Che anno è?
Questo blog non vale la carta sulla quale è scritto.
Quale carta?
Buon anno a tutti.
Adesso vado a festeggiare con il trenino samba.
Questo blog non vale la carta sulla quale è scritto.
Quale carta?
Buon anno a tutti.
Adesso vado a festeggiare con il trenino samba.
alle 8:24 PM 9 discorsi
Mi sembra di sentirle, le grida di esultanza all'apparire del nuovo post dal Jappone di Urakidany.
E, per deliziarci, ci ha preparato un breve excursus sul Natale giapponese. A me ha fatto parecchio ridere.
Vi ricordo che se avete curiosità o domande sul Sol Levante, chiedete pure (nei commenti o via posta elettronica) e Urakidany sarà entusiasta di rispondervi.
Buona lettura!
Heike
Come pochi sanno, Cristo non è affatto morto sulla croce e scommetto che ancora in meno sono a conoscenza del fatto che avesse un fratello minore. Gesù è in realtà fuggito in Giappone e per la precisione nel villaggio di Shingou nella prefettura di Aomori e ad essere andato sulla croce è stato proprio lo sfortunato fratellino. Una volta scampata la morte si è sposato e ha messo su famiglia, conducendo una vita tranquilla, per poi spegnersi alla veneranda età di 118 anni. Inoltre, essendo un personaggio notoriamente portato a fare miracoli, veniva spesso scambiato per un “tengu”, una strana divinità dal naso lungo e le ali di corvo appartenente alla religione shintoista.
No, non sto delirando, almeno non io, questa è la “vera storia di Cristo” che alcuni giapponesi si tramandano e che festeggiano un giorno all’anno danzando intorno a una croce e cantando una litania in una specie di ebraico giapponesizzato. Il bello è che le decorazioni e l’atmosfera della festa sono in perfetto stile shintoista, dato che, come ho avuto modo di dire in un altro post, qui si tende a mischiare le diverse tradizioni religiose e fonderle con quella autoctona; un po’ come avviene con tutte le cose estere che capitano sotto le loro grinfie.
Questa festa, di cui allego foto, video e sito ufficiale, è per me il segno più eloquente della stupidità diffusa nella stragrande maggioranza di questo popolo; un’ebetudine che oserei chiamare “fanciullesca”. Di ben altro livello se paragonata a quella di altri paesi, intrisa però spesso di cattiveria e malizia.
In futuro vi parlerò meglio anche di altre due bellissime feste: quella del pene e della vagina, ma anche della festa delle tette scoperta da me solo di recente.
Considerando questi bizzarri festeggiamenti e molte delle loro credenze e usanze, si può capire come questo sia ancora un popolo fermo all’età della pietra, un popolo che fino a qualche anno fa (ma per alcuni è vero ancora adesso) credeva nella divinità dell’imperatore - e non a caso il 23 dicembre è festa nazionale, nella quale si commemora il genetliaco dell’imperatore, che tra l’altro dà il via al loro calendario. Eh sì perché in realtà non siamo nel 2008, ma nell’anno 18 del regno dell’era Heisei (平成, "pace ovunque").
Se queste sorprendenti e illuminanti verità non vi sono bastate, adesso spiegherò a tutti il vero valore del Natale che i saggi maestri giapponesi ci insegnano, e considerando il loro legame con Gesù direi che ne hanno pienamente il diritto.
Allora, prima di tutto “Buon Natale” in giapponese si dice “merī kurimasu” e se qualcuno osasse fare obiezioni sulla “giapponesità” di questa frase, dovrebbe fare i conti con almeno un quarto della loro lingua. È quindi meglio non porsi troppe domande.
A Natale, nonostante tutta la finta atmosfera che cercano di ricreare con gli addobbi, le musiche e tutta la fiera del consumismo possibile immaginabile, si lavora come tutti gli altri giorni. Immagino che non sarebbe educato festeggiare pubblicamente il compleanno di qualcun altro nella stessa settimana del “sacro sovrano” e poi forse vi sarebbero troppe vacanze tutte insieme no? La sera del 24 invece è molto importante passarla col ragazzo o ragazza (o amante), mangiando la kurimasu cake, una normalissima torta di compleanno con panna e fragole travestita da dolce di Natale che si può acquistare anche nei famigerati konbini, per poi concludere la serata in un love hotel a fare le cosacce e facendo diventare il Natale una semplice versione spinta di San Valentino.
Per quanto riguarda gli addobbi, quest’anno sono di moda gli alberi di Natale neri e qualsiasi riferimento alla natività è completamente assente, in quanto non è raro imbattersi in persone che ignorano il fatto che in questa ricorrenza si celebri la nascita di Gesù
I regali si fanno solo ai bambini, oppure ci si scambiano tra fidanzati, e il giorno dopo Natale tutti gli addobbi vengono immediatamente tolti per lasciare spazio a quelli celebrativi del nuovo anno, che è la loro ricorrenza più importante e che non se ne abbia a male l’imperatore.
La notte di capodanno scordatevi i botti e i brindisi che sono sostituiti da silenzio e rintocchi del gong (118 per l’appunto) provenienti dai templi che pare di ascoltare le campane che suonano a morto. Si va al tempio per ingraziarsi qualche divinità e si mangia il “mochi” una cosa gommosa ottenuta pestando il riso bollito, che ogni anno miete più vittime del cancro visto che molti vecchietti rimangono strozzati mangiandolo convinti che porti bene come le nostre lenticchie, che però se non portano davvero soldi almeno non hanno mai ammazzato nessuno.
Dico la verità, non sono religioso, ma il Natale ha sempre avuto in me un effetto particolare e, dopo essermi trasferito in Giappone, forse ho capito perché: sono convinto che lo scopo del Natale non sia solo far girare l’economia ma anche dare un po’ di respiro alle persone più disgraziate che almeno in questo breve periodo hanno l’occasione di alleviare le proprie sofferenze. A Natale ci si vuole tutti bene, siamo tutti amici e soprattutto non si soffre più.
Ecco, sembreranno le solite frasi buoniste ma io soprattutto a quella del non soffrire più ci credo davvero, secondo me il Natale porta gioia, colori e calore; poi si ritorna al grigio ma almeno si tira un po’ il fiato. Il Natale è un giorno di tregua nella guerra della vita, un giorno di respiro, magari per racimolare le forza e ricominciare presto più bastardi di prima ma intanto ci si concede una pausa che male non fa. In Giappone esistono molte poche pause e alla fin dei conti nonostante il loro sforzi e la loro nota predisposizione verso le emulazioni il Natale dei giapponesi appare come una pessima e sbiadita imitazione. Non hanno sufficiente cuore e anima per viverlo veramente e la mancanza di questa festa, vissuta come dovrebbe essere, secondo me si fa sentire. La loro vita grigia e infelice prosegue in questa direzione senza un minimo di pausa e di sollievo. Questa gente è esaurita, ve lo posso assicurare, sta male nel corpo e nello spirito e avrebbero davvero bisogno di un po’ di Natale.
Quindi questo post lo chiudo nel più scontato ma anche nel più necessario dei modi: tanti auguri di un buon Natale a tutti… anche ai giapponesi a cui almeno il 25 dicembre voglio tanto bene.
Meriiiiii kurisumasuuuuuuuuuuu
Urakidany
Alcuni link:
- Il video della festa del fratello di Gesù
- Il video della tomba giapponese di Gesù
- Il sito ufficiale della tomba di Gesù (non pensavo avrei mai scritto una cosa del genere, ndH)
- Altro sitarello
- Idem
- Poi basta
alle 6:04 PM 8 discorsi
Rubrica aperiodica Gli stranieri non capiscono
Caro Babbo Natale, come stai?
Ti scrivo questa letterina per chiederti i regali che vorrei ricevere quest'anno, che sono:
- la pace nel mondo
- la fine della povertà
- l'amore a chi non ne ha
- duecentomila euro in banconote di piccolo taglio non consecutive, in una valigia rossa che lancerai da una slitta trainata da renne in corsa dal ponte al chilometro 23 sulla statale 4, rallenta ma non fermarti, per l'ora e il giorno troverai domani sul Corriere un annuncio di vendita di un ciclomotore Guzzi giallo, ripeto, giallo, nel quale saranno indicate le altre istruzioni. Ricordati di fare tutto come ti ho detto se non vuoi ricevere un'altro pezzo dell'orecchio di Rudolph la renna soprannumeraria dal naso rosso.
...
Da capo.
Caro Babbo Natale, ti voglio bene.
Per favore, aiuta tutte le persone che hanno dei problemi nel mondo, e porta a tutti il castello dei gormit
...
Da capo.
Caro Babbo Natale,
ma sei dimagrito?
Guarda, ti vedo proprio bene, in forma. Poi, che eleganza sobria, questo pigiama di lana rosso coi risvolti in pelliccia di orso bianco, veramente chic. Noto poi che guidi una slitta trainata da renne, una scelta davvero coraggiosa e interessante, perché improntata al risparmio energetico e conforme agli obiettivi del protocollo di Kyoto. Mi si dice però siano animali che cagano mol
...
Da capo.
Uè Babbo, come butta?
...
Da capo.
Caro Babbo Natale, gv fpevib pbqvsvpnaqb vy grfgb va Ebg13 crepuè grzb pur dhrfgn zvffvin cbffn pnqrer va znav fontyvngr, r gh fnv n puv zv evsrevfpb (yn Orsnan). (PS: rot13)
...
Da capo.
Egregio sig. Natale, con la presente siamo a ricordarle che, qualora Lei insista a contravvenire agli accordi convenuti con la controparte sottoindicata come accaduto negli anni passati, omettendo di recare alla suddetta controparte quanto richiesto, adiremo le vie legali come da decret
...
Da capo.
Caro Babbo Natale,
fai te.
E a tutti i lettori, un abbraccio,
Heike & Elle
alle 11:34 AM 9 discorsi
alle 4:29 PM 5 discorsi
Rubrica aperiodica Mo.Fe.Gi.Ma.
Lo ammetto, ultimamente non mi sono impegnato tanto, ho fatto questo post un po' stitici, si ridacchia, due sorrisini, eh eh, poi si chiude e si va a leggere chinaski, che anche se non scrive mai, è pur sempre meglio di questa noia.
Però ho una valida giustificazione: dice il dottore che ho un gomito che mi fa contatto col piede no, voglio dire LE CAVALLETTE!!! cioè soffro della sindrome di Korsakov io mi scusi, che ore sono? Le ventitrè. grazie. prego. grazie prego scusi tornerò mi annoio.
