giovedì, giugno 07, 2007

Non hai tu pietà per me? (un vecchio racconto dei tempi che furono)

C’era una volta, ma non molto tempo fa, un uomo che non riusciva a distaccarsi da sé stesso. Ovunque andasse, si trovava sempre accanto, inevitabilmente, un altro io che, con il suo stesso identico viso, lo accompagnava ovunque. Usciva dal proprio appartamento, scendeva le scale, apriva il portone e, chi si trovava davanti? Sé stesso che, con le mani dietro la schiena e con aria un po’ indolente, si aspettava fischiettando. “Oh eccomi” diceva “finalmente sono arrivato. Come mai ci ho messo tanto?”. Oppure: “Oggi sono proprio di buon umore, lo so?”.
Se a volte capitava che, aprendo piano il portone, sorprendesse sé stesso di spalle, intento ad osservare i passanti, allora richiudeva silenziosamente, per non sentirsi, e raggiungeva la porta sul retro. Ma ecco che subito arrivava trafelato, dopo aver fatto una corsa attorno al palazzo: “Ehi, volevo fare il furbo, eh? Volevo lasciarmi qui?”, e si faceva l’occhiolino.
Però a volte capitava che non facesse in tempo a raggiungersi, e allora schizzava in macchina, serrava le portiere, metteva in moto e dava gas, mentre nello specchietto si vedeva rincorrersi, agitando la mano per richiamare la propria attenzione: “OH, MI STO LASCIANDO A PIEDI, EHI! ASPETTOMI!”. Ma appena si fermava, vuoi per fare benzina, vuoi per controllare una gomma, vuoi solo per godersi il panorama delle campagne, ecco che da dietro un albero o da una siepe vedeva apparire il viso familiare, col sorriso di chi si perdona una sciocchezza.
A volte se lo diceva: io avrei bisogno di un po’ meno solitudine, avrei bisogno di prendere le distanze da me stesso, avrei bisogno di perdermi! Non posso passare le mie giornate sempre e solo con me, voglio vedere anche altre persone, socializzare, non perdermi sempre in un soliloquio per niente costruttivo. E allora subito si rispondeva: cos’è, non trovo più stimolante la mia presenza? In fondo, non ho sempre detto che quello di cui ho bisogno, solo io riesco a darmelo? Io, io lo so cos’è il bene per me, e stare qui a dirmi certe cose non mi aiuterà certo a stare meglio. E allora si rimbeccava: cos’è, cerco il litigio? Ogni pretesto è buono per attaccarmi, non è vero? tanto l’ho sempre saputo, non ha senso parlare con me.
E su questo non possiamo certo dargli torto.
Però di solito a questo punto faceva la pace con se stesso e andava a brindare all’armonia ritrovata.
Con due aperitivi, naturalmente.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Benchè di solito io preferisca dialogare con me stessa mentre commento(sempre tra me e me) i tuoi post,stavolta mi tocca proprio socializzare...complimentucci davvero!
P.S.Ho saputo della camicia...sono molto lusingata...

Daniel ha detto...

Complimenti per il modo di scrivere. Rido come un impbelle davanti allo schermo. Comunque c'è da riflettere. Ma non da soli!
Ciao

Heike ha detto...

lelisa, grascie dei complimentucci, e mi racco: commenta, commenta commenta, che sennò mi sento solo!
PS: camicia, eh eh, ed aspetta di vederla...

daniel, questo è il complimento più bello: quando dici che ti diverti!

Grazie e ciauz

Skiribilla ha detto...

Caspita, hai già messo on line altri due pezzi da quando sono stata qui l'ultima volta! Ma in quanti siete a scrivere??

1/ Per quanto riguarda l'uscita alla faccia di quelli del Bilderberg Club (hai ragione, non si fa così...) mi aggrego e porto il vino per tutti

2/ Titolo intenso per una storia particolare..
A seconda dell'umore potrei trovare questo pezzo triste e amaro oppure ironico e ammiccante... Oggi sono per questa seconda opzione, guarda! (anche l'altra me stessa mi da ragione, il che è tutto dire...)

,-)