venerdì, novembre 13, 2009

La porta del fulmine - parte due di due

Riassunto: il dottor Livingston (suppongo) si inoltra nella foresta pluviale per cercare tracce della misteriosa tribù dei brufolosi. Alla fine trova il loro villaggio, ma mal gliene incoglie, soprattutto per il pugnace odor di ascella che tutto si spande attorno.

23 novembre (mi sembra)
Si può provare, mi chiedo, nostalgia per ciò che mai si è vissuto?
Esiste forse un nome, per lo struggimento che ti prende a ricordare spiagge lontane, mai visitate, tramonti mai, mai visti, a sentire - o credere di sentire - odori e sapori che ricordi, ma che mai hai prima incontrato?
Cos'è quel desiderio, che ti trascina via, e che non sai più cos'è e cos'è stato, e quelle mattine splendide e luminose chissà se le hai vissute mai?
Io questi ricordi di felicità che ho, a volte non so, se son ricordi davvero, o desideri, o presagi.
Magari questa malinconia dipende dal fatto che sono prigioniero da settimane, affamato e assetato, preda di allucinazioni, probabilmente malato di malaria e rinchiuso dai brufolosi in una gabbia di tigre vietnamita (non "tigre vietnamita", ma "gabbia vietnamita". Si tratta di quelle gabbie alte un metro fatte con le canne di bambù al posto delle sbarre, molto impressionanti di primo acchito, ma devo dire scarsamente sicure: voglio dire, è una canna di bambù, con un cazzotto la rompi. E' poi anche dolcina, se la mordi, la canna di bambù. In effetti una gabbia fatta di canne di bambù è proprio una sciocchezza, questi fanno proprio le cose alla cazzo. Sicuramente sarebbe stato ben più preoccupante se mi avessere messo dentro una gabbia con una tigre vietnamita, sempre che codesto animale esista. Altrimenti andava bene anche una tigre malese. Ma non Sandokan, eh, una tigre vera, sai quelle coi baffoni. E' vero, anche Sandokan ha i baffoni. Anche più folti di una tigre malese. Di quella vietnamita però non lo so. Di che stavo parlando?).

24 novembre, forse.
La fame mi sfinisce. Mangio quando mangiano loro, cioé solo quando hanno fame, e mangiando quello che trovano in cucina. Possono passare anche dieci, quindici ore senza che si ricordino del cibo, e poi magari nel giro di mezz'ora mi portano pasta fredda, cosci di pollo, tranci di pizza, kebab, merendine, gomme da masticare, orociocsaiva e smarties, centinaia di smarties, milioni di smarties.
Ignorano ogni uso dell'acqua. Quando ho chiesto se potevo averne un po', il giorno in cui mi hanno catturato, mi hanno guardato perplessi, senza capire. Ieri, sfinito dalla sete, ho chiamato il mio carceriere (un sifilitico metrosessuale con i jeans cuciti alle caviglie da decine di spille da balia) e gli ho chiesto da bere. Si è allontanato mandano messaggi col cellulare, ed è tornato dopo mezz'ora.
Con un bricchino di Estathè.

Qualche giorno dopo, non so quanti.
Si sono finalmente convinti del fatto che non rappresento per loro alcun pericolo: non gliela smeno su come si vestono, su cosa mangiano, dove vanno, quando tornano, con chi, come si chiamano i loro amici, se qualcuno di loro fuma, beve, si droga, rimetti a posto camera tua e raccatta quei calzini che sennò non esci per un mese e guardami quando ti parlo, domani c'è il prossimo compito d'inglese, hai studiato?
Adesso circolo liberamente per il villaggio, e posso studiare il comportamento dei brufolosi nel loro ambiente naturale: la deboscia.
Ho scoperto che si dividono in gruppi etnici, che non so se chiamare caste o famiglie o cumpa, e che questi gruppi tendono ad essere tra loro in aperta competizione. Se all'interno di un singolo gruppo l'omologazione in termini di abitudini, gusti musicali e look è pressochè totale, tra le diverse cumpa sorgono muri di astio.
Quotidianamente, gruppi di indigeni spariscono dalla circolazione a orari stabiliti, riapparendo dopo un intervallo di tempo che va da mezz'ora a qualche ora, dipende da quanti telefilm o spettacoli trasmettono in successione, e dalla loro qualità. Ho stimato che una sequenza di One Tree Hill, Everwood, Il mondo di Patty può decimare la popolazione femminile della tribù sino al 70% del totale.
Il loro sistema di governo è molto interessante: si riuniscono davanti a un bar, una gelateria, una sala giochi o una panchina, e iniziano a dibattere, mostrando scarso interesse nei confronti dell'argomento in questione (ma anche di tutti gli altri). Durante la discussione si mettono le mani in tasca, le tirano fuori, si dondolano sulle gambe, si accendono un cicchino, mandano un messaggino, si rimettono le mani in tasca, si aprono e chiudono ritmicamente la zip della felpa, si alzano il cappuccio della felpa, si abbassano il cappuccio della felpa, si accendono un'altro cicchino, si siedono, si rialzano, si tolgono le mani di tasca, e così via per quelle che sembrano ore (e che sono, in effetti, ore). Alla fine non decidono nulla, e tornano a casa sfavati.
Nessuno degli indigeni sembra avere una capacità espressiva che superi lo sbadiglio. Ogni tanto qualche femmina alza la voce e inizia a muoversi concitata, minaccia qualcuno con il sostegno delle amiche, poi va via e i maschi commentano, in genere, con espressioni tipo "boh". I maschi, generalmente non ridono o schiamazzano a lungo. La maggior parte del tempo si limitano a guardare a terra, grattarsi la poca barba, pensare al suicidio e parlare di fica.
D'altra parte la vita sessuale dei brufolosi è misteriosa: non si accoppiano mai, se non verbalmente. Tuttavia sembrano capaci di approfittare di portoni bui, muretti scoscesi e genitori fuori casa per indulgere in pratiche ginniche pericolose per la salute di un adulto comune. Soprattutto per la schiena.