E allora ho pensato che per far cosa gradita (per far cosa veramente gradita, dovrei far tornare Uraki. L'ho sentito oggi, mi ha detto che ci pensa sempre anche lui. Per poi svegliarsi urlando. Scherzo, entro Natale dovrebbe scriver qualcosa, studenti permettendo). Insomma, per far cosa gradita, ecco, beh si, insomma, ritorna il post sulle chiavi di ricerca.
Okay, lo so che i veri blogger questi post non li fanno più, perché è roba vetusta e noiosa, nata già vecchia e che altro non dimostra se non che la gente è piccola e idiota, tarata mentalmente e oltremodo piccola e idiota e tarata mentalmente (l'avevo già detto?...), è incapace di capire il senso dell'esistenza e del funzionamento dei motori di ricerca e spesso ha un approccio alle nuove tecnologie del tutto antitecnologico. Aprop. Mi torna in mente un episodio che avevo letto da qualche parte, sulla Guardia di Finanza che fa un'irruzione nell'ufficio di un top manager per sequestrare tutto, documenti, hard disk, CD, e il top manager, quando li sente arrivare, capisce che deve distruggere tutte le prove della sua colpevolezza. Afferra un martello e comincia a colpire la tastiera del suo computer, fino a distruggerla.
La tastiera.
Il mondo è popolato così.
Un'ultimo appunto, prima di cominciare: questa volta mi sono rifiutato di elencare qualsivoglia chiave di ricerca riguardante Paola Barale o il suo cane. Sappiate solo che, in due mesi, ne ho contate centouno. Compreso un inquietante fan club piedi di paola barale.
A voi.
PERSONE
- il calciatore più tamarro della storia del calcio
- cosa mangia Jack Nicholson
- bertinotti suv sconfitta
- giuseppe perepepe
- parlare con Hitler
PIACERE E PIACERSI
- ho 17 anni e ho le orecchie a sventola cosa devo fare
- blog di donne sole che cercano uomo a ravenna e provincia no a pagamento
- cerco un uomo maturo ciccione
NATURA, SCIENZA E CONOSCENZA
- annaffiare le piante con il vino
- quantità di naftalina per morire
- fitte al cuore e formicolio al braccio (e qui me lo immagino, il tizio che, mentre sta avendo l'infarto, va su internet per vedere di cosa si tratta. CHIAMA UN'AMBULANZA, IDIOTA!)
- la suppostina no
- io ho 17 anni e vorrei un bambino però non mi viene
- caccole enormi
- drogarsi con la lampadina
- dopo il trapianto di fegato cosa ricevi dal comune?
- ho rotto un dente con cosa posso incollarlo
- non dormo da cinque anni da chi devo andare?
SOCIETA' D'OGGI
- che eta bisogna avere per comprare gratta e vinci legalmente
- camouflage orecchie sventola
- totocalcio nella prima colonna ho fatto 8 punti e nella seconda ne ho fatto 4 ho vinto qualcosa
- viviamo in un mondo dove le cose vanno come vogliono loro
- viene pagato chi pulisce i bagni in autogrill? (no, è un hobby)
MISTERI INSONDABILI
- gli evangelisti vomitano?
- come fare le tasche per le portiere di una macchina
- se faccio scena muta alla laurea che succede
- desidero vedere il televisore come tutti.anche facendo finta che sia il 2008
- il mio amico dice che con la genetica vuole farsi crescere la coda da lupo io dico che non si può chi dei due ha ragione?
PS: so che avevo detto che non ne avrei parlato, ma...chi sono io per negarvi queste perle?
- cugini lontani di paola barale
- quanto pesa il cane di paola barale
E ho detto tutto.
alle 11:33 PM 6 discorsi
Rubrica aperiodica Lo spazzolone
Caro Heike, ho scoperto il tuo blog da poco, e l'ho trovato molto divertente e ben fatto. Mi sembri una persona oltremodo simpatica e intelligente, e trovo che la tua ironia sia sempre ben diretta e mai volgare. Come scrivi bene Heike, e con che abilità arrivi sempre al nocciolo del discorso! Mi piacerebbe conoscerti e scambiare con te due chiacchiere sullo stato delle cose, parlare, oltre il freddo monitor, e vedere che faccia ha l'autore di un blog tanto acuto e introspettivo, quanto spassoso.
Credo proprio che sarebbe una bella esperienza!
Un caro saluto
Clemente M.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine
Clemente.
Non sei il primo che mi scrive con siffatte (o similari) parole, dicendosi mio sincero (o veritiero) estimatore (o ammiratore).
Altri, prima di te, mi hanno scritto "dai, chissà come sei simpa dal vivo", o "devi essere proprio una sagoma" o anche "mi sa che sei uno che ci sa fare con le persone", o, infine "c'hai mica cinque euro, che devo andare in treno a Lucca e mi hanno rubato il portafogli, guarda lo so che sembro un tossico che dorme per strada, ma quei soldi mi servono davvero per andare in treno a Lucca, daiiiii".
No, non sei il primo, nè, temo, sarai l'ultimo.
E' quindi giunto il tempo di una precisazione quanto mai necessaria.
Io non sono così.
Così spontaneo, arguto, ironico, no no no NO.
Sono uno con grossi problemi relazionali, e se non balbetto in pubblico è solo perché mi vergogno (a balbettare in pubblico).
Magarila prima volta che mi si incontra, faccio anche un effetto diverso, che uno/a mi conosce, ascolta le mie cazzate e pensa: ma che simpatico.
Passata mezz'ora: costui parla come fosse un imbecille.
Passata un'ora: si comporta anche, come fosse un imbecille.
Per poi, alla fine, rendersi definitivamente conto della verità: è un imbecille.
Solo che poi legge il mio blog, con interessanti considerazioni sulla società contemporanea, e si chiede:
ma chi glielo scrive?
C'è anche gente che, dopo avermi conosciuto, mi fa: ma Heike non l'hai portato?
Sono io Heike.
No dai, davvero.
Sul serio, ti giuro, sono io Heike.
...
...
Ma chi te lo scrive il blog, allora?
Perché anche essere pedante e noioso, credetemi, è un'arte.
Bisogna saperci fare, ci vogliono anni e anni e anni e anni di studi, e alla fine ci si laurea in orchite applicata.
La mia tesi di laurea verteva su una ricerca alla quale mi ero dedicato con passione, e riguardava la possibilità di riuscire a comunicare con i sassi. Più precisamente, cercai di convincere un sasso (un granito rosso) a comunicare con me.
Per sei mesi, ogni giorno, per dieci ore al giorno, mi chinavo verso di lui e gli chiedevo "Ehi, ti va di fare due chiacchiere? Eh? Ti va? Vorresti parlarmi un minuto? Mh? Dai. Per favore. Parleresti con me? Giusto cinque minuti, via. Eh? Che ne pensi? Ti va? Giusto due paroline? Mi rispondi? Mi rispondi? Che ne dici? Dai. Che ti costa? Mh? Mh? Dai" ininterrottamente.
Infine, ello in lacrime, mi rispose: "la prego, mi lasci stare".
Per la scienza fu una grande vittoria (o trionfo).
alle 2:30 PM 11 discorsi
Forse qualche lettore ricorderà che avevo preannunciato, qualche tempo fa, il ritorno di Dante Chianti, il nostro amico giramondo. Ebbene...no niente, non c'è neanche questa volta.
In compenso mi si chiede a gran voce il ritorno dello Spazzolone, la rubrica sulle chiavi di ricerca.
E invece gnente.
Perché è con gran fermento e malcelato orgoglio che introduco invece il ritorno della rubrica sul Giappone!
Ieeee!!
Alééééé!
Scherzavo.
Urakidany non mi parla più, da quando gli ho detto che penso che La ricerca della felicità sia un bel film.
Vabè, vorrà dire che dovrete accontentarvi di un resoconto di viaggi.
alle 5:14 PM 9 discorsi
Questo blog ha un'emorragia di lettori che continua instancabile e progressiva, paragonabile a un flusso mestruale che dura giorni, poi altri giorni, ed altri.
Potrei chiamarlo Il Blog Ottuso - da oggi con le mestruazioni di lettori ma temo che non se ne capirebbe molto il senso ironico, e poi lo saprebbero i pochi lettori rimasti, e poi ancora meno, poi nessuno.
Non è che abbia mai avuto tutta questa folla all'uscio, gente che si spintonava per leggere l'ultimo post, no no, ho sempre avuto un'ordinata fila indiana di un lettore, che leggeva e se ne andava, dopo mezz'ora un'altro, poi dopo un'ora un'altro, ah no, è lo stesso di prima, evidentemente non aveva capito.
Ma ora, porca miseria, ci stiamo avviando verso l'abbandono, già io non ci scrivo più su questo baraccone, potreste provare voi a leggerlo, no?
Ma non ci sono post nuovi!
E leggiti quelli vecchi! Ho scritto io anche quelli, sai?
Insomma, l'emorragia è costante, abbiamo raggiunto il record negativo di 12 lettori al giorno, che per me, che una volta ne ho avuti persino 47 (quel giorno mi sono ubriacato di chinotto e spuma bionda), per me son proprio pochini. Il declino è costante. Contenuto, ma costante. A breve arriveremo a tre lettori, poi due, poi uno, e poi zero.
Dopo, comincerà la scala negativa: -1 lettore, -2, -5 lettori. Cioé i lettori saranno così disgustati dai contenuti del blog, dai nuovi post che non leggeranno, che riusciranno a essere conteggiati da Analytics come massa oscura, un buco nero di odio che cancellerà la bellezza intrinseca del Blog Ottuso, il blog con le mestruazioni eterne.
Bellezza che, ne convengo, era brutta.
Vi lascio con un piccolo aneddoto storico, un sacello di saggezza giuntoci attraverso le nebbie del tempo. Piccolo, ma meraviglioso, reperto di un fine settimana pregevole (il mio). Grazie a Max che ce l'ha riportato.
Spero lo gradiate e ne sappiate trarre insegnamento.
Polonia, 1939.
Le truppe della Wermacht hanno invaso la Polonia, dando inizio alla seconda guerra mondiale. Da ovest avanzano i carri armati tedeschi, da est quelli russi. Nel mezzo, la fragile democrazia polacca si spegne come la fiamma di una candela durante una tormenta.
L'esercito polacco si sgretola di fronte all'avanzare del nemico, e la resistenza risulta essere vana. In poche settimane, la Polonia è vinta, e solo pochi coraggiosi tentano di opporsi al nemico, organizzandosi in bande di partigiani.
Un manipolo di questi viene catturato dai soldati tedeschi e condannato alla fucilazione sul campo.
I polacchi, tutti ragazzi molto giovani, vengono condotti in un ampio spazio aperto e costretti a offrire le schiene alle armi automatiche tedesche. Le mitragliette ruggiscono, e tutti i condannati cadono a terra, morti.
