L'angolo dell'erotismo dell'onorevole Borghezio Mario, avv.
Buonasera. Sono l’onorevole Mario Borghezio, avv. Sono qui per raccontarvi alcune storie umoristiche per risollevare un po’ il clima di questo blog, che qua è un po’ un mortorio. E siccome ora bisogna che la gente fa figli per portare avanti la nazione padana e non essere sommersi da questi negri, arabi terroristi, cinciuncian, ecco che vi racconto delle storielle con del pepe di cajenna dentro, che così la gente si eccita un pochetto e giù a fare figli per la patria.
Ci sono due virili cittadini padani che si incontrano e uno fa all’altro:
- Thor, cosa ti succede, ti vedo affranto. Forse che la servitù nella quale versano i nobili popoli celtici nei confronti delle razze romane, terrone e neghér ti fa stare male?
- Lothar, come è veritiero quello che tu dici. Infatti il mio spirito è sconquassato dal dolore nel riflettere su come i nostri popoli siano diventati schiavi di creature a noi inferiori, che altro non sanno fare che riprodursi e ambire alle nostre sacre e cristiane e celtiche e ariane proprietà. E questo pensiero si riflette nel mio stesso corpo, portandomi ad avere un feroce e padano mal di denti qui, proprio dove mi si è padanamente cariato questo molare.
- Per mille Walhalla! Questo non può essere tollerato oltre! La facondia di queste razze è limitata al grugnito, eppure non disdegnano di pretendere di imporre a noi, nobili e padani e silenti e virili e santi abitatori di queste sacre terre nordiche, di condividere con loro i loro barbari dialetti, e quotidianamente ciarlano di società subumane ove sarebbe diritto – dicono nei loro borborigmi – di ciascuna scimmia possedere bene di valore non padanamente guadagnati col sudore dei virili e abbronzati muscoli di cui adesso faccio mostra, bensì sottratti con la perfidia e l’inganno tipici dei popoli semiti. Per questo non posso esimermi dal consigliare a te, fratello mio nel sacro sangue padano e nordico, un rimedio dei nostri antichi e nobili progenitori per guarire un nobile guerriero così virile e poderoso e maschiamente lustro di sudore come te, che virilmente ti tergi la fronte mentre il sole al tramonto bacia i tuoi possenti bicipiti, per guarire da codesta nequizia.
- Oh sì, mio forte e possente camerata, fratello di battaglia e compagno di lotta, tu che con il destro sollevi la terra e la poni nell’orbita della gloria dei nostri alti ideali e padani e sacri e nordici e virili e sobri e padani l’ho già detto? e gloriosi e impetuosi e onusti di gloria, svelami dunque il possente medicamento che possa far cessare il malvagio dolore che certamente un nemico della nostra possente e maschia genìa ha posto nei miei molari.
- Invero, nobile Thor, te lo dirò: quando capita a me una sventura simile alla tua, tale che il dolore cagionato dalle vil razze nemiche, dai nasi adunchi, i volti atteggiati a ghigno perpetuo, le schiene curve, le gambe storte, le lunghe dita artritiche e dalle unghie sporche sempre pronte a ghermire l’altrui ricchezza, quando tal dolore più non è tollerabile, ecco che procedo verso la mia padana e nordica consorte, le tolgo con maschia voluttà i vestimenti intimi e annuso, con padano e virile entusiasmo, il muschiato aroma che fugge dalle sue intimità. Ed ecco che d’un tratto mi passa il dolore. fai lo stesso anche tu, mio virile amico.
- Che è a casa ora?
Ci sono un inglese, un negro, un francese culattone, un rumeno e un padano che decidono di fare la gara a chi ha il pisello più lungo. Il francese dice: “io faccio il giudice” e va a prendere un righello, tutto contento. Torna con un righello di trenta centimetri e dice: “ecco qua, ho trovato questo righello di trenta centimetri, pensate che possa bastare?” e guarda il negro e gli fa l’occhiolino. Allora arriva il padano e fa: “com’è possibile che al giorno d’oggi noi padani, popolo nobile se mai ve ne furono, ci troviamo impastoiati nelle paludi di una gerontoburocrazia asmatica ed elefantiaca come quella europea? Perché mai le quote latte devono sempre vedere noi popoli oppressi subire le angherie di questi burocrati miopi che siedono a Bruxelles e prendono decisioni senza conoscere la natura dei luoghi sui quali si trovano a legiferare? Ed è mai possibile che Roma, luogo di iniquità, sfrutti le fatiche del popolo padano senza mai dare nulla in cambio, ma anzi pretendendo ogni giorno di più e rifiutando di concedere ai virili e nobili popoli padani l’indipendenza che essi bramano e meritano? Non meritiamo dunque noi maggior tutela? Non meritiamo noi maggior rappresentatività? Per questo chiediamo che il nostro amato onorevole Borghezio Mario, avv. Venga nominato almeno sottosegretario con delega alle attività produttive”.
Un giovane padano, pieno di sano furore eterosessuale, decide di dare sfogo alle sue rigogliose energie appartandosi nottetempo con una peripatetica. La sua cittadina è armoniosamente amministrata da una giunta monocolore Lega Nord, quindi per definizione sana, lavoratrice e non incline alla tolleranza con i traffici di carne gestiti da marocchini e albanesi. Recatosi dunque con la sua Ritmo lungo i viali trafficati di una vicina città, ancora amministrata da una decadente amministrazione di massoni comunisti, trova le strade intasate da travestiti e passeggiatrici di ogni colore e religione e razza. Deciso a dimostrare come le virili membra padane siano potenti e maschie, accosta presso una giovane mulatta molto alta, con un seno rigoglioso ed un prominente pomo d’Adamo, chiedendole:
- Come ti chiami, bella giovane?
- Sciao belo, me chiamu Lulù. Vuoi fare l’ammore con me, belo sgiuovane?
Ma non fa in tempo a rispondere che accanto alla sua Ritmo accosta una gazzella della Guardia di Finanza.
Scende un maresciallo con la divisa sporca di caponata e gli fa:
- Uè giuovanodde, scinn’abbascio dalla maghina, pe favore, uè. E tu, proshtituta, puoi iatavenne via, che io e il tuo protettore siamo soci in affari, uè.
Il giovane padano scende virilmente dalla macchina e chiede:
- Va tutto bene maresciallo?
- Eh caro bello, adesso te becchi ‘a bbella multa, che hai andato co’ le prostitute, ah! È ‘a legge!
Il giovane padano capisce che si tratta di una trappola artatamente diretta contro di lui dal complotto intessuto dalle amministrazioni comuniste, la guardia di Finanza, la massoneria, i gesuiti, la criminalità organizzata, il sionismo internazionale, i burocrati di Bruxelles, l’internazionalismo, le scie chimiche, la finanza internazionale, Beppe Grillo, il gruppo L’Espresso, internet, il pentagono, le mafie russe, i fisioterapisti, il KGB e i tifosi della Juventude Bar La Grappa.
Capisce che per salvarsi deve fingere di essere parte del complotto.
- E allora, eh, giovinuotto belle, mo’ te becchi ‘a bella multa, eh, Allora, come te chiame, eh?
- Il mio nome è – pensa un attimo – Giuseppe Stalin Junior.
Il maresciallo fa un balzo, impallidisce e dice, abbassando la voce:
- Parente?
- Il figlio.
- Maronna mia bella, me scusi, non sapevo, mi perdoni.
E se ne va via sgommando.
1 commento:
Onorevole Borghezio Mario, avv.
intendo sporgere lamentela: nel corso della prima barzelletta stavo iniziando a provare l'eccitamento da lei auspicato, in particolar modo verso due terzi della narrazione (descrizione fisica dei due interlocutori), ma improvvismante il brusco virare delle ultime righe (rimedio medico) ha vanificato i risultati raggiunti. Per questo motivo, mi trovo adesso impossibilitato a trovarmi nelle giuste condizioni eccitative di produzione di figli per la patria.
Cordiali saluti
(e comunque secondo me nel complotto della terza barzelletta v'è implicato anche Fassino)
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