fanfòle che potrei portare avanti un monologo di dieci ore, e se non lo faccio è solo perché dove la trovo, gente che mi sta a sentire per dieci ore?
E poi, mica mi va.
Te lo immagini, dieci ore a parlare.
Due palle.
Specialmente per il pubblico.
Il fatto è che poi non perdo occasione per incrementare questa massa informe di nozioni, una sorta di bulimia culturale (e infatto poi vomito tutte queste informazioni non richieste addosso a chi mi circonda - per esempio, lo sapevate che gli alberi in genere hanno l'estensione delle radici pari, per forma e dimensioni, a quella della chioma? E' per questo che nei cimiteri vengono piantati cipressi, perché così non rovinano le tombe con le radici). E' come quando avevo vent'anni e collezionavo lattine di birra: le raccoglievo ovunque, anche nei canaletti di scolo, e quando uscivo la sera ci pensavo sempre e cercavo di prenderne una nuova, diversa, che non avevo. Per tacere dell'interrail del '98, quando mi trascinai per tutto il nord Europa una sacca con dentro decine di lattine. Mi si sentiva arrivare di lontano, sembravo una mucca al pascolo con il campanaccio. Mooooo.
Di che parlavo? Ah si.
Quindi, per incrementare la mia bulimia culturale e trovare altri aneddoti idioti da inserire a casaccio nelle conversazioni e produrre nuova fuffa ho cominciato a frequentare, qui a Città Cupa, un seminario gratuito (sottolineo gratuito) sulla scrittura.
Tanto per chiarire, si trattava di cinque incontri aperti al pubblico, in una struttura comunale ricavata nei macelli pubblici, in uno sputo di città culturalmente annichilita. Vale la pena tenere in considerazione questo, quando, la prima sera, il coordinatore del seminario ci chiede di presentarci, noi utenti, in due parole.
Io balbetto qualcosa a proposito del collezionismo di nozioni inutili, o cagate simili. Il tipo seduto dietro di me dice qualcosa, ma non so cosa, perché sono distratto da un odore tremendo come se qualcuno avesse spalancato la fossa settica, poi capisco che è il suo alito. Quindi, stordito dalle esalazioni, assisto alla auto-presentazione degli altri partecipanti. Presentazioni che, da subito, mi lanciano in un'universo alternativo popolato da creature di fantasia quali draghi, unicorni e scrittori talentuosi che non hanno avuto il successo che meritavano.
Eccoli di seguito, in ordine sparso (come me li ricordo) (avvertenza: alcuni potrebbero essere inventati, ma non mi ricordo quali):
- non so leggere tanto bene, ma scrivo per l'edizione locale de Il Tirreno.
- scrivere per me è un atto creativo, non sono altro che uno strumento della musa.
- mi sono appena laureata...(pausa drammatica)...al DAMS!!! Ora passo i giorni guardando telefilm, più che altro.
- ho frequentato un corso di scrittura creativa tenuto da Baricco alla scuola Holden. Adesso sono diventato uno scrittore creativo, e non sbaglio più i congiuntivi.
- si, si, scrivere e tutto, ma leggere? Io vorrei sottolineare l'importanza delle biblioteche. Io, per esempio, non ho mai comprato un libro, ma mica perché non me lo posso permettere, io me lo posso permettere, sia chiaro. Ma li prendo in biblioteca (e non li riporto).
- scrivo per me stessa.
- scrivo sul giornale parrocchiale.
- scrivo su un sito di recensioni musicali.
- scrivevo testi per un gruppo di amici punk.
- ho sempre letto il booklet dei CD che compravo. Ora non li leggo più perché li scarico, ma mi piace immaginare di scrivere canzoni.
- tre anni fa ho pubblicato un libro di poesie con una piccola ma coraggiosa casa editrice romana, nonnò non ho pagato, mi hanno cercato loro, non ho pagato, ho solo acquistato le copie che loro si sono offerti di stampare, le ho a casa, tiratura di duemila copie, le ho ancora tutte, se qualcuno è interessato me lo faccia sapere, il volume si intitola I frutti acerbi della mia estate infeconda, 25 euro trattabili. Accetto anche valute estere.
- conosco uno che scrive su un giornale.
- conosco il cantante dei Ciapasù.
- conosco il celebre drammaturgo Alfonso Faffalaffa.
- conosco uno che ha un amico che ha un vicino di casa che ha un fratello, che una volta ha consegnato le pizze alla redazione del Mucchio Selvaggio.
- ho fatto teatro per dieci anni in una compagnia amatoriale diretta da Massimi Castro.
- io sono notaio ma nel tempo libero ho scritto i testi per le canzoni degli Spanciau Ballett.
- ho vent'anni, faccio la professoressa di letteratura in un istituto professionalizzante, e sono reduce dalla scrittura di un romanzo autobiografico di quattrocento pagine.
- sono il responsabile della friggitrice al locale McDonald's, ma la mia ambizione principale è scrivere robe in italiano.
Ok, mi son detto, questa sembra la gara a chi ce l'ha più lungo.
- mi sono laureato ieri alla Sorbona di Parigi in antropologia culturale, ho scritto tre romanzi pubblicati dalla Heynaudi, suono nella filarmonica di Stocatso di sopra, recito, ballo, canto e fo di conto, mi diletto di astrofisica e faccio attraversare la strada alle vecchie.
Oh, ha vinto lui.

venerdì, marzo 06, 2009

Capitolo quattro

Questa è la quarta parte di una storia (a bivi). Le prime tre sono qui. Buona lettura!