Tutti, tranne uno, che rimane in piedi, illeso.
Il comandante tedesco, stupefatto, ordina una nuova raffica.
Niente, il ragazzo non viene colpito, e rimane lì, in piedi, tremante.
Allora il comandante impugna la sua pistola, la carica, e la punta alla tempia del partigiano.
Ma improvvisamente le nubi si squarciano, e una voce tonante esclama:
- FERMO! IO TI DICO CHE STAI PER COMMETTERE UN SACRILEGIO, PERCHE' QUEL GIOVANE POLACCO, UN GIORNO, SARA' PAPA!
Il tedesco alza gli occhi al cielo e risponde, stupefatto:
- E io?
- Te dopo.
alle 1:48 PM 17 discorsi
Ogni tanto lavoro.
Poi faccio pausa.
Mentre mi bevo un caffè, guardo la prima pagina di Repubblica.it.
La faccia di Calderoli rende tutto più sopportabile: la noia, il maltempo, il sapore del caffè della macchinetta.
Penso: se anche lui può diventare ministro....
Poi su Fiorentina.it. Commenti e pagelle dell'ultima giornata. Conferenza stampa di Gilardino, poi le ultime dichiarazioni in un italiano stentato di Corvino, con i giornalisti che scrivono quel che credono di capire. Chissà se funziona allo stesso modo anche con Calderoli (non riesco a togliermelo dalla testa).
Un giro su Google Reader, per vedere le ultime novità.
Bla bla bla.
Il mondo dei blog a volte è di una noia disarmante.
Tipo:
Quelli che "Ehi, amici, ho provato il nuovo modello di Nokia GHturbo3000 con tecnologia Naso, che ti fa telefonare, inviare SMS, MMS, e-mail, fax, insulti e maledizioni anche quando non vuoi! E' una figata!!!!"
Quelli che le immagini dei gattini che fanno cose buffissime.
Quelli che usano Twitter, e parlano di sè in terza persona, e ci scrivono cose tipo "sta guardando un film" "fa una pausa per andare in bagno" "gioca col gattino" "sta scrivendo su twitter che sta scrivendo su twitter".
Quelli che scusate se non posto più niente, ma adesso sono troppo preso da Facebook, è la frontiera del futuro, altro che blog.
Quelli che Berlusconi aiuto aiuto emergenza democratica Berlusconi Berlusconi.
Che poi, scusate se interrompo questo bellissimo e sentitissimo post in maniera 'si abrupta, ma, aproposito di politica miserevole, perché il PD mi si deve immalinconire sempre in battaglie senza senso alcuno? Prima quella cosa della presidenza di qualcosa di qualcosaltro della Rai, e su questo non cederemo di un passo, sino alla imbarazzante conclusione. Poi l'interminabile discussione su "a' dotto', dove lo metto 'sto piddì, nel partito socialista europeo, o da 'nadra parte?". Ora, la lotta proletaria per l'IVA scontata alla televisione satellitare. Perché tutta questa disutilità?
Io sono un poco affranto, lo devo dire, e mi sento circondato da un un vocìo interminabile, chiacchiere senza fine, eterne, estenuanti, e non parlo solo della politica, alla fine ci si abitua alla mediocrità, no no, parlo di un'atmosfera generica, una noia della vita che sembra ricoprire tutto, un mondo grande come un cortile pieno di animali (da cortile, chiaro), che starnazzano, pigolano, strillano, uggiolano e fanno insomma tutti quei rumori lì.
Ci vorrebbe una lingua nuova, un esperanto dell'esperienza, una lingua che non serve a dire le cose, ma a farle.
Ci vorrebbe - e si sente, che ci vorrebbe - un coraggio diverso, per imparare a capire che le cose non sono le cose, ma sono parole, e le parole alla fine sono limiti, le chiacchiere son fonte di confusione, di attriti, ci vorrebbe una macchina - e le lingue sono macchine - che ti trasmette i significati, e basta.
Ci vorrebbe una scienza nuova, penso.
Ma magari è solo questo tempaccio che mi dà noia.
alle 10:53 AM 5 discorsi
Anni fa, ma neanche poi così tanti, io mi arrabbiavo di continuo.
Ora no, ora non più.
Ma allora si, che mi arrabbiavo.
Bastava poco, mi indignavo anche per uno che buttava una carta a terra.
Mica poi facevo altro, oltre ad arrabbiarmi: restavo lì, rosso in faccia, digrignavo i denti, stringevo forte forte i pugnetti, ma poi basta, stavo zitto (oltretutto poi quando mi arrabbio tanto la voce mi si incrina, e mi viene fuori questa vocetta stridula da suorina anziana che sta per piangere, cosa che, spero ne converrete, non è proprio il massimo quando vuoi rimarcare l'altrui errore).
Anche ora, in effetti, anche adesso mi arrabbio a volte (ma non così spesso) però ho imparato a controllare le corde vocali, piego la testona in avanti, gonfio il toracino, cerco in tutti i modi di abbassare il tono di voce che...niente, ancora suorina anziana.
Che però (ecco la differenza) non sta per piangere, è solo un pochino commossa.
Son progressi, ne vado molto orgoglioso.
Che poi, lo devo dire, motivi per arrabbiarsi uno come me, permaloso come un peperone, li trova anche nel lavandino, per dire.
Soprattutto da un anno, da quando vivo in centro, sembra sempre ci sia un concorso, o un complotto (ancora non ho capito la differenza) del mondo intiero per suscitare in me le ben note reazioni di cui sopra (vocina suora).
Vogliamo analizzare alcune casistiche di cattivo comportamento che genera brutte reazioni?
I comportamenti che mi fanno arrabbiare (o della fauna cittadina).
- I mosconi: ragazzino/a in motorino/a che passa davanti alla finestra di casa mia sei volte sei sempre senza staccare la manina/o da quel cazzo/a di manopola/o dell'accelleratore.
- Il gallo cedrone: tizio slavo che si ferma esattamente davanti alla porta di casa mia e parla al cellulare A VOCE ALTISSIMA, immagino per riuscire a farsi sentire dall'interlocutore non solo attraverso la codifica GPS, ma anche tramite decibel (se urlo abbastanza forte, la mia voce supererà la ionosfera, attraverserà gli Appennini e poi l'Adriatico e poi i Balcani).
- Lo scarabeo stercorario: Misterioso individuo che lascia i sacchetti della munnezza sul marciapiede, confidando in una raccolta porta-a-porta che non esiste, e disprezzando il cassonetto che fa bella mostra di sè dieci metri più avanti. Nessuno lo conosce, nessuno lo ha mai visto. Agisce nell'ombra muovendosi furtivo lungo i muri e rasentando le grondaie, deposita il prezioso raccolto e svanisce non appena avverte un rumore.
- Le formiche impazzite: Pedoni storditi che si muovono come fossero affetti da labirintite, vagando senza meta. Si fermano all'improvviso come colpiti da visioni mistiche, oppure scattano come centometristi tagliando la strada in diagonale, senza guardare nè a destra nè (tantomeno) a sinistra. Particolarmente randomico e precario il comportamento di infanti di età compresa tra i tre e i cinque anni, adolescenti brufolosi che si spintonano in precario equilibri, e anziane dai capelli turchini sommerse sotto strati di cerone, truccosetti e pellicce di volpino.
- I fenicotteri: fermi, in piedi, agli angoli delle strade o, più comunemente sulle porte di negozi, bar, locali pubblici, biblioteche, fumerie d'oppio. Raggruppati in comunità di tre, quattro o al massimo cinque esemplari, parlano parlano parlano ininterrottamente e contemporaneamente. L'unico movimento che fanno (oltre al muovere la lungua) è quello di spostare il peso da una gamba all'altra, fino al raggiungimento dell'intorpidimento. Se li si ascolta con attenzione, si potranno ascoltare brandelli di conversazioni del tutto sconnesse, che vertono principalmente sull'ultimo fatto di cronaca, sulle tasse, la microcriminalità, il terrorismo, il rigore su Del Piero. Si zittiscono solo quando ti avvicini e chiedi permesso, che sennò non passi. Allora si voltano verso di te, posano entrambe le zampe a terra e volano via, davanti al portone accanto. E ricominciano.
- I piccioni: Io li odio quegli animali.
- La capra: c'è a Citta Cupa questa signora, bassa, grassoccia, con le caviglie grosse, che gira sempre in bicicletta. Io non so dove vada, nè cosa faccia, nè perchè tutte le mattine, alla stessa ora, io la veda (con qualunque tempo atmosferico) in bicicletta, con la sporta della spesa nel cestino della Graziella. Però, immancabilmente, la signora, sulla Graziella, si fa tutto viale Piave e poi via Firenze in mezzo alla strada, occupando esattamente il centro della corsia. Questo, benchè accanto alla strada, tipo a due metri, esista una pista ciclabile.
Niente, lei, indomita, orgogliosa e testarda, occupa metà corsia tra gli insulti degli automobilisti. Ogni giorno.
Io, una volta, cortesemente, gliel'ho anche detto:
Heike: Signora, non vede che intralcia il traffico? Perchè non va sulla pista ciclabile?
Signora (senza neanche guardarmi): E te perchè non ci vai a fangulo?
Ma io non mi arrabbio più.
alle 12:17 PM 4 discorsi
Altra puntata di questa saga eterna.
Giangi ci dimostra che si può parlare per ore del proprio ombelico, e poi di niente, e non avere ancora terminato le parafrasi.
A voi.
Heike
In quella che forse per la prima volta sembra non esser una fuga ho bisogno di una vera e propria dose di adrenalina, qualcosa che alimenti questo mio status di eccitazione e pienezza, che faccia da cornice e immortali per sempre il mio sguardo su cui lentamente vanno a imprimersi quelle accese pieghe di un egocentrismo sempre lasciato sottointeso nella penombra di qualche "forse" racchiuso nell leggero tremare delle palpebre.
Come un esperto radiofonico lancio il prossimo brano musicale, peccato solo non avere neanche un minuto per sceglierlo. Avrei passato ore e ore a fare avanti ed indietro fino a selezionare qualche pezzo metal anni novanta, magari dei vecchi e gloriosi Metallica, quando ancora Kirk Hammet si lanciava in assoli graffianti carichi di scale vertiginose che mi rapivano di meraviglia l'animo. Ricordo che sarei stato pronto a dare qualsiasi cosa pur di poter ripetere anche per pochi secondi quella nota impossibile, farla vibrare all'infinito. Ora come non mai riassaporo quell'emozione, quel brivido che nasce da una nota che taglia tutto ciò che mi si para davanti e che intralcia il mio cammino.