Nessuno di loro vuole parlare con me.
Eppure ci provo, chiedo, parlo. Provo anche a raccontare loro aneddoti sulla mia adolescenza, citando esempi di quanto ero simpa alla loro età, e quanto mi dvertivo, e quanto li invidio, e quanto dovrebbero essere felici di essere ancora brufolosi, che dopo la vita è dura e difficile. Loro mi guardano, annuiscono guardando a terra e poi se ne vanno, dicendomi che devono studiare.
Ma secondo me non è vero.
Mi incuriosiscono, sembrano sempre tristi e spaventati, e non capisco perché.
Sarà la giungla che li rende così.

Le scimmie sui rami sembra che ridano. Beate loro, che vivono la vita senza preoccupazioni, fortunate creature.

9 commenti:

lainhtp ha detto...

ahhhhh ci voleva proprio dopo una giornatina come questa!!!!

Il mio blog è inutile e non c'è bisogno di capirlo, infatti l'ho chiuso, magari solo per un po' di tempo...vedremo.

Ma questo, chi lo lascia più????

XD

Gen ha detto...

Ma, ma è meraviglioso!

Verrocchio ha detto...

Oh, mio Vate, finalmente sei tornato!
Non lasciarci orfani troppo a lungo, ti prego.

Heike ha detto...

@ lainhtp: ma come?! Ma io mi accingo a leggerti e tu chiudi? Ma cho modi sono? E insomma! Ma è uno scandalo, una vergogna, ma che imbarazzo, e allora, e cribbio.
Dai, riaprilo.
Dai.
Dai!

@ GennaroBat: Grazie, qui si lavora per la gloria e i complimenti. Bello bello bello in modo assurdo anche il tuo blog, comunque. Mi sa che mi ti ci abbono.

@ Verrocchio: ma quanto sei scemo ;-)
Al massimo posso essere un water.
O un Walter.

anna ha detto...

suggerisco, per catturare la loro attenzione, di cimentarti in una improvvisa quanto spettacolare ruota. stupefatti dall'agilità del tuo gesto repentino potrebbero cominciare a seguirti, magari facendo la ruota a loro volta e poi girare girare girare..girare girare

Anonimo ha detto...

Ennoe...onethreehill no!!!
Leli.

hubrys ha detto...

io, nella giungle vicino casa mia, ho degli esemplari simili.
stessi comportamenti, ma sono dei brufolosi ultraventenni.
bonghi, scheitbord cani e cornamuse le loro armi.
una volta li ho minacciati, cioè li ho guardati dritti in faccia e li ho detto: vi odio, e se vi ribecco vi rompo la cornamusa.
hanno tutti abbassato lo sguardo, e uno ha anche sorriso, ma poi ha smesso subito.
questa tua storia è molto triste, perunque.

Heike ha detto...

@ anna: il tuo suggerimento mi sembra sensato.

@ eli: e invece si.

@ hubrys: è triste perché sono una persona triste.

hubrys ha detto...

:(
hai conosciuto il fumettaro qualche post fa, non dovresti essere poi così triste.
(approposito, avevi ragione su quei fumetti ammerigani)