Sono le quattro e trentasette.
Di notte.
Buio.
Silenzio.
All'improvviso, un suono.
Drin.
Drin drin.
Drin drin drin.
Qualcuno mormora, nel buio, e si muove, tira un bestemmione e allunga la mano verso il telefono.
Lo afferra.
Risponde (o, quantomeno, cerca di).
- prnt.
- PEEPHEE! Amico mio! Meno male che hai risposto, ho chiamato un casino di gente ma c'hanno tutti i telefoni spenti! Te lo sapevo che lo tenevi acceso, grazie grazie, grazie!
- mwngh.
- Sono nei guai Peephee! Sono nella MERDAAAAA! Mi vogliono ammazzare! Mi danno la caccia! Aiutami!
- rafr.
- Ora mi sono nascosto Peephee, ma sono senza macchina e senza telefono, non so come fare a venire via da qui, mi devi aiutare, mi devi venire a prendere te, non riesco a rintracciare nessuno, ho anche chiamato gli sbirri ma non mi volevano credere, è tutto un complotto ci sono anche loro dentro, qui ci sono i vampiri, gli zombiez, i lupi mannari e sospetto anche altre creature del folklore ma credimi, non sono per un cazzo creature del folklore!
- m.
- Senti, fai presto, ora mi sono nascosto, sono in via che via è questa, signora? E che numero? Grazie vicolo della garrota, al 13. Il paese si chiama Impiccatoio di sopra, vicino a Salasso. Lo conosci Salasso, no? Hai capito? Ti devo ripetere?
- nnnò. capìt.
- Davvero?
- msi.
- Allora vieni a prendermi?
- mmm. chiséi?
- Chi son...SONO HEIKE, CAZZO, HEIKE! IL TUO AMICO!
- mm...blog?
- Si, quello del blog, QUELLO DEL BLOG! Anf. Mi vogliono ammazzare. Vieni a prendermi?
- msi. mi sveglio e arrivo.
Riattacca il telefono.
E si riaddormenta.
...
Aggancio la cornetta.
Respiro, finalmente rincuorato. Forse ne esco vivo, dopotutto.
Poi, sento un rumore alle mie spalle, mi volto e la signora Nocciola mi sorride, sdentata, con in braccio un gatto nero, enorme.
- Ha trovato il suo amico?
- Si, alla fine sono riuscito a parlare con qualcuno.
- Verrà a prenderla?
- Spero proprio di si.
- Allora lo aspetteremo per cena.
Cena?
- Cena? Signora, sono le quattro del mattino e...
- Ah, ma come le ho detto prima, quando è entrato qui in casa mia di corsa, io la notte non dormo mai, soffro d'insonnia.
- A proposito di scappare - mi avvicino alla finestra a sposto appena le tendine per guardare fuori - ha controllato che Carmilla e i suoi amici non morti non mi abbiano seguito fin qui?
- Non si preoccupi, quei giovinastri non si avvicinano mai a casa mia, hanno paura. Dicono, eh eh, che sono una strega! Ah ah ah! Ahahahh! Ahahwhahhw! Arahawwa! ARGH ARGH!
Ride, con l'unico dente che le resta in bocca, il porro sul naso adunco e i capelli bianchi raccolti in una enorme crocchia alla Eva Kant sopra la testa. C'ha anche un fiato che sembra abbiano scoperchiato la fossa settica. Per non parlare di quanto sputacchia mentre parla.
Una strega...
Mi viene qualche dubbio...non è che, nel pentolone che bolle nel caminetto...c'è qualcosa che...
- Ha fame? - mi fa - Ma la zuppa non è ancora pronta. E poi manca ancora il second...voglio dire, il suo amico. Però posso darle qualcos'altro.
- Eh? No, io...
- Le preparo qualche stuzzichino, ho in cucina degli spiedini di scaraf...voglio dire, delle pizzette che ho fatto oggi. Le vado a prendere.
Si volta, dandomi la gobba, e arranca verso l'altra stanza, zoppicando sulle due gambe di legno. E' un'impressione mia o prima di voltarsi mi ha fatto l'occhiolino (con l'occhio buono, non con quello bendato)?
Mi siedo, stanco, e decido che, vada come vada, resterò qui ad aspettare il buon vecchio Peephee.
Il gatto nero si siede a terra, di fronte a me, e mi fissa.
Ripenso a Carmilla, prima, al cimitero, e rifletto sul fatto che molti lettori avranno pensato "ma ho saltato un capitolo?" e saranno tornati indietro a leggere come finiva il capitolo precedente. No, va bene così, non avete perso niente, quello che è successo dopo e come ho fatto a finire in questa casa è presto detto. Dunque: mentre ero accanto alla sua lapide, Carmilla mi è venuta incontro insieme a...
Un momento.
Il gatto ha alzato la zampina destra verso di me, tenendola chiusa a pugno, con il palmo verso l'alto. Poi alza il dito indice, estrae l'unghia e lo muove, facendomi cenno (giuro!) di avvicinarmi a lui.
Mi chino in avanti, come attratto da una forza irresistibile.
Sempre di più, sempre di più.
Il gatto continua a muovere il ditino.
La mia faccia è a un centimetri dal suo muso. Posa a terra la zampa. Per un attimo, mi sento un idiota.
Poi mi fa, con una voce bassissima:
- Vattene subito, finchè sei in tempo, salvati.
Lo fisso, a bocca aperta.
Lui mi guarda, serissimo.
E poi aggiunge:
- Cucina da schifo.

Suspence! Terrore! Raccapriccio! Come prosegue questa storia? Resto nella casetta di marzapane con la vecchia megera e il gatto gourmet ad aspettare l'arrivo di Peephee il non-insonne, o fuggo nella notte popolata di lupi, zombiez, vampiri e consulenti di banca Mediolanum? Ditemi, ditemi, ditemi!!!!