Aimè i Metllica hanno deciso di riposare ancora per un pò nell'archivio, ma a prendere la scena è quell'inconfondibile triplo rullo di cassa, secco, deciso, che fa da anteprima ad un ritmo incontrollabile a cui non si puo resistere.
E' una sequenza di note frenetiche, che balzellano tra un binario e l'altro e che si insinuano nelle vene, ammorbidendo muscoli e nervi ormai abbastanza provati dal viaggio.
E' il riecheggiare del mondo che fino ad ora ho tentato di disegnare e a cui sto dando ascolto, che pulsa, freme, che come un quadro di Kandinsky cerca di uscire fuori da una forma preconfezionata, offerta come la migliore delle soluzioni possibili.
E' un vortice di emozioni trascinate dall'incalzare incessante di accordi brillanti, che vanno ad intrecciarsi in modo indecifrabile sulle rive dell'Arno specchiandosi su colori primaverili in un inverno appena iniziato.
E' l'inno di chi sta per intraprendere una corsa contro il tempo, che non può e non vuole fermarsi davanti all'idea di poter respirare una vita qualsiasi, di chi non vuol essere scelto finchè non è in grado di scegliersi, di chi è forse troppo innnamorato di se stesso tanto da rimanenrne accecato, ma che custodisce gelosamente il ricordo di ogni lacrima versata....
It's the end of the world, forse quello che di cui i R.E.M parlano, forse quello che leggiamo sulle prime pagine dei giornali o quello raccontato nei notiziari televisivi, il mio mondo invece è giovanissimo, è nato su un binario e un giustificato motivo lo fa rimanere abbracciato ad esso.
Giangi
Nell'immagine: niente, perchè col nuovo layout le immagini entrano malissimo e mi scompaginano il codice.
alle 10:33 PM 7 discorsi
Rubrica aperiodica Un giustificato motivo per
Io, secondo me, ci devo avere una faccia, che a chi la vede viene voglia di farmi piccole manchevolezze, tipo pisciarmi sulle scarpe (mentre le indosso) o passarmi avanti quando sono in coda.
A proposito di coda.
C'è una cosa, riguardo le code in genere, ma soprattutto quelle di auto, che mi sono sempre chiesto.
Ma quando uno è in macchina, ed è fermo, in coda, nel traffico, perchè suona il clacson?
Cioè, a che serve?
Perchè mi viene da pensare che quello che suona il clacson lo consideri uno strumento risolutore definitivo, tipo le trombe del giudizio, muovetevi innanzi, che i giorni stanno per finire e ho un appuntamento tra mezz'ora con il notaio Squaracquoni, marrani!
Oppure, e questa è l'idea che preferisco, colui che suona il clacson è convinto che la fila, la coda, sia causata da una macchina sola, in cima, ferma davanti ad una strada vuota, e che il guidatore si sia addormentato, o che magari, chissà, sia un filosofo esistenzialista in preda a drammi interiori (urge scuoterlo!)...
In una grande città, centinaia di automobili immobili incolonnate sotto il sole. Puzza di gas di scarico, bolgia dantesca, la furia e la rabbia travolgono tutti. In cima alla coda troviamo, immobile, una Nissan Micra color giallo canarino che occupa l'intera carreggiata. Al volante, un uomo è preda di dubbi profondi:
Filosofo Esistenzialista che guida la Micra: e se tutto, tutto non fosse altro che mera illusione? Se la realtà nascesse, spontanea, ove il mio sguardo cade, generandosi solo per volere della mia volontà? Non sarebbe dunque terribile e meraviglioso supporre che io, e io solo sia l'abitante di questo mondo, e coloro che io chiamo miei simili in realtà non siano altro che meri fantasmi, illusioni prospettiche che vagano, ondivaghe, come cosciente flusso dei miei pensieri? Perchè se così fosse, dovrei stare attento, che un solo passo falso, una distrazione, potrebbe precipitarmi in un abisso senza fondo, una voragine di incoscienza profonda eoni, dalla quale non sarebbe poss
Camionista In Coda Dietro Di Lui, Suonando Il Clacson: TI MUOVI, STRONZO!
Filosofo Esistenzialista Che Guida La Micra: Ma...?! Questo suono? (si volta e vede chilometri di coda dietro di lui) Oh no, improvvisamente capisco la mia follia. Scusate, scusatemi tutti.
Ingrana la prima, parte e precipita in un abisso senza fondo.
...
Scusate la digressione.
Dicevo.
Perchè io ce l'ho da sempre questa convinzione, che quando un barista, o un esercente in genere, mi ignora, mica lo fa perché è distratto, nossignore, lo fa perché è cattivo, e perché io ci devo avere questa faccia che eccetera.
Tipo ieri, che sono andato al cinema con Peephee a vedere Tropic Thunder (poi ne parlerò), e alla cassa mi passavano avanti praticamente tutti*, famiglie, single, cani, ciccioni obesi, ragazzine.
Alla fine, quando la cassiera ha detto "si, mi dica" al bambino di cinque anni in fila dietro di me, ho rinunciato e ho chiesto a Peephee di comprami il biglietto.
Lui mi ha pisciato sulle scarpe ed è entrato da solo.
Ma ormai ci ho fatto l'abitudine, di avere questa faccia che eccetera, non ci faccio più caso, nemmeno quando vado a cena fuori e tutti mi scambiano per un cameriere, anche i camerieri, che mi chiamano e mi chiedono se posso portar loro una forchetta pulita.
Però non sono sempre stato così, a volte mi sono anche arrabbiato e ho fatto sentire la mia voce, eccome se l'ho fatta sentire, ah si!
Per esempio, una volta ero alla biglietteria della stazione, in coda, si avvicina uno con la faccia da maniaco e cerca di passarmi avanti. Io, ignorando il coltello sporco di sangue che teneva stretto nella destra, gli faccio "signore, rispetti la fila. E' il mio turno, adesso".
Ci fissiamo, occhi negli occhi, per lunghi istanti.
Poi io distolgo lo sguardo, mi volto verso la cassa e lui mi fissa l'orecchio.
Compro il biglietto, mi incammino verso il treno, e lui sempre dietro, zitto, che mi segue guardandomi fisso.
Salgo sul treno, mi siedo, e lui pure sale, e si siede vicino a me, senza smettere di fissarmi.
Decido che non posso farci niente, è evidentemente un povero pazzo, la cosa migliore è ignorarlo, e dopo un po' non ci faccio più caso, nemmeno ci penso più.
Quando poi il treno arriva alla mia stazione, scendo, attraverso l'atrio, scendo al parcheggio, salgo in macchina e vado a casa. Parcheggio l'auto in garage, entro in casa, poso giacca e valigetta, mi bevo un bicchier d'acqua, guardo un po' di televisione, accendo il pc e controllo la posta.
Poi, siccome mi prende una certa urgenza, cerco un Topolino che ancora non ho letto e vado in bagno, mi abbasso i pantaloni, mi siedo sul wc, e a quel punto decido che ne ho abbastanza, non mi viene se c'è un tizio con un coltello insanguinato in mano che mi fissa l'orecchio, mi giro verso di lui (seduto sul bidet) e gli faccio:
- Guardi che c'ero davvero io prima di lei!
- Sei uno sfigato.
Si alza e se ne va.
- Ok, va bene, forse sono uno sfigato, ma questo fa automaticamente di me uno sfigato?
Il tizio col coltello torna indietro e gli piscia sulle scarpe.
*Questo, ed altri episodi riportati nel testo sovrastante, potrebbero non essere accaduti o essere accaduti diversamente da come descritti. Ma, nel mio piccolo cuore da orsetto, è come se fossero veri.
alle 6:34 PM 11 discorsi
Ieri mi sono tolto un dente, un dente del giudizio.
Il mio dentista, che è un amico dai tempi della scuola, le settimane passate mi chiamava a casa e mi mandava sms, per sapere se avevo fatto la radiografia panoramica e quando andavo a levarmelo 'sto cazzo di dente e se stavo seguendo le cure che eccetera.
Un dentista così, averlo sempre avuto.
Che la mia dentista di prima, brava, eh, porca miseria, ma quando le dicevo mi levi questo dente Chiara, che quando mi si infiamma io non ci dormo la notte, piango dal dolore, lei mi rispondeva massì massì, quando poi ti dà fastidio lo togliamo, intanto prendi un po' di aulin e il dentosan e io la guardavo e mi chiedevo ma quante persone devo aver ammazzato, nella vita precedente.
E invece il mio dentista di adesso mi guarda la bocca, sospira, scuote la testa, mi dice che sono un imbecille e meriterei di essere schiacciato da un TIR, poi mi fa la richiesta per la radiografia e mi scaccia dallo studio.
E la radiografia è una figata, devi indossare una giacchettina di piombo, ti mettono in bocca un bastoncino e ti dicono non si muova, poi ti sembra che tutti ti guardino come si guarda un cane al canile, dieci minuti prima dell'iniezione letale, il dottore ti dice resti immobile e rimani solo nella stanzetta, tu e la macchina dei raggi X. Tu resti fermo e il macchinario comincia a muoversi tutto intorno alla tua testa, e pensi che oggi pioveva e morire in un giorno di pioggia ha un qualcosa di molto metaforico.
Poi la macchina si ferma, entra il tecnico e ti dice di tornare tra due giorni a riprendere la lastra.
La lastra? Ma non si chiamavano lapidi? pensi.
Io da sempre c'ho questa fobia, piuttosto comune ne convengo, dei dentisti, che è un po' la fobia del dolore, ma soprattutto è la paura dell'essere in balìa di gente che non conosci , che ti mette in bocca robe di ferro pesantissime, io i denti sempre sani, giusto due cariette vent'anni fa, ma gli apparecchi per addrizzare i denti, porca miseria, da bambino avevo tanto di quel ferro in bocca che non potevo passare vicino alle calamite per non rimanerci attaccato di faccia.
Io, dei dentisti, ho paura.
E il mio dentista, quando ero un bambino, era uno di questi dentisti cattivi che non lavoravano mai, avevano gli assistenti per quello, arrivava solo a fine visita per aprirmi la bocca, piantarmi i pollici dietro la mandibola, proprio sotto l'orecchio, e guardare il lavoro senza parlare.
Io dei dentisti, ho paura, ma del mal di denti di più.
Quindi alla fine, dopo dieci anni, dal destista ci sono tornato, per farmi levare il denti del giudizio.
E infatti ieri sono stato tranquillo tutto il giorno, fino a che non sono entrato nello studio del dentista e non mi sono seduto sulla poltrona e non l'ho visto prendere pinza (ENORMI), punteruolo (ENORME) e una siringa chirurgica. Che, non so se lo sapete, ma le siringhe chirurgiche, io l'ho scoperto ieri, sono di metallo, e con l'impugnatura.
Si, tipo quelle dei gabinetti d'anatomia nelle stampe dell'ottocento.
Ma quel che va fatto va fatto, ho detto al mio dentista, è tardi per tornare indietro, ho detto, va bene, toglimi il dente, gli ho detto.
Guarda, mica stavo aspettando la tua autorizzazione, mi risponde lui, mentre mi fa l'iniezione di anestetico.
E poi, la sensazione strana di non sentire niente, fuorchè lo scricchilio del dente che si muove, si stacca, senti il rumore, cric crac, roba che si sposta, il sangue nella bocca, cric crac, i denti non sono attaccati all'osso, sono infilati nella carne, piantati come chiodi, mi diceva il mio dentista, per toglierli bisogna fare come con i chiodi, muoverli, e la carne, il legno, alla fine si stancano di combattere, e il dente, il chiodo, esce.
Cric crac.
Dopo, mentre guardavo il dente, intero, rosso, nella vaschetta, Porca miseria, ho pensato, come ci si rompe facile.
Cric crac.
alle 2:51 PM 6 discorsi
Mi dice coso che si sente che sono in periodo di stanca creativa, che non coso, scrivo, più come prima, che sembra che non c'ho più tanta voglia.
Vero.
Perchè mi manca la cosa, la voglia di mettermi a faticare un poco.
Però son bravo io a scrivere, io so scrivere meglio di così, se volessi, potrei cosare un nuovo Guerra e Pace. Ma perchè dovrei farlo? Ce già quello vecchio.
Bòn.
Tutto questo per:
1 - lamentarmi;
2 - rispondere alle vostre lamentele che qui non ci si diverte più come prima;
3 - mostrarvi il nuovo rutilante leiaut del blog (anche agli abbonati, plìs);
4 - avvertire il gentile pubblico che domenica sarò, splendido, in quel di Lucca, a fare bella mostra di me per le vie, e a bullarmi con gli autori del fumetto indipendente (e mainstream) (mica ti offendi, vero, capitano?).
Chi volesse vedermi, tangermi o farsi ritrarre in pose plastiche accanto a me con le macchinette usa-e-getta della Kodak, mi scrivesse a blogottusoCHIOCCIOLAgmail.com e io ci dò il mio numero di talefono, che poi ci mandiamo i messaggini e le telefonatine e gli MMS e gli squillini per dirci "ti penso".
Vi odio tutti.
PS: CHIOCCIOLA sta per @. No, per dire.
PSS: a Lucca ci stanno i calendari. ACCATTATEVILLI!
alle 5:05 PM 11 discorsi
Io ce l'ho, la soluzione politica.
Perchè è evidente a tutti, e lo è ormai da anni, che a sinistra, nella sinistra italiana, manca un leader vero.
Quello che ti convince, che ti trascina.
Un Obama, un Clinton. Il Blair dei primi anni, Zapatero, Berlinguer (o Berlìnguer?).
Quello che quando parla, te stai zitto, qualunque sia il tuo colore politico, perchè ti sembra che le sue parole trascendano la realtà, incorporino il tuo pensiero tutto, e ti illuminino la via.
La via della giustizia sociale, della democrazia, della pace.
Un puro, un giusto, un santo.
Non Veltroni.
Che pure è simpatico, eh, nessun dubbio, ma, dobbiamo infine ammetterlo, in quanto a carisma...
Ce ne ha di più Osvaldo Litelli.
Chi?
Appunto.
E allora io ce l'ho, la soluzione politica.
Perché è chiaro che il problema è il ricambio generazionale che non c'è, l'arrivo stanziale di carne fresca, nuovi cervelli, competenze nuove.
Mica puoi sempre fare a turni, scende Prodi sale D'Alema, scende D'alema sale Amato, scende Amato sale Rutelli, scende Rutelli sale Prodi, scende Prodi sale Veltroni (intanto Rutelli di corsa al pronto soccorso, perchè scendendo è inciampato su se stesso e s'è fatto male all'autostima).
No no no.
Gente nuova ci vuole, gente onesta, ci vogliono menti che non siano anchilosate dallo star sempre sedute sullo scranno parlamentare, coscienze ancora immacolate, ci vuole la voglia, la forza e l'entusiasmo di cambiare.
E allora io, lo ripeto, ce l'ho la soluzione politica.
Perchè non si tratta solo di svecchiare le facce, no, qui si tratta di tornare alle origini, tra la gente.
Ci vuole un leader che sappia cosa vuol dire lavorare, alzarsi la mattina presto, sbattersi, mantenere una famiglia, fare un lavoro che non è quello che hai sempre sognato, combattere per il rinnovo del contratto, stringere i denti, serrare i pugni, lottare.
Ci vuole un leader che sappia cosa voglia dire combattere, uno che abbia sentito l'amaro sapore dell'umiliazione, della sconfitta, uno che conosca il desiderio di riscatto, uno che sappia parlare alle persone perchè lui è uno di noi, uno del popolo, un uomo comune.
Un uomo come tanti.
E io ce l'ho, questo nome, la soluzione politica.
C'ho pensato tanto, e ho capito che il nuovo leader della sinistra deve essere in grado di evocare grandi sogni, ma anche di parlare del concreto, dei problemi delle persone.
Deve essere slegato dalle vecchie lobby di potere, un battitore libero.
Deve avere gli occhi dello squalo, una gran voglia di sbranare l'avversario, di vincere.
Deve essere anche un bell'uomo, 'che davanti alle telecamere non sembri una balla di cenci cascata da un camion.
Deve essere un volto familiare, rassicurante, gentile, amabile.
Deve essere abituato alle sconfitte e alle umiliazioni.
Deve conoscere bene i nostri avversari, Berlusconi, la Mediaset, il falso mondo delle televisioni commerciali.
Deve essere un compagno, uno di noi.
Signori, il mio candidato leader della sinistra.
C'ho anche pronto lo slogan:
VOTA PD, PERCHE' GIORGIO NON E' FELICE
alle 5:21 PM 12 discorsi
Rubrica aperiodica Mo.Fe.Gi.Ma.
Qualche anno fa, quando ancora studiavo (ah ah) all'università, ero sempre povero.
Ma non povero da Caritas, povero che magari uscivo con gli amici e non potevo andare oltre la terza birra, perchè avevo il portafogli vuoto. E indubbiamente questo era triste.
Ora, io capisco che non sono notizie interessanti, tutti gli studenti universitari sono poveri (tranne certi che ho conosciuto, che il babbo pagava gli studi, le vacanze, la macchina, i vestiti, le feste. Come me, solo che io ero povero), dicevo, son notizie poco interessanti, perchè in effetti non dicono niente di nuovo, e lo diceva anche John Pulitzer, che un cane che morde un uomo non fa notizia, ma un uomo che morde un cane si (Uomo morde cane, ma gli restano i peli in bocca. "Non so cosa mi abbia preso" le parole dell'aggressore. "Bau bau" dichiara la vittima).
E allora, siccome mi ero stancato di essere sempre povero, mi trovai un lavoretto part-time, che, come tutti i lavoretti part-time degli studenti, era orribile.
No, non spalavo merda di elefante. Magari.
Ero un incaricato del recupero crediti.
In giacca e cravatta, andavo a casa dei clienti morosi di una multinazionale finanziaria e riscuotevo i soldi, maggiorati di spese e interessi.
Mi sento sporco.
-
Ma in realtà non era un brutto lavoro, se ignoro la realtà e mi immergo in un reame fantasioso dove tutti sono buoni.
Una cosa che succedeva spesso in quei tempi era non riuscire a trovare la casa dei debitori.
Tipo.
Ho un appuntamento alle 16.00 con la società Budino spa in via Sasuke 195/C. Con largo anticipo raggiungo via Sasuke, faccio per imboccarla e scopro che è un senso unico, e io sono dalla parte sbagliata. Poco male, svolto a destra, di nuovo a destra (ach, un altro senso unico! Che birichini), allora proseguo dritto, svolto a destra ed eccomi in via Sasuke. Mmh, che faccio, svolto a destra o a sinistra? Non vedo i numeri civici. Allora cerco un posto e parcheggio (a un chilometro, ovvio).
Eccomi qua su via Sasuke, devo raggiungere il numero 195/C. Questo è il...192.
Bene, dovrei essere vicino, ma sono dalla parte sbagliata della strada.
Attraverso.
Okay, questo portone è il civico numero...
3.
Respira lentamente.
A piedi, mi incammino, fa caldo (quando ero a piedi faceva SEMPRE caldo, e c'era SEMPRE il sole. Tranne quando nevicava). Dopo mezz'ora, mi avvicino al traguardo.
Civico 187.
Civico 189.
Civico 191.
Civico 193.
Civico 193/A.
Civico 193/B
Civico 193/B interno 1.
Respira Heike, respira.
Civico 195.
Civico 195/A.
Dai, ci siamo quasi.
Civico 195/B.
Civico 195/D.
...
Un attimo.
Torno indietro. 195/B. 195/D. Tra le due case un vicolo, che a malapena ci passa un gatto, ma non lo fa perchè non ha interesse ad andare oltre.
Qualcuno, sul muro, ha scritto a mano "la numerazione prosegue all'interno" e "attenzione, cane feroce" e "occhio alle merde".
Entro nel vicolo e trovo una piazzetta, mi avvicino a una casa e leggo il numero sulla porta.
195/B/bis.
Una vecchia, su un terrazzo, mi deride.
Io la insulto.
Lei mi rovescia un secchio in testa.
Spero sia acqua.
Dall'altra parte della piazzetta, si estende a perdita d'occhio il prato più grande che abbia mai visto, e, in fondo, piccina, una casa.
Mi incammino.
Dopo dieci minuti, un avvoltoio gentile mi fa scudo alla luce del sole, volteggiando sempre più basso sopra la mia testa.
Dopo venti minuti, gli avvoltoi sono due.
Dopo mezz'ora, interviene l'aviazione per disperdere lo stormo di avvoltoi che disturba la copertura radar.
Arrivo alla casina, sono le 16.05, mi avvicino alla porta e sento il mio corpo stranamente leggero (ho perso dieci chili). Leggo il numero civico sul muro.
195/C.
Piango dalla gioia, ripenso alla mia infanzia, alla mia adolescenza, a tutta la mia vita, e sento che il mio vissuto personale acquista un senso, e che il mondo è un meccanismo perfetto che n
C'è un bigliettino sulla porta.
LA DITTA BUDINO SPA SI E' TRASFERITA.
-
Per dire che a volte è meglio essere poveri.
alle 6:04 PM 6 discorsi
Amici.
Compagni.
Lettori fidati.
Abbonati.
Cosi.
Siamo giunti ad un importante annuncio. Rullino i cosi, lì, quelli tondi, dai, i tamburi, che oggi è il giorno del quale i nostri discendenti parleranno per lungo tempo, forse anche alcune settimane.
Si, perchè oggi viene alla luce ed emerge con forza un progetto a lungo cosato, come si dice, dai, quando la gallina sta sopra le ova, covato, bravo. Si, è con viva partecipazione che vi presento
alle 2:51 PM 3 discorsi
Io la penso come Sherlock Holmes, su una certa cosa. Che quando il dottor Watson lo conosce, si stupisce che una persona intelligente come lui non sappia nozioni elementari, tipo che il sistema solare è composto da nove pianeti, o che il parlamento britannico è diviso tra Camera dei Lord e Camera dei Comuni. Al che Holmes gli risponde dicendo (e anch'io lo penso) che secondo lui la mente umana non è un pozzo capace di assorbire nozioni all'infinito, ma, al contrario, più di tanta roba non c'entra, aivoglia a spingere. Quindi lui preferiva ricordarsi cose che gli servivano davvero, nozioni di chimica e criminologia e oppiacei, tipo, piuttosto che quelle robe inutili lì, quelle che diceva prima, mio caro Watson. E anzi, si impegnava a cancellarle dalla mente il prima possibile.
Ecco, anche io la penso così, che non posso stoccare informazioni all'infinito, che prima o poi mi scoppia il cranio, e anche se lo so che il cervello non funziona così, e infatti una volta ho letto una roba difficile difficile che mi aveva consigliato Giangi, e lì c'è scritto che il cervello immagazzina le nozioni come codici cifrati contenenti la propria stessa cifratura attraverso la rete neuronale, o una cosa così, e mica sono cassettini, i neuroni, dove te ci metti le cose come fogli scritti, no, mica è così.
Però son convinto che alla fine mi scoppia il cervello, e infatti io quella cosa difficile lì mica l'ho capita, facevo lo sborone, me la portavo in treno e facevo finta di leggerla e la gente mi fermava e mi faceva, ma lei che legge quelle robe difficili lì, senta un po', cosa devo fare per essere felice? oppure, è l'ora di investire in obbligazioni Sputo? oppure, sa mica che ore sono? e io mi sparavo le pose da intellettualone.
E quindi io penso che verrà un giorno in cui non riuscirò più a ricordare niente di nuovo, perchè il cranio sarà saturo, e non so come fare, perchè, non è che le cose che non faccio come Sherlock Holmes perchè i miei ricordi sono importanti, no, non faccio come lui perchè non so come si fa, 'che le cose che ricordo io son tutte cagate.
Io, se devo pensare al ricordo più inutile che ho, non so scegliere, tanta la spazzatura che conservo, ma ce n'è uno che mi inquieta, ed è (Dio abbia pietà della mia anima) una puntata di Forum, con Rita dalla Chiesa e il giudice Santi Licheri, ed era uno speciale natalizio, con dei bambini che denunciavano altri bambini, e c'era un bambino che citava in causa un coetaneo che durante una partita di calcetto aveva fatto l'arbitro e non aveva fischiato un fuorigioco. Il giudice ascolta le parti, si ritira per deliberare, poi ritorna e dice che ha ragione il bambino arbitro perchè, secondo il comma quarto dell'articolo sesto del codice di procedura di stacippa, nel calcetto il fuorigioco non esiste. Così è deciso, l'udienza è tolta, andate in pace.
Perchè qualcuno non viene qui e mi rimuove il cervello dal cranio?
alle 7:19 PM 8 discorsi
alle 12:26 PM 9 discorsi
Quando nacque, Ilario Spandiblatte non era ancora famoso, ma questo non lo fece recedere dalla sua decisione. Fermo e resoluto, nacque al mondo il sette aprile del 1856.
La madre, Irsicana Palafreni, era una celebre artista circense, conosciuta in tutto il mondo, in particolar modo in Romania, per il numero di acrobazia durante il quale eccetera eccetera. Fu proprio durante una di queste esibizioni che eccetera eccetera, e, incredibile! l'uomo che la afferrò al volo prima che andasse incontro a morte certa altri non era che lo czar di tutte le Russie. Ma questa è un'altra storia, e non gliene frega niente a nessuno.
Il padre, Peretto Termopilo Stalislacchio Spandiblatte, detto lo Scolo, era un abituè, o habitue, o abituas, o hibytou, delle più sordide baracche del porto di Lisbona, nelle quali si intratteneva con donne di malaffare, uomini di malaffare, oggetti di malaffare, il tutto sotto le mentite spoglie di ficus benjaminus. Dopo due mesi, notando che le foglie non ingiallivano e la pianta non moriva nonostante la corretta esposizione al sole, una giusta quantità d'acqua, aria pulita e salubre, gli avventori si avvidero che nella pianta risiedeva qualcosa di strano e malvagio, e la gettarono nel porto. Lo Scolo, annaspando nel metro e mezzo d'acqua del molo, rischiava di morire, quando, del tutto inaspettatamente, fu tratto in salvo dallo czar di tutte le Russie, che passava di lì.
E fu proprio tra le ampie braccia dello statista che i due giovani si conobbero e iniziarono a frequentarsi, scoprendo di avere in comune numerosi tratti caratteriali, non ultima la tendenza ad accumulare lo sporco sotto le unghie in appositi contenitori.
Dopo pochi mesi, i due fuggivano insieme.
Inseguiti dall'Ochrana, la polizia segreta zarista, Irsicana e Peretto attraversarono tutta l'Europa, fino a che non si ritrovarono, poveri, disperati e stremati dalla fame e dal freddo inverno polacco in, per l'appunto, Polacchia.
Qui la donna, ormai eccetera eccetera, senza alcun eccetera eccetera, diede alla luce il frutto del loro amore, colui che avrebbe redento i cuori di molti: Ilario Spandiblatte. Purtroppo il bimbo si ritrovò orfano ben presto, quando i genitori furono arrestati e condannati a morte attraverso un supplizio oggigiorno condannato da tutti i maggiori governi del mondo (tranne la Polacchia): la morte per garrota e Maurizio Costanzo.
Orfano e proprietario di nient'altro che due milioni di scatolette di sporco sotto le unghie, Ilario eccetera eccetera.
Ma anche questa è un'altra storia, eccetera eccetera.
alle 4:28 PM 5 discorsi
Rubrica aperiodica prIncipit
Ritorna il mio amico Giangi (a-ehm, per evitare dubbi ed incomprensioni, NON è un mio pseudonimo. Io non sono così tanto di fòri), che ci tedia delizia con le cronache dei suoi viaggi in treno. Qualcuno si ricorda ancora di cosa stava parlando?
Io no.
Heike
E' un balzo, lento, interminabile, come un'assolo jazz di Jeff Beck, come una nota blues di Seteve Ray Vaughan, mi sento sospeso nel vuoto. Sto scendendo dal treno o sto approdando sulla Luna? Le luci del mondo disegno un paesaggio accecante, quasi lunare, fuori dal tempo e dallo spazio, mi sembra di essere stato per tutta una vita in un tunnel infinito, pieno di ricordi che di tanto in tanto accendevano una soffusa candela tra riflessioni fuligginose. Lascio il passato alle spalle, questa luce è così inebriante, intrigante, perchè non seguirla, perchè soffermarsi, il salto ormai è fatto, mi ancoro a intuizioni e spunti fraterni attingendo a quella quella massima che dice che nella vita ci son passi che si fanno solo in avanti, questo è uno di quelli, e allora via! valige incamminiamoci.
Pian piano il bagliore intorno a me si attenua, la stazione di Bologna comincia a delineare le sue infinite strade, come canali olandesi, sembrano tutte accessibili, possibili, pronte ad essere percorse. Impossibile abbracciarle tutte, solo una è quella corretta, ma proibitivo è cimentarsi in una scelta senza chiedere l'aiuto esterno di un tabellone ferroviario. Spero quest'ultimo sia meno crudele e spietato di quello incontrato a Milano. Questa volta pare non ci siano vincoli di tempo, quell'esigenza di dover fuggire dalla nebbia al più presto si è dissolta sulla banchine del binario 16 e 21 e lungo le rotaie di un tragitto senza deviazioni. La fame comincia ad assalirmi in maniera prepotente e implacabile, ma son troppo curioso di sapere dove mi porterà questa volta il destino, non resisto, cerco da qualche parte la scritta Prato. Eccola, mi appare subito, binario 3, ore 14:45.
Tiro un bel sospiro di sollievo, direi che ho un sacco di tempo, posso permettermi un pò di tranquillità finalmente, per poi magari perdermi nei sottoscala di questa stazione che comincia già a rimanermi simpatica. Neanche il tempo di crogiolarmi in questo stato di pre-ozio che volgo lo sguardo accanto alla spia luminosa del tabellone che indica i treni in partenza.
A caratteri cubitali è impresso il numero 14:28. Maledizione! Provo a stropicciarmi gli occhi, forse ho letto male, magari la stanchezza mi ha portato a visualizzare numeri a caso, non so, a fare operazioni di addizione o moltiplicazione tra loro.
Sgrano le pupille, ma il risultato non cambia, non c'è tregua mi dico, ed anche le valige accanto a me sembrano essere vittime di un innaturale stato di sconforto, afflosciandosi tra i miei piedi. Come fare a vincere il tempo, impossibile! Ogni strategia è vana, che fare quindi, arrendersi? rinunciare all'opportunità di giungere prima del tempo al traguardo finale, abbandonarsi appesantendo la banchina bolognese del triste binario undici. Soluzioni certo comode, morbide, ma prive di contenuto, scariche di motivazioni, dettate da un traghettatore di idee che prepotentemente offre il suo remo.
L'alternativa è correre strenuamente lasciandosi guidare dalla foga di arrivare, fuggire sguardi, odori, colori. A prendermi per mano stavolta è una dolce mano infuocata, che vorresti stringere per poi seguirla dolcemente, ma il suo calore se da un lato infiamma e ravviva pensieri ed emozioni, dall'altro acceca un percorso che ho deciso di intraprendere con serenità e che sulla schiuma di quest'onda voglio mantenere.
Ebbene si! ci risiamo, c'è sentore di paralisi, miele per il tempo che inesorabile continua nel suo countdown. Raccolgo le forze, agguanto le valige, interiorizzo il tempo, provo a dettare il rintocco delle lancette, ho un giustificato motivo per andare avanti ed è quello di sentirmi vivo, di guidarmi, lasciando che le mani siano libere di stringere serenamente i secondi che passano.
Giangi.
Nella foto: anziani alla fermata del treno.
alle 4:57 PM 2 discorsi
Rubrica aperiodica Un giustificato motivo per
Se ne vadano donne, bambini e individui dalla salute cagionevole o dall'immaginazione eccitabile.
Ora si fa sul serio.
Ora si parla di fumetti.
C'è un'opinione diffusa, quella che i fumetti siano un sottoprodotto della letteratura per l'infanzia, anzi, un succedaneo dei libri, un passatempo troppo piacevole per essere realmente educativo.
Ognuno ha le sue opinioni (anche se sappiamo benissimo, noi che i fumetti li leggiamo, che solo le persone migliori della società - qualunque società - sono in grado di leggere e apprezzare questa robaccia, questi giornalini).
Ognuno la pensa a modo suo (anche se chiunque pensi che il fumetto - come medium - per sua natura sia intrinsecamente inferiore ai libri, ecco, chiunque la pensi così è un mentecatto).
Ognuno è libero di vederla come vuole (anche se è chiaro che chiunque creda che il mezzo trascenda il messaggio e che i fumetti, per loro natura, non abbiano la minima possibilità di veicolare un contenuto minimamente paragonabile alla "cultura alta", ecco, ho perso il filo, la frase era troppo lunga, ma ci siamo capiti).
Qui io non voglio questionare sulla annosa questione se il fumetto è uno strumento o un linguaggio, e, a proposito di linguaggio, quanto e in quali forme questo sia proprio e non mutuato dalle altre arti.
A me frega niente, della teoria, perchè la mia è un'educazione sentimentale, i fumetti li leggo e li amo di pancia, e se non mi piacciono lo capisco, e so il perché, ma questo è un limite mio, non sarò mai un buon critico, io sono un lettore.
Mi chiamo Heike, e leggo fumetti.
(sigla)
Degli autori e della loro leggenda.
Il fumetto, in Italia, ha dei problemi. Ha dei problemi perché è soffocato da pochi editori, perché ha una distribuzione fallimentare, per colpa delle edicole, per colpa delle librerie, per colpa delle fumetterie, per colpa degli editori, per colpa degli autori, per colpa dei lettori, ci sono pochi lettori, ci sono troppe testate, la qualità è troppo bassa, la qualità è troppo alta, la qualità è troppo variegata, i lettori sono pigri, i lettori sono abitudinari, i lettori vogliono l'avventura, lo svago, l'impegno, l'approfondimento, gli autori pretendono troppo, gli autori si credono delle star, è un settore artigianale, è un mercato asfittico, c'è possibilità di crescere, c'è il rischio di chiudere, c'è la crisi economica, è colpa della Playstation, è colpa della televisione, è colpa dei telefonini, è colpa di internet, è colpa di Bonelli, è colpa degli spagnoli, è colpa di Lupoi, è colpa della Disney, abbiamo una grande novità, stay tuned!
Io il problema non lo so qual'è, non ho la visione d'insieme, il mio cervello funziona ancora a valvole e il processore è un 286, però, come dicevo, lo so quando qualcosa mi piace.
Ma soprattutto, so quando qualcosa NON mi piace.
L'idolatria è il peccato capitale degli italiani. Anche nel fumetto. A me, se devo pensare a persone famose, celebri, ammirate senza merito, vengono in mente certe superstar internazionali del fumetto (tipo Rob Liefeld, che Dio lo stramaledica), ma poi è qui, in questa piccola provincia dell'impero, che vivo. E, aldilà dei casi clinici come Claudio Castellini (poveruomo), ci sono due tizi che combinano, a una celebrità incomprensibile (e un'altrettanto incomprensibile attenzione da parte della stampa e della televisione) una tenace dedizione al brutto.
Il primo è Milo Manara.
Mi ricordo un articolo di FdC firmato Mauro Marcheselli che si intitolava "Manara: dal '68 al 69", e non era una rassegna antologica.
Non ho mai visto tanto talento scaricato nelle fogne del cattivo gusto (perchè, indubbiamente, questo è un uomo di talento, se disegnare SEMPRE la STESSA donna nuda è talento).
Ora illustra libri scritti da Valentino Rossi.
Ma non hai guadagnato abbastanza nella tua vita, Milo Manara?
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Il secondo è (prima di scrivere questo nome ho disegnato a terra una stella cinque punte, ho acceso candele, sgozzato un capretto e invocato le potenze infernali. Spero possa bastare come protezione) Sergio Staino.
Io vorrei sapere chi è che gli ha detto che sapeva disegnare.
Qui (perchè si sappia di chi stiamo parlando) un esempio della qualità del suo lavoro.
Vabè, mi si dirà, è un opuscolo pubblicitario per un'iniziativa della Regione Toscana, magari non l'hanno neanche pagato, magari l'ha fatto come favore a Claudio Martini.
Emma porca miseria, se non c'hai voglia di farlo, un favore a Claudio Martini, non lo fare. Fallo fare qualcun'altro, che magari lavora meglio e lo pagano.
Questa roba fa schifo.
E sono queste le cose che sviliscono il fumetto, Manara che è considerato il più grande autore italiano e fa dei libri illeggibili, Staino che è acclamato autore assoluto e disegna col culo.
Staino, tanto per dirne una, nell'affaire Biani-Brunetta ha chiesto scusa al ministro, che in effetti, quella vignetta, è un po' offensiva...(complimenti direttore, per come difendi i tuoi collaboratori).
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Tutto questo casino, e alla fine la cosa importante rimane in fondo, proprio, come lo zucchero sul fondo della tazzina (prima bevetevi l'amaro, merde): domenica Giorgio ha vinto il premio Romics 2008 come miglior libro italiano, mica ciospole.
Giorgio l'ho conosciuto, un pochino, è bravo, modesto e mi sembra molto in gamba. E il libro è bello, davvero (lo consiglio!).
Ed è il frutto di un lavoro serio, impegnativo, pieno.
E soprattutto sincero.
Queste son le cose che fanno stare bene.
Nella foto: il destino è quel che è, non c'è scampo più per me.
alle 6:57 PM 20 discorsi
Rubrica aperiodica Educazione Sentimentale
Torna Urakidany, e risponde a tutte le vostre domande sul Giappone, l'universo e tutto il resto, basta chiedere!
Io ho una domanda che potrebbe sembrare incredibilmente idiota. il fatto è che IO sono incredibilmente idiota, ergo la domanda: molte persone (spesso anche io, perchè vd. sopra) confondono elementi della cultura giapponese con altri della cultura cinese o di altri popoli dell'area. tipo: "chi è che ha inventato l'origami?" o "dov'è che stavano i samurai?". Ora, per i giapponesi è lo stesso? tipo vedono una baguette e dicono "wow, le squisite baguette napoletane!"(la domanda poteva anche essere formulata in questi termini: "Come considerano i giapponesi la cultura occidentale?" (gb)
In genere un occidentale non distingue un cinese da un giapponese o coreano perché gli sembrano tutti uguali, anche se poi, con l’abitudine, le differenze possono essere molto chiare. La cosa che forse stupirà un po’ è che, almeno i giapponesi, vedono in noi occidentali ancora meno differenze, e praticamente potrei fingere una nazionalità diversa a giorni alterni visto che nessuno se ne accorgerebbe. Qui i turchi fingono di essere italiani e gli africani di essere americani per sembrare più fighi, poi c’è chi come un’amica di mia moglie è stata fregata per 3 anni da un iraniano che si fingeva greco (era anche sposato, ma questa è un’altra storia).
Noi siamo solo gli abitanti dell’ “Estero” che è tutto uguale e si differenzia naturalmente dalla Cina, Corea, Filippine e soprattutto dal Giappone, il popolo eletto (eletti da se stessi) alla faccia degli ebrei.
Gli abitanti dell’estero sono i caucasici e i neri mentre gli asiatici, come i cinesi e tailandesi, sono per loro appunto cinesi e tailandesi. In poche parole: come noi quando vediamo un asiatico pensiamo subito che sia cinese, loro ti additano come straniero quando non sei un asiatico.
Si rivolgono a noi, esseri alieni, con domande e affermazioni del tipo:
“All’estero ci sono le quattro stagioni? E i ciliegi?”
“All’estero si mangia il pesce? Eh, ma sicuramente non è buono come in Giappone!”
“È vero che all’estero si usa tanto il burro per cucinare? Ecco perché sono tutti obesi.”
“All’estero c’è tanta criminalità… ah, come si sta bene in Giappone!”
“All’estero sono tutti cattolici”.
“È vero che all’estero…” (seguono varie domande inutili che cerco di dimenticare)
Se finora pensavate di essere italiani sappiate che siete solo “esteri”, abitanti del pianeta “Estero” molto più grande del pianeta Giappone per superficie, ma assolutamente inferiore per importanza. Io sono un gaijin qualunque che spesso viene schifato in treno o per la strada, e a volte ammirato e adulato solo per il fatto di essere straniero. Ma entrambe le cose sono fastidiosissime, perché assolutamente prive di coscienza. Se mi siedo in treno, gli anziani si spostano e per strada calcolano al millesimo il tempo del rutto o dello sputo per terra quando passo; i giovani invece, vista la loro enorme crisi di identità, vogliono sempre uscire con me, perché affascinati dal diverso (nel senso di nazionalità).
Al ristorante mi chiedono se ho problemi con la carne di maiale, oppure le colleghe di mia moglie dicono che sono figo senza avermi visto neanche una volta.
Siamo desiderati come sfondo della loro vita, dove tutti sono giapponesi e gli stranieri sono degli addobbi, come nei loro telefilm, dove alcuni miei amici fanno da comparse creando la cornice che racchiude i loro beniamini (dal discutibilissimo fascino e bravura).
Fanno poi una confusione incredibile e mischiano tutto, dagli ingredienti di un piatto, modificato a loro piacimento, alla religione. Per il matrimonio, ad esempio, vogliono a tutti i costi la cerimonia cattolica perché bella e quindi nello stesso giorno vanno al tempio con il vestito tradizionale e poi si cambiano e senza nessun rispetto vanno in chiesa con l’abito bianco (è spesso vestito di bianco anche lo sposo, uno spettacolo inguardabile). Naturalmente la chiesa è finta e pure il prete; un mio amico purtroppo lo fa per lavoro, ma loro non dubitano minimamente che tutto sia fasullo, l’importante è l’ambiente kitsch e il prete straniero, per fare appunto da cornice al loro lieto evento perché di lieto avranno solo quello. Partecipano a messe in inglese tanto nessuno capisce niente; e neanche si alzano quando dovrebbero, perché ignoranti non solo dal punto di vista linguistico, ma anche culturale.
Un mio studente anziano voleva fare un pellegrinaggio a Santiago de Compostela e mi chiedeva come fare a diventare cristiano per un periodo di 2 mesi. Voleva assaporare appieno l’esperienza cattolica per quell’occasione e quando l’ho informato che non esiste una “member’s card” e che bisogna solo credere in Dio, mi ha detto che la nostra è una religione noiosa… poi ha chiesto ad altri.
Il missionario Francesco Saverio ha fatto proseliti in molti paesi asiatici, ma è praticamente scappato dal Giappone. Diceva che il giapponese era una lingua inventata dal diavolo: è talmente incasinata che puoi dire il contrario di quello che stai sostenendo. Mentre sembrava che avessero capito, in realtà non avevano capito una mazza. Soprattutto Saverio rimaneva inorridito dal fatto che dopo essersi battezzati continuassero con le loro pratiche ataviche come se niente fosse.
Parlando di un argomento più leggero come il cibo, spesso lo chiamano solamente “cibo europeo” come se spagnoli, francesi, italiani e inglesi (esiste il cibo inglese?) mangiassero tutti le stesse cose. E spesso criticano la nostra cucina, ma se poi vai a guardare, il 99% dei ristoranti italiani e francesi è gestito interamente da giapponesi che non di rado cucinano obbrobri, come gli ormai famosi spaghetti al ketchup. Credono di essere talmente abili da poter fare tutto e meglio di altri, se poi dici che in Italia qualche ristorante giapponese è gestito da cinesi gridano allo scandalo. Hanno un ente che protegge il cibo giapponese all’estero; ma il cibo estero in Giappone può essere seviziato senza pietà. Carbonara acquosa con uovo mezzo crudo sopra e una fettina sguazzante di pancetta, pizza con mais, uova e maionese (esiste anche la pizza alla carbonara, ma ahimè non la carbonara alla pizza) e spaghetti con uova di merluzzo e alga nori sopra, che intende simulare il prezzemolo. Se non ti viene il mal di stomaco per gli intrugli che ti somministrano, ti viene per la rabbia.
Sono molto combattuti, a volte si sentono inferiori e ammirano tutto ciò che è occidentale, ma più spesso si sentono superiori a noi e si fidano più di un piatto di pasta preparato da un giapponese piuttosto che da un italiano. Io dico che non conoscono il gusto del cibo e lo imitano solamente e male. Loro sono invece convinti che gli stranieri non conoscono il gusto giapponese e quindi un piatto fatto da loro è sicuramente migliore. Ovvio, devono essere autoreferenziali anche nei sapori! L’importante per loro è che un piatto abbia l’aspetto di essere italiano (o di qualche altro paese del pianeta Estero), ma poi nella sostanza deve avvicinarsi al gusto a cui sono abituati.
Altro esempio: prima esaltano il Rinascimento, l’Opera e le nostre città, poi però ti dicono che l’arte Ukiyo-e e il Kabuki sono migliori e se gli nomini tutte le cose belle che ci sono nel mondo, loro ribattono che in Giappone ci sono tante terme e siamo noi a dover invidiare loro (se gli dici che le terme ci sono anche in Italia dal tempo degli Etruschi, o dicono che lo ignoravano o ti rispondono che l’acqua sicuramente non sarà abbastanza calda come qui in Giappone).
Spesso un complesso di inferiorità ne genera uno di superiorità e sentendosi ammirati e dipendenti dalla cultura occidentale, combattono questo complesso con l’orgoglio e il convincimento di essere superiori a tutti i costi. Un altro mio studente mi diceva che andava quasi sempre al ristorante italiano e qualche volta a quello francese e praticamente non mangiava giapponese quasi mai, quando però gli ho chiesto quale fosse il suo piatto preferito mi ha risposto: il sushi.
Non mi piace parlare di culture inferiori e superiori e a volte ammetto che tutto questo è un po’ come sparare sulla Croce Rossa, ma sono talmente irritanti e supponenti che non ce la faccio a lasciarli cuocere nel loro brodo.
In quanto italiano devo ammettere però che in alcuni casi mi guardano con ammirazione e la nostra fama fa la differenza, rendendomi ogni tanto la vita più facile degli altri. Se prima erano gli americani ad essere ammirati nonostante gli avessero tirato addosso 2 bombe atomiche, adesso gli europei e soprattutto i francesi e gli italiani sono ben visti perché i giovani sono amanti della moda, del cibo etnico (comunque il sushi è sempre il sushi) e di macchine sportive; perché niente è più necessario del superfluo, no? (di chi era questa Heike? Ancora Oscar Wilde?) Domani scopriranno di essere amanti della cultura spagnola, ma tutto, ovviamente, per sentito dire perché le differenze proprio non le vogliono capire. Capire significherebbe ammettere e piuttosto che ammettere qualcosa che possa mettere in discussione la loro superiorità preferirebbero farsi ammazzare.
L’estero è tutto uguale e i giapponesi sono unici al mondo. In futuro mi piacerebbe modificare e tradurre quello che sto scrivendo per far sì che si rendano conto e provino a correggersi almeno in qualcosa, ma so già che non accetterebbero mai né rimproveri né alcun tipo di critica, seppur ironica, fatti da uno straniero. Per esempio il film “Lost in translation” fu molto criticato e reputato offensivo, mentre noi ci facciamo prendere in giro dal mondo intero e al contrario ci lamentiamo quasi sempre di noi stessi (al massimo dei cinesi; ma, siccome lo fanno tutti, non vale). Se sono diventati così è proprio perché manca loro completamente il senso dell’autocritica e dell’autoironia .
Non sono certo l’unico che scrive male del Giappone e altre persone molto più qualificate di me hanno già scritto dei libri dove descrivono i molti mali di questo paese (leggetevi gli scritti di Karl Löwith sul Giappone); ma la loro risposta naturale è sempre quella: gli stranieri non hanno la sensibilità per capire l’animo giapponese. E si chiudono nel loro guscio vuoto, facendo finta che sia il tutto.
Minasan kiwotsukete
Urakidany
Nella foto: Eppure a me fa quasi gola...altre foto qui.
alle 5:48 PM 30 discorsi
Rubrica aperiodica Gli stranieri non capiscono
Due anni di post, oggi.
Se c'è una cosa che ho imparato, in questi due anni di inesattezze comunicative, è che è molto più facile scrivere all'interno di uno schema predefinito, piuttosto che affrontare il terrore della pagina bianca. Un po' come quando alle medie c'era il tema libero, ma la professoressa diceva inseriteci un conflitto generazionale, due catene montuose, un cavallo ipocondriaco e la morte di Danton. Era in effetti più facile, piuttosto che scrivere semplicemente un tema libero così come ti veniva.
E quindi ho scoperto che le rubriche aperiodiche mi davano sicurezza, bene o male, perchè, di fronte all'eterna domanda che scrivo oggi? potevo rispondermi con è un sacco che non faccio un post su Mastrota, o sulle cose che non importa sapere, o su Dylan McKay, o sulle chiavi di ricerca più buffe del web.
Ma ora sono un ometto, non ho più bisogno di queste stampelle narrative, faccio da solo, vado in bici senza mani, sono un adulto!
Tranne oggi.
Signore e signori, vi invito a celebrare con me il secondo anno di vita del mio blogghetto con il Come Eravamo dei post dell'ultimo anno (nuova rubrica aperiodica, direi).
Ottobre 2007: Esagero subito, e scrivo un post che ci vuole un giorno a leggerlo. Però la foto è bella. Deliro, dopo troppe ore di lavoro, e presento Dante Chianti. Me ne pento subito. Ma mi riscatto con Giangi.
Novembre 2007: Vado alla posta. Creo polemicone qualunquiste. Pedalo. Insulto gli sboroni e i fascisti. Faccio social blogging. Insomma, la solita roba.
Dicembre 2007: nell'ordine: escatologia, sociologia, critica cinematografica, arte sequenziale, zampine rotte.
Gennaio 2008: scrivo il post che probabilmente avrebbe voluto scrivere Umberto Eco, se fosse stato un imbecille. Mi vergogno di fare sempre il cretino, e faccio ammenda. Ho una stilista personale. Scopro cose terribili (ma risapute) su Sanremo. Arriva Kikkafuffy (Mak, l'ho letto il tuo commento delle Smarties, sappilo). Un politico non proprio affascinante svela un lato di sè che non conoscevo, ma che apprezzo.
Febbraio 2008: Cos'è il soffitto di Tantalo? Mostri giganti e vecchietti invadenti. Il post di maggiore successo, anche se non capisco perchè. Dopo si parla di politica, credo. Infine, un post oggettivamente brutto, ma che amo molto.
Marzo 2008: Bonton da cerimonie nuziali, la telefonata tra Jova e Ben Harper, cronaca nera. Poi mi immergo nell'acquario e non trovo l'uscita, ma prontamente riemergo per dedicarmi alle elezioni.
Aprile 2008: Un piccolo racconto sul mondo del lavoro. Poi parlo di me, piuttosto sincero, anzichè no. Berlusconi vince di nuovo, e io mi rompo. Materiale genetico scadente. Infine, la carta stampata dimostra di non valere la carta su cui è, appunto, stampata.
Maggio 2008: alla prossima catena mi incazzo. Però questa era simpatica. Seguono un post crudele, ma necessario e un post necessario, ma crudele.
Giugno 2008: Qui mi faccio ridere ancora a mesi di distanza (mamma quanto sono patetico). A proposito di patetici, arriva Fausto Bertinotti. L'inferno, o il purgatorio, non so, si avvicina.
Luglio 2008: Il concerto della cover band - attenzione - dei Litfiba. Un accessorio inprescindibile. La posta del cuore di Satomi, si, quello coi capelli viola di Kiss me Licia, esatto. Per concludere, il problema ontologico delle peschenoci.
Agosto 2008: Mi fa caldo, al massimo posso parlare di Palermo. Per fortuna ci pensa Urakidany, ad intrattenervi tutti.
Settembre 2008: l'autunno mi immalinconisce, e mi fa porre grandi domande. Però poi mi scuoto, e affronto una trilogia da paura: l'irresistibile attrazione tra le fontane e le monetine, l'irresistibile attrazione tra la mia macchina e la rimozione forzata, l'irresistibile attrazione tra l'accurata pianificazione e la potenza distruttrice del caos.
Gente, amici, grazie per essere ancora qui a quelli che sono ancora qui, grazie per essere arrivati a quelli che sono arrivati e niente a quelli che sono andati via (che, volevano un grazie pure loro, 'sti zozzi?).
Ciao, e grazie davvero, a tutti.
Filippo
alle 11:31 PM 13 discorsi
Rubrica aperiodica Come eravamo