martedì, settembre 22, 2009

Un guistificato motivo per (parte ventunesima)

L'ennesima puntata di questa saga interminabile scritta in prima persona dal Giangi.
Giangi, allontana da me questo calice e concludi in fretta, te priego.

Heike

Immobile, impietrito, non una lacrima, non un goccia di sudore sfiorano il mio volto, forse per il fatto che non mi accompagna un totale senso di stupore, come se in un certo senso rifiutassi solo l'idea che sarebbe potuto succedere di nuovo. Probabilmente con tutto questo ripartire e rifermarsi la forma mentis di statistico ha fatto si che annoverassi un'altra sosta tra le variabili residue, che va da se a mescolarsi con una naturale propensione a tenere tutto sotto controllo.
L'idea di rimanere spiazzato mi ha sempre affascinato ma nello stesso tempo spaventato. Parte da qui l'esigenza di non dare mai niente per sicuro, di non lasciarsi mai andare ad una scelta che sappia di volo pindalico, ma di mettere sotto esame persone, sentimenti e situazioni, di cercare strenuamente una chiave di lettura che mi permetta di assumere una posizione il più equilibrata possibile, che mi aiuti ad entrare sempre in sintonia con l'esterno, che mi renda visibile ed allo stesso tempo inosservabile.
Lo scettico blu, così mi chiama mia madre, e direi che non esista un immagine e assonanza di parole migliore per descrivermi. Se potessi raffigurarla sarebbe una di quelle figure impossibili di Escher dove gli elementi si accavallano in modo tale che l'occhio non riesca a distinguere l' elemento primo, quello dominmante che detta le regole del gioco.
Scelgo, (o forse non scelgo) di lasciarmi travolgere da questa nuova fermata; mi rimane solo un pò di amaro in bocca per dover ancora di più tardare il mio rientro a Prato.
Concerntro le mie energie, quell rimaste, sul mio mp3, sembra davvero avermi abbandonato, alla fine è arrivato il suo tempo, si vede che non era fatto per rimanere con me in questo viaggio. Un pò tutto ciò mi rattrista, non posso che ringraziarlo per avermi concesso dei momenti di grande introspezione musicale, affacciato davanti al finestrino del treno o lungo le rotaie di un binario. Peccato!
Fortuna che c'è il Pc!
Bhe meno agevole, ma non per questo meno presente nel viaggio, e di sicuro con una storia da raccontare più antica rispetto a quella dell' mp3.
Inizia tutto quando mi sono trasferito nei pressi delle Colonne di San Lorenzo, anche il quel caso il nostro incontro è nato in virtù di un abbandono, quella volta si trattava di un portatile e più che di un abbandono è stato un vero e proprio sequestro, dato che dei ladruncoli, entrando in casa mia una sera d'estate, han deciso bene di portarselo via insieme al mo costume preferito.
Non perdo tempo, lo accendo, giusto qualche minuto e sul desktop appare l'immagine di un vagone vuoto del treno, un'immagine direi più che familiare.
Mi sento già meglio!
In alto la cartella musica.
Ci vuole una canzone che dia un degno funerale all'mp3 e che dia nuova linfa al susseguirsi di una nuova e casuale compilation musicale. L'occhio cade subito su Halleluja di Leonard Cohen. Non esisite credo brano migliore per questo momento, dolce, intenso, sui suoi accordi sembrano cullarsi i ricordi di un viaggio, di un passato così vicino. Un brano che fa il vuoto intorno a se che non ammette intrusioni, dove l'accordo lascia presto spazio al vibrato gentile di una chitarra elettrica che lentamente si trasforma in un violoncello che detta l'ultima nota e che interminabile si lascia sfumare delicatamente nel silenzio chiudendo il sipario.
Giangi

1 commento:

Anonimo ha detto...

Basta!