Naturalmente, un manoscritto.
Quando avevo diciotto anni, o forse diciannove, mi innamorai di una ragazza. Allora succedeva di continuo, ma siccome ero fragile e inconsistente, ancora non esistevo, non le dissi mai niente, mi limitavo a parlarle di me e mi sparavo le pose. Credo lo avesse capito, anzi ne sono certo, ma questo non mi aiutava, aspettavo non so più che cosa mi dovesse segnalare il momento giusto, ma alla fine credo che fosse solo la paura del rifiuto. Ero come un omino fatto di fil di ferro, bastava spingermi e mi piegavo ora in una direzione ora in un'altra.
Anche i miei amici erano come me, sottili come acciughe, lunghe linee disegnate sul muro. Non parlavamo, stavamo insieme per proteggerci, ed eravamo lo specchio l'uno degli altri, e per questo ci odiavamo e non potevamo fare a meno di stare uniti. Bevevamo birra, tanta birra, ci scaldavamo a spintoni e ascoltavamo canzoni che dicevano I don't know why I feel so scared. Adesso, in un modo o in un altro, portiamo ancora i segni di quella timidezza, ci ha segnati, siamo più consistenti e probabilmente più felici, adesso esistiamo, ma siamo segnati come da delle cicatrici sottili e quasi invisibili. Non si scappa.
Allora ancora non esistevo, mi preparavo ad esistere.
I don't know why I was feeling so scared.